ISOLA NERA, OGGI, ANCHE IL LINGUA PORTOGHESE
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GIOVANNA MULAS PROPOSTA PER LA CANDIDATURA AL PREMIO NOBEL
Isola
Nera è una rivista di poesia e letteratura. E’ uno “spazio” di libertà e di bellezza per un “mondo” di libertà e bellezza che si costruisce in una cultura di pace. Isola Nera (in lingua italiana), Isola Niedda (in limba sarda) Isla Negra (format originale in idioma spagnolo), oggi è anche Ilha Negra, E’ la più giovane autrice, nella |
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GIOVANNA MULAS PROPOSTA PER LA CANDIDATURA AL PREMIO NOBEL
Isola
Nera è una rivista di poesia e letteratura. E’ uno “spazio” di libertà e di bellezza per un “mondo” di libertà e bellezza che si costruisce in una cultura di pace. Isola Nera (in lingua italiana), Isola Niedda (in limba sarda) Isla Negra (format originale in idioma spagnolo), oggi è anche Ilha Negra, E’ la più giovane autrice, nella |
Impaglione, giornalista e scrittore latinoamericano impegnato
socialmente e politicamente, fondatore e direttore della rivista di
Poesia e Lettere Isla Negra distribuita in tutto il mondo ed autore,
tra l’altro, di Bagdad y otros poemas e Alala (ed. El Taller del
Poeta), silloge di poesia d’amore interamente dedicata a G. Mulas. Da
Isla Negra nasce dunque Isola Nera, diretta dalla stessa Mulas e
coordinata da Impaglione. E’ la prima pubblicazione di poesia sociale e
politica e letteratura dedicata ad autori in lingua italiana di ogni
nazionalità.
IL NUMERO 1/25 DELLA RIVISTA ISOLA NERA
ISOLA NIEDDA
Regalatemi il mare per conoscere l’Uomo. Io, sono un mare. G. Mulas |
DA ISOLA NERA 1/5 DEL 3 APRILE 2005 – IL REDAZIONALE DI GIOVANNA MULAS
Fondata e diretta da Gabriel Impaglione, valido ed affermato giornalista e scrittore latinoamericano ( Bagdad y otros poemas, Prensa Callejera, AlAla ); Isla Negra compie un anno.
Dall’ inizio dell’ avventura di Isola Nera,
cammino in comune, mi sono imposta una sorta di “silenzio stampa” in
buon stile Mulas, evidenziare esclusivamente gli autori di Isola Nera è
l’idea matrice; mai dunque far correre l’ambizione personale davanti al
primo obiettivo col quale ho accettato di dirigere la pubblicazione nel
suo formato in lingua italiana.
Mai un “io”: non è, né sarà questo il luogo come il momento; ma un “noi”.
Voi, autori.
Letteratura
allo stato puro; ecco perché è nata Isla Negra prima, Isola Nera poi.
Niente fronzoli, foto o disegni che possano distogliere l’attenzione
dalla lettura di un’opera, semplice o complessa che sia, niente che
possa distrarre dal pensiero o da quel sentiero ‘e paràulas che vi conduce.
Nelle nostre lettere (prima d’incontrarsi la Mulas e G. Impaglione si scrissero a lungo, N.d.R.) Gabriel mi scrisse spesso di Isla Negra; lapalissiano, il richiamo a Neruda.
Inizialmente
devo dire che mi colpì proprio la semplicità della pubblicazione. Altra
storia che un Porta a Porta di carta stampata, non Vespa al servizio
del potere padrone in orgasmo all’annunzio in diretta della morte di un
papa. No, c’era altro. C’era Oltre. C’era quello per cui,
semplicemente, vale la pena vivere giacché la vita stessa ne è intrisa:
poesia.
Ecco perché Isola Nera, ecco perché mancava; ma è necessario un “perché”?.
In molti m’avete scritto chiedendomi di Gabriel; chi, perché, come, io, lui, Isola Nera…
. Ancora un perché, dunque. E la mano di donna vibra, prima ancora
della scrittrice. Chi è lo stolto che troverebbe un perché nell’amore?
Sarebbe come cercare un perché al respiro, al battito del cuore, al
pulsare di cervello e ventre, al vento, all’ EsserEssenza.
Solo quando attraversa in questo modo mente, anima e pelle comprendi
che l’amore può toccarti solo una volta e che tutto l’ accaduto prima è
stato per arrivarci. La tua casa, il sangue, il mare,
il tutto,
il tuo,
il Tu,
sempre stato lì, anche quando non lo sapevi. Lì, semplicemente. Sempre, in te (e la voce tua, cara, cullerà la mia voce).
Mi scrisse spesso anche del Mate, bevanda tipica argentina, del rito
quasi magico che accompagna l’offrirla: stesso contenitore (calabaza), stessa cannuccia per sorbirla (bombilla);
farebbe orrore al meno rigido degli igienisti europei…noi con le nostre
tazzine da caffè di fina porcellana decorata in oro sui bordi, noi coi
nostri cucchiaini di plastica usa e getta, noi con l’indifferenza che
accompagna la nostra routine dove il concetto d’amicizia si rivela,
oramai e purtroppo, inesistente o mosso da interessi che poco hanno a
che vedere con la spontaneità…ricordo la prima volta che bevvi il mate,
con Gabriel a Nuoro, nella nostra cucina. Era gennaio. Semplicemente mi
passò il contenitore e, dentro, non c’era solo erba tritata. “Non dire grazie”, disse, “quando ti porgono il mate non devi ringraziare mai o significherebbe che finisci il tuo ‘giro’, che non vuoi più bere”
e non bere più con gli altri avrebbe significato il disprezzarne la
compagnia. E bevvi, senza paura. Il colore era intenso, variegato, dal
verde pisello al giallo e ancora allo smeraldo, sprazzi d’arancio e
marron; l’odore, forte, sapeva di tabacco e legno di cedro. Guardando
la calabaza pensai alle zucche svuotate ed essiccate che i nostri
pastori utilizzano per sorbire vino od acqua. Il gusto aspro della
bevanda mi fece strizzare gli occhi. Mi piaceva, molto.
E
m’affascina il rito che l’accompagna. Ritengo che questo concetto di
amicizia talmente forte, familiare, scomparsa in noi europei; possa
essere sociologicamente collegabile con l’esplosione dell’emigrazione
ed il successivo incremento demografico dell’Argentina degli anni
1870-1890. Tra gli italiani i genovesi, i napoletani, i siciliani
raggiunsero la terra attratti da promesse di guadagno uniti in un
secondo momento ad amici o parenti. La costretta promiscuità di vita
nei conventillos, donne che lavavano anche la biancheria di
altre donne costrette a lavorare fuori casa in fabbriche, campi o al
servizio di famiglie più agiate, donne che accudivano coi propri i
figli d’altre durante la loro assenza, giovani garzoni che dormivano
accanto ai datori di lavoro e quindi in mezzo ad una famiglia non
d’origine in uno spazio angusto ed estremamente avaro anche nelle
minime necessità fisiche e psicologiche umane, il lavorare e vivere in
un quartiere ch’era in realtà un’unica stanza insomma, condividere
miserie e gioie quotidiane, sospiri altrui attraverso invisibili pareti
di legno o metallo, o soltanto lunghi teli di tessuto appesi che
“dividevano” , a mò di tenda, un’abitazione dall’altra, esperienze
condivise in un mondo nuovo come poteva apparire l’Argentina ad un
italiano; tutto questo ed altro ancora contribuì senz’altro a tessere
quella ragnatela sottile di rapporti e scambi linguistici (italiano,
tedesco, francese, ebreo, giapponese e cinese), multietnici e
multiculturali, col tempo fattasi più forte e alimentata dalla memoria
collettiva, senz’altro resistente alle influenze esterne e anzi in
grado di intrecciarsi alle stesse, sorbirle senza venirne danneggiata.
Ma questo è un altro discorso.
Isla Negra, Isola Nera, mi ricordano il mate, bevuto in compagnia e senza paura; dalla stessa bombilla.
Auguri Isla Negra, benvenuti ad Isola Nera.
Buona lettura.
PER INFORMAZIONI:
mulasgiovanna@tiscali.it
al Nobel per la Letteratura di
Giovanna Mulas per l’Italia per il 2006.
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