Consensi per “Freedom” l’unico film italiano in concorso al Karlovy Vary

Consensi per “Freedom” l’unico film italiano in concorso al Karlovy Vary

KARLOVY VARY INTERNATIONAL FILM FESTIVALTolte tre parti, di cui una affidata ad una misurata e credibile Luciana Littizzetto in veste di suora, il lavoro è tutto interpretato con una bravura veramente apprezzabile dai detenuti  e dalle guardie di un carcere torinese. 
Ferrario: « Ero affascinato da una storia della Passione dove nessuno volesse fare Giuda, un messaggio forte che però doveva rivestire i toni leggeri della commedia. La drammaticità è già molto presente sia nella religione impostata sul sacrificio che nel carcere, per cui trovare una chiave leggera era fondamentale».

Freedom  (Tutta colpa di Giuda)(Mariangiola Castrovilli)  –  Molto applaudito Freedom, ovvero Tutta colpa di Giuda, di Davide Ferrario, unico film italiano in concorso qui al 44° Karlovy Vary International Film Festival. La storia è quella di Irene, giovane regista d’avanguardia che accetta la proposta del cappellano di un carcere per mettere in scena la Passione di Cristo con i detenuti. Innamorata del suo lavoro e con molte idee al riguardo, accetta felice questa trasferta torinese non sapendo quanto influenzerà la sua vita.
 
Intanto cose positive come l’ìncontro con Libero, il direttore della casa di correzione che aprendole nuove prospettive le dà la forza di lasciare il suo compagno un egocentrico attore chino solo sul suo ombelico, ma anche problemi senza soluzione, perché immersa di peso nel complesso mondo penitenziario, Irene che a poco a poco si sta guadagnando la fiducia dei carcerati scopre che il  ruolo di Giuda, ambitissimo in teatro, qui non ha alcun diritto di cittadinanza, nessuno  infatti vuole farlo perché, come spiega il regista, nessuno vuol passare per traditore, secondo un codice d’onore interno che tutti rispettano.
 
E la regista che di idee ne ha parecchie, la soluzione alternativa la trova, certo, un musical  fisico e pieno di energie, forse troppo originale ed innegabilmente anticonformista nell’adattamento al testo biblico di quanto l’avesse preferito il buon cappellano don Iridio. Irene, rifiutando l’idea del sacrificio, fa scendere il Cristo dalla Croce e mettersi a ballare con i suoi apostoli per star loro vicino da uomo e non da Dio che si immola per il loro bene…

Ferrario, una posizione un po’ osé…  «Premetto che sono ateo e per me che Dio parli va bene come altrettanto bene mi va se vuole tacere. A parte il Papa che ricopre una carica istituzionale,  quello che non accetto è che qualcuno mi dia degli indirizzi come verità rivelata perché ha il filo diretto con Dio e parla a suo nome».

Davide FerrarioPerché ha scelto la prigione?  «E’ lei che ha scelto me. Da dieci anni faccio volontariato nelle case correzionali. Mi è venuta quest’idea sulla religione che è andata ad intersecarsi con quella del carcere. Ero affascinato da una storia della Passione dove nessuno volesse fare Giuda, un messaggio forte che però doveva rivestire i toni leggeri della commedia. La  drammaticità è già molto presente sia nella religione impostata sul sacrificio che nel carcere, per cui trovare una chiave leggera era fondamentale».

Ferrario s’interrompe un attimo al ricordo per poi riprendere «in qualsiasi gruppo di uomini c’è l’autoritarietà e l’autorevolezza. La struttura carceraria è già organizzata in questo modo. C’è chi la dirige e chi obbedisce. Come in un gioco di specchi si trattava di far riflettere  quello dentro il carcere con quello del cinema».

FreedomTolte tre parti, di cui una affidata ad una misurata e credibile Luciana Littizzetto in veste di suora, il lavoro è tutto interpretato con una bravura veramente apprezzabile dai detenuti  e dalle guardie di questo carcere torinese. Com’è stato lavorare con loro?  «Bellissimo, perché dal momento che hanno deciso di entrare in parte, ci si sono buttati in pieno. La vita nel carcere trascorre in attesa del niente, perché dalla mattina alla sera non c’è niente che motivi l’alzarsi con un qualche obiettivo. Quando però abbiamo cominciato a girare, la giornata aveva finalmente uno scopo. Non m’illudo di certo che questo film abbia potuto salvare la vita a qualcuno, perché a lavoro ultimato, tutti sono stati ripresi dal loro tran tran abituale. Beppe che ha interpretato la parte di Cristo è un ladro e confessa di non saper fare niente altro che quello. Per cui passa la sua vita dentro e fuori la prigione. Dall’anno scorso ne sono usciti quattro, ma solo uno è rimasto fuori».

Ferrario ha girato Tutta colpa di Giuda, senza una sceneggiatura formale, anche perché non ci crede. «Per il mio film  Dopo mezzanotte» confessa ridendo il regista, «ho ricevuto ben quattro premi, compreso un Davide di Donatello per una sceneggiatura che non avevo neanche scritto anche perché non ci credo, per me bastano poche parole, il resto viene fatto sul set ed al montaggio».

FreedomIl canto ed il ballo dei detenuti ha un’importanza rilevante nel film…  «In un primo momento  non avevo previsto coreografie, solo Gesù quando scende dalla croce» spiega Ferrario, «però man mano che andavamo avanti ho deciso di far diventare musiche e coreografie i due elementi portanti del lavoro. L’unica preoccupazione dei detenuti era di poter apparire troppo effeminati perché per loro la mascolinità è fondamentale. Avendo superato l’ostacolo, ci siamo tutti molto divertiti, compresi i prigionieri che da quando sono saliti sul palco, hanno visto letteralmente cambiare il proprio corpo, che in un lavoro di gruppo continuo e coordinato sprigionava finalmente tutta l’energia troppo a lungo repressa».
 

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