“È stata la mano di Dio”… Raccontare per poter dimenticare… Paolo Sorrentino si svela a Venezia 78

“È stata la mano di Dio”… Raccontare per poter dimenticare… Paolo Sorrentino si svela a Venezia 78

64190 STATA LA MANO DI DIO THE HAND OF GOD Director Paolo Sorrentino
Nato nel 1970, Sorrentino cresce nel Quartiere Vomero di Napoli, sulla collina che si affaccia sulla distesa panoramica del porto della città. Quando ha 16 anni, entrambi i suoi genitori muoiono all’improvviso e in modo del tutto inaspettato per avvelenamento da monossido di carbonio a causa di una fuga di gas nella casa di villeggiatura della famiglia. Di norma, Sorrentino avrebbe dovuto essere insieme ai suoi genitori quel fine settimana. L’unica ragione per cui non rimane anch’egli vittima della tragedia è che ha ottenuto il permesso di restare a casa da solo, per la prima volta nella sua vita, per andare a vedere Maradona che gioca in trasferta con il Napoli.

64194 STATA LA MANO DI DIO THE HAND OF GOD Actor Filippo ScottiSorrentino arriva a percepire Maradona, un uomo già ammantato di divinità sul campo di calcio, come una forza che ha protetto la sua vita. Ma anche il cinema diventa una forza salvifica per lui, una distrazione dall’angoscia. Rifugiandosi nel fare film con grande passione, Sorrentino inizia a lavorare come aiuto regista. Esordisce nella sceneggiatura scrivendo POLVERE DI NAPOLI a quattro mani con lo sceneggiatore-regista Antonio Capuano, anch’egli personaggio chiave in È STATA LA MANO DI DIO. Di lì a poco Sorrentino passa dietro alla macchina da presa con la commedia L’UOMO IN PIÙ, interpretata da Toni Servillo, l’ultimo film che realizza a Napoli fino a quando non vi tornerà per girare È STATA LA MANO DI DIO.

Da quel momento in poi, Sorrentino scrive e dirige i suoi film, tra i quali LA GRANDE BELLEZZA, vincitore del Premio Oscar per il Miglior film straniero, e YOUTH – LA GIOVINEZZA, candidato agli Academy Awards, nonché l’acclamata serie televisiva HBO The Young Pope e la successiva The New Pope.

Conquista una fama a livello internazionale per lo stile vivace che caratterizza una cinematografia dinamica e sfrenata e una narrazione esuberante. Ma nel caso di È STATA LA MANO DI DIO, il tratto febbrile scompare e lascia spazio a qualcosa di più esposto e più accessibile di tutte le esperienze che ha creato.

The New PopeÈ in un momento pervaso da un senso di frustrazione per una sceneggiatura di The New Pope che Sorrentino compie un’inversione a U. Per concedersi una meritata pausa dai rompicapi religiosi, decide di prendersi qualche giorno di vacanza e in quei giorni inizia a sperimentare scrivendo una storia che scaturisce semplicemente dalla propria esperienza interiore, dai ricordi che riaffiorano da un passato che forse ha influenzato il suo lavoro nell’ombra, ma che non ha mai affrontato in modo diretto. Per la prima volta, scrive degli eventi più formativi della sua esistenza, alcuni luminosi e divertenti, altri talmente cupi estrazianti che possono apparire inavvicinabili.

In un primo momento Sorrentino non ha in mente di ricavare un film da quello scritto; al contrario, pensa di poterlo offrire in regalo ai propri figli. «Ho pensato che avrebbe potuto offrire loro la possibilità di capire non tanto il mio carattere quanto i miei difetti», spiega. L’obiettivo di una franchezza senza difese e senza vincoli di controllo caratterizza la scrittura. La sceneggiatura emerge in modo organico, come un tutt’uno, nel giro di pochi giorni. Se il processo di scrittura è spesso una guerra tra quello che si nasconde e quello che si rivela, qui la nuda rivelazione possiede l’autore. Tuttavia Sorrentino ancora non sa di preciso se questa sceneggiatura emotivamente trasparente resterà solo in famiglia o se prenderà vita nella forma di un film.

64906 PHOTOCALL STATA LA MANO DI DIO Film Delegation Credits La Biennale di Venezia Foto ASAC ph Jacopo Salvi 2 «Capita a volte di provare l’esigenza di registrare i ricordi, di fissarli da qualche Parte», afferma. «Ma con il passare del tempo, ho pensato che forse sarebbe stata una buona idea farne un film perché avrebbe potuto aiutarmi non tanto a risolvere i problemi che ho avuto nella vita, quanto ad osservarli da una posizione molto più vicina e a conoscerli meglio. Tutti i miei film sono nati da sentimenti che mi appassionavano, ma dopo averli realizzati quella passione è svanita; così ho pensato che se avessi fatto un film sui miei problemi, forse sarei anche riuscito a dimenticarli, almeno in parte».

Forse, scrivendo per dimenticare, i ricordi diventano ancora più elettrizzanti e vividi e generano un’immersione totale nei vari momenti rievocati. Per Sorrentino potrebbe essere pericoloso avvicinarsi così tanto al cavo sotto tensione della sua sofferenza personale, ma addentrandosi in questo territorio si rende conto che il processo di realizzazione del film gli consente al contrario uno spazio per prendere un po’ di fiato.

64888 PRESS CONFERENCE STATA LA MANO DI DIO Film Delegation Credits La Biennale di Venezia Foto ASAC ph Jacopo Salvi «Per me l’aspetto interessante di fare un film autobiografico è che a quel punto quei problemi non sono più i miei problemi, ma sono i problemi del film», spiega. «E non appena diventano i problemi del film, diventano più affrontabili. Quando ho iniziato a montare il film, guardare e riguardare quei ricordi è diventata quasi un’abitudine ed è molto più facile affrontare un’abitudine che affrontare un ricordo».

Se è vero che il cinema può congelare il tempo, Sorrentino percepisce anche il suo potere di aggiungere un’altra dimensione alla storia del film: una comunione con gli spettatori che portano in sala le proprie esperienze di perdita, il proprio vissuto di quei momenti nella vita in cui le cose meravigliose e le cose terribili entrano in collisione. Questa connessione di sicuro non contiene una risoluzione, ma forse può offrire una sorta di conforto. «Se altre persone potranno relazionarsi e identificarsi con le mie esperienze, se si vedranno specchiate nel film, significa che la mia sofferenza sarà divisa a metà», commenta Sorrentino, che ancora cerca di comprendere la strana logica del dolore infinito.

Le emozioni che circondano È STATA LA MANO DI DIO sono talmente potenti, e a tratti persino rischiose, che Sorrentino decide che se realizzerà il film, farà quello che non ha mai fatto prima: ridurre all’essenza ogni singolo elemento. Laddove l’ironia intensa e la stilistica formale sono da sempre gli strumenti distintivi, e in costante evoluzione, nella sua scatola degli attrezzi, qui sceglie di metterli da parte e di permettere alla pura narrazione di posizionarsi al centro della scena.

64886 PRESS CONFERENCE STATA LA MANO DI DIO Director Paolo Sorrentino Credits La Biennale di Venezia Foto ASAC «Ho cercato di raccontare questa storia senza alcun filtro, in un modo semplice. L‘unico filtro è l’evocazione del passato, i ricordi e i sentimenti che provavo quando ero ragazzo», dichiara. «Per questo film non mi sono preoccupato di un’idea specifica di stile. Ho sentito che sarebbe dovuto emergere in maniera naturale. A dire il vero ho pensato che sarebbe stato molto liberatorio per me fare un film senza uno stile prevalente e mi sono ritrovato ad apprezzare quello che in passato avevo sempre cercato di evitare».

Tuttavia, per quanto minimale, una ricca energia cinematografica caratterizza È STATA LA MANO DI DIO. La struttura è intessuta non solo di tormento e amore famigliare, ma anche in egual misura di mistero, calore, umorismo e desiderio, tutti elementi che entrano in gioco sullo sfondo della palpabile bellezza di Napoli. L’ordinario e lo spettacolare occupano lo stesso spazio. I dettagli umani dei personaggi brillano della loro stessa vitalità. Si percepisce il senso di come il tempo perduto possa in sé diventare stimolo per l’arte e la creazione.

64192 STATA LA MANO DI DIO THE HAND OF GOD Official still Credits Netflix Il film offre anche un commovente spaccato di vita nella forma di una serie di momenti – un pranzo di famiglia illuminato da sole, una avventata vittoria a calcio, le insensate parole di un dottore, un giro notturno in motoscafo, un treno che sfreccia verso una nuova città – che scivolano tra le nostre dita e tuttavia ci rendono quello che siamo.

Il riso alleggerisce costantemente il dolore, risoluta forma di ribellione contro di esso. Come nell’autofiction in letteratura, Sorrentino fa saltare le linee che separano il vero e l’immaginario, trasformando uno stesso elemento in evento reale e fabbricazione e sfruttando la confusione che caratterizza il procedimento per trovare un modo fresco per evocare l’essenza di un periodo della vita in cui tutto è immerso in un limbo.

«Non è detto che tutto quello che vediamo nel film è realmente successo», osserva. «Alcuni eventi sono accaduti, altro no. Ma è del tutto autentico nel riflettere quello che ho veramente provato in quel periodo del passato». Sorrentino continua: «Penso che la principale differenza tra questo film e gli altri che ho fatto stia nel rapporto tra verità e bugie. Se gli altri miei film si alimentano di falsità nella speranza di individuare un barlume di verità, questo parte da sentimenti reali che sono poi stati adattati alla forma cinematografica».

FONTI:

Netflix – Ufficio Stampa Settore Cinema de La Biennale di Venezia

 CREDITS PHOTO: Netflix – ASAC by Jacopo Salvi – Gianni Fiorito – ASAC

 

 

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