RICORDANDO UN MILANTE GAY DELLA SECONDA GENERAZIONE di Alessandro Rizzo

ANSELMO CADELLI:
QUANDO SOLO I GAY VANNO IN PARADISO

Anselmo Cadelli

Fondatore della prima associazione omosessuale OMPO’s, Anselmo Cadelli viene ricordato per la sua militanza, una delle prime militanze assidue e costanti in difesa dei diritti degli omosessuali, dei diritti civili, delle pari opportunità, della tutela della dignità umana a prescindere dal proprio orientamento, negli anni 70. La sua viene definita attività di un omosessuale di seconda generazione nel campo dell’agire per l’eguaglianza sostanziale tra cittadine e cittadini, in un’Italia oscurantista, da poco uscita vincente nella lotta per l’aborto e per il divorzio, dai primi referendum che dettero un forte colpo alla permanenza egemonica della cultura oscurantistica delle aree vaticaniste e curialiste e dei loro riferimenti politici, detenenti il potere governativo nel Paese. Nel 1978, il 12 luglio, Anselmo occupa uno stabile a Roma, nel quartiere popolare del Testaccio, e lo denomina GAY HOUSE OMPO’s, ossia la casa gay dell’associazione Ompo, pioniera nel Paese nella militanza massiva per la rivendicazione del riconoscimento dei diritti per gli omosessuali. Anselmo è anche un letterato e scrive una commedia, dal titolo “Solo i gay vanno in Paradiso”, che riscuote successo nel campo delle rappresentazioni teatrali sperimentali e di avanguardia, da subito si direbbe, a Roma e non solo.

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ANSELMO CADELLI:
QUANDO SOLO I GAY VANNO IN PARADISO

Anselmo Cadelli

Fondatore della prima associazione omosessuale OMPO’s, Anselmo Cadelli viene ricordato per la sua militanza, una delle prime militanze assidue e costanti in difesa dei diritti degli omosessuali, dei diritti civili, delle pari opportunità, della tutela della dignità umana a prescindere dal proprio orientamento, negli anni 70. La sua viene definita attività di un omosessuale di seconda generazione nel campo dell’agire per l’eguaglianza sostanziale tra cittadine e cittadini, in un’Italia oscurantista, da poco uscita vincente nella lotta per l’aborto e per il divorzio, dai primi referendum che dettero un forte colpo alla permanenza egemonica della cultura oscurantistica delle aree vaticaniste e curialiste e dei loro riferimenti politici, detenenti il potere governativo nel Paese. Nel 1978, il 12 luglio, Anselmo occupa uno stabile a Roma, nel quartiere popolare del Testaccio, e lo denomina GAY HOUSE OMPO’s, ossia la casa gay dell’associazione Ompo, pioniera nel Paese nella militanza massiva per la rivendicazione del riconoscimento dei diritti per gli omosessuali. Anselmo è anche un letterato e scrive una commedia, dal titolo “Solo i gay vanno in Paradiso”, che riscuote successo nel campo delle rappresentazioni teatrali sperimentali e di avanguardia, da subito si direbbe, a Roma e non solo.

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Anselmo Cadelli a Berlino nel 1993 (foto Massimo Consoli)

Siamo al 31 dicembre del 1977 e, dopo questo primo passo che ha reso Anselmo protagonista numero uno del movimento GLBT, si può dire, anche se in forma embrionale al tempo, Cadelli si prodiga a collaborare con la giustizia per risolvere casi, tanti ai tempi, come oggi, di omicidi di omosessuali dichiarati e non. Il primo caso riguarda un 46 enne, Alfredo Garrefa, ucciso con colpi di un’arma contundente simile all’arnese che i macellai usano per affilare i propri coltelli per scuoiare le carcasse bovine. L’autore dell’efferato delitto è un giovane, Jean-Charles Fasulo, 19 enne, che viene preso, il 19 gennaio 1991, sotto braccio da Anselmo e, dopo averlo convinto di deporre, lo porta alla Prefettura dove confesserà il compimento dell’immane delitto. Arriviamo, poi, al giugno 1997, quando Anselmo informa l’autorità giudiziaria che Mariano Tredita è autore del meditato omicidio contro un cittadino olandese. Anselmo ha avuto un’infanzia difficile: abbandonato da piccolo dai propri genitori, si trova a trascorrere i suoi primi anni di vita e di giovinezza tra militari, in caserma, in collegi, orfanotrofi, ospedali e, questo passato burrascoso, difficile, condiziona fortemente la sua crescita morale ed etica pervasa da un forte senso e sentimento di giustizia sociale, civile, e di libertà, di autonomia, di opposizione a ogni forma di potere, di autorità, quasi definibile come animo anarchico. Anselmo muore a Roma, nel ferragosto del 2001. Finisce la sua vita proprio negli anni degli albori dei primi nuclei organizzati del Movimento GLBT, nei primi anni della crescita culturale e civile di una componente forte di militanti in lotta per l’affermazione dei propri diritti, dai PACS, alle adozioni, dalla battaglia contro l’emarginazione sociale alla lotta contro i licenziamenti discriminatori. Un movimento, è questo, ormai mondiale, fortemente vincente in tutta Europa, condizionante come lobby positiva le legislazioni nazionali anche degli stati più conservatori e confessionalisti, come la Spagna, dove da poco sono state riconosciute le pari opportunità per le coppie di qualsiasi orientamento sessuale e costituite da qualsiasi tipologia di cittadine o di cittadini. Anselmo è stato certamente militante della seconda generazione, ma ha lasciato molto nell’agenda politica passata del movimento GLBT: il suo esempio è quello classico di uomo dall’alto senso della dedizione per l’altro, dalla profonda conoscenza del valore della dignità propria e degli altri, quella umana, quella universale, quella che chiede di venire considerata essere oggetto di diritto e di garanzie giuridiche piene. Anselmo ha lasciato un ricordo che vuole testimoniare che cambiare laicamente la società e combattere per i diritti civili e umani è possibile se esiste costanza, perseveranza e forte senso di collettività negli animi di coloro che si prepongono questo obiettivo. La morte di Anselmo porta con se il valore di un patrimonio politico e civile che deve essere costante punto di riferimento per il futuro e per una società di libertà e di giustizia. Lui non comprendeva il tanto accanirsi di parte della società, che si opponeva alla permanenza della sede dell’associazione nella Palazzina del Testaccio: tante furono le pretestuose querele esposte da residenti vicini. Ma comprendeva che occorreva continuare e perseverare costruendo una forte realtà che potesse, un giorno, come lo è stata in gran parte, essere generatrice di altre realtà che, insieme, avrebbero costituito quel grande movimento di uomini e di donne contro una conservazione troppo moralista e perbenista della cultura italiana, piena e intrisa di pregiudizi emarginanti. Forse qualche successo del movimento GLBT, oggi, si deve in parte a lui, ad Anselmo.

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