L' 8 MARZO…IL GIORNO DOPO: LAVORO AL FEMMINILE


8 marzo:
con Festa donna parte ‘roadmap’ Ue per parità

di Alessia Trivelli
 

(ADN KRONOS – LABITALIA) –E’ al femminile oltre il 75% dei nuovi posti di lavoro creati nell’Unione europea negli ultimi cinque anni, ma il tasso di occupazione ‘in rosa’ è ancora inferiore di 15 punti rispetto a quello maschile. Le donne sono ‘confinate’ in pochi settori, difficilmente fanno carriera e, rispetto ai colleghi uomini, guadagnano almeno il 15% in meno, a parità di mansioni. Non solo. La difficoltà di conciliare lavoro e vita familiare spesso porta molte donne ad abbandonare il posto dopo la nascita di un figlio. Sembra, dunque, ancora lontana la parità tra uomini e donne sul lavoro e l’obiettivo fissato dalla Strategia di Lisbona di raggiungere, entro il 2010, il 60% di donne occupate è ancora un miraggio nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea…

Donne in Europa



8 marzo:
con Festa donna parte ‘roadmap’ Ue per parità

di Alessia Trivelli
 

(ADN KRONOS – LABITALIA) –E’ al femminile oltre il 75% dei nuovi posti di lavoro creati nell’Unione europea negli ultimi cinque anni, ma il tasso di occupazione ‘in rosa’ è ancora inferiore di 15 punti rispetto a quello maschile. Le donne sono ‘confinate’ in pochi settori, difficilmente fanno carriera e, rispetto ai colleghi uomini, guadagnano almeno il 15% in meno, a parità di mansioni. Non solo. La difficoltà di conciliare lavoro e vita familiare spesso porta molte donne ad abbandonare il posto dopo la nascita di un figlio. Sembra, dunque, ancora lontana la parità tra uomini e donne sul lavoro e l’obiettivo fissato dalla Strategia di Lisbona di raggiungere, entro il 2010, il 60% di donne occupate è ancora un miraggio nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea…

Donne in Europa
Un allarme che la Commissione europea è tornata a lanciare nella recente ‘Relazione sulla parità tra donne e uomini 2006’, in cui sollecita gli Stati membri a trovare nuove soluzioni per aiutare le lavoratrici a conciliare la professione con la famiglia e per ridurre i divari retributivi e occupazionali. Il documento sarà presentato ufficialmente in occasione del Consiglio europeo di primavera, in programma il 23 e 24 marzo. Mentre l’8 marzo, nel giorno della festa della donna, parte la ‘roadmap’ per la parità, annunciata dalla Commissione con una comunicazione che indica azioni concrete da realizzare per colmare le disuguaglianze di genere. Per promuovere la parità tra i sessi, inoltre, la Commissione ha proposto di creare un Istituto europeo per l’uguaglianza tra uomini e donne, che possa contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema. E ha proclamato il 2007 Anno europeo per le pari opportunità.

CRESCE OCCUPAZIONE FEMMINILE MA DIVARIO ANCORA AMPIO

Si devono soprattutto alle donne i progressi compiuti in questi anni nell’attuazione della Strategia europea per l’occupazione, grazie al loro crescente ingresso nel mercato del lavoro. Infatti, secondo i dati riportati nella Relazione della Commissione, l’occupazione femminile nell’Europa a 25 ha raggiunto il 55,7% nel 2004, vale a dire lo 0,7% in più rispetto al 2003. Un incremento che ha permesso di ridurre la distanza rispetto al tasso maschile dai 18,1 punti percentuali del 1999 ai 15,2 del 2004. Valore, tuttavia, ancora troppo elevato e che varia molto da paese a paese: il divario, infatti, scende a meno del 10% in Svezia, Finlandia, Danimarca e repubbliche baltiche, mentre supera il 20%, oltre che in Italia, anche in Spagna, Grecia, Malta e Cipro. Resta ancora più elevato il ‘gap’ se si considerano gli ‘over 55’: la distanza tra uomini e donne, infatti, è del 19%. Un valore che comunque si è ridotto negli ultimi anni, perché è cresciuta la partecipazione al mercato del lavoro delle donne tra i 55 e i 64 anni, che ha aumentato il tasso di occupazione femminile per questa fascia d’età fino al 31,7%, vale a dire il 5,4% in più rispetto al 1999. Parallelamente, sono diminuite le donne senza lavoro, abbassando il ‘gap’ rispetto al livello di disoccupazione maschile fino al 2,1% nel 2004 (un punto in meno rispetto al 1999). Il divario si è ridotto in 15 dei 25 Stati della Ue e, in maggior misura, proprio in quelli che evidenziavano nel 1999 il dato peggiore. Tra questi, l’Italia in testa con Spagna e Grecia, ma anche Cipro, Germania, Polonia, Francia, Repubblica Ceca e Belgio.

PER LAVORATRICI -15% IN BUSTA PAGA RISPETTO A UOMINI

Nonostante i passi avanti compiuti, però, l’occupazione femminile resta ancora concentrata in pochi settori, tradizionalmente ‘rosa’. Più del 40% delle donne, infatti, è impiegato nell’istruzione, nella sanità o nella pubblica amministrazione, contro il 20% degli uomini. Raramente, poi, le donne raggiungono i vertici della carriera: rappresentano solo il 32% dei dirigenti, il 10% dei membri di consigli di amministrazione e il 3% degli amministratori delegati di società. Eppure, le donne hanno un livello di istruzione superiore: nel 2004, circa 8 su 10 tra i 20 e i 24 anni hanno completato almeno la scuola secondaria superiore, contro meno di tre quarti degli uomini. Anche all’università le donne sembrano ottenere risultati migliori, rappresentando il 59% dei laureati di primo livello. Meno successi, invece, se decidono di proseguire nella carriera accademica: l’incidenza femminile scende al 43% fra i dottori di ricerca e appena al 15% fra i professori ordinari. Resta, poi, una certa ‘segregazione’ di genere se si guarda al campo di studi. Sono ancora poche le donne che scelgono discipline ingegneristiche, scientifiche e tecnologiche, mentre la maggior parte opta per materie umanistiche. Le donne, poi, più degli uomini, partecipano ad attività di formazione continua lungo l’arco della vita lavorativa: 11,7% contro 10%.

E, proprio perché confinate in professioni e posizioni poco remunerate, sebbene spesso siano più preparate, le donne finiscono per guadagnare il 15% in meno rispetto ai colleghi uomini che svolgono la stessa attività. Una percentuale scesa di appena un punto in cinque anni. Tra il 1999 e il 2004, a registrare un lieve miglioramento nel differenziale retributivo sono stati 17 Stati della Ue, mentre il ‘gap’ è rimasto invariato in altri tre e in cinque addirittura è peggiorato (Belgio, Slovacchia, Portogallo, Francia e Germania).

PART TIME SCELTO DA OLTRE 32% OCCUPATE

Un altro segnale del persistere di disuguaglianze di genere sul lavoro è il part time. A optare per il contratto a tempo parziale, infatti, è ben il 32,6% delle lavoratrici europee, contro appena il 7,4% degli uomini. E il dato varia molto da paese a paese: le lavoratrici part time sono meno di un decimo in Slovacchia, Ungheria, Repubblica Ceca, Lituania e Grecia, mentre in Lussemburgo, Belgio, Regno Unito e Germania la percentuale arriva al 40% e addirittura a tre quarti in Olanda. Quella del part time è una scelta che, sebbene rifletta spesso preferenze personali e aiuti a reinserirsi o a restare nel mercato dell’occupazione, testimonia però anche la grande diversità nella gestione dei tempi di vita e di lavoro tra uomini e donne e le difficoltà incontrate da una neo-mamma a tornare al suo posto dopo la maternità.

Per questo, la partecipazione femminile al lavoro e la scelta di un orario ridotto sono strettamente legati al numero e all’età dei figli. Una correlazione raramente riscontrata tra gli uomini. Infatti, la nascita di un figlio, per le donne tra i 20 e i 49 anni, fa crollare il livello di occupazione del 14,3% (è del 75,4% tra chi non ha bambini e del 61,1% tra le madri lavoratrici). Al contrario, per i neo-papà il tasso di occupazione sale di 5,6 punti (dall’85,6% tra gli uomini senza figli al 91,2% tra quelli con prole). Spesso, poi, dopo la nascita di un figlio, la donna decide di lavorare part time. Il tempo parziale, infatti, è scelto dal 23,3% delle madri e solo dal 15,9% delle donne senza figli. Inoltre, il ricorso al part time cresce all’aumentare del numero di figli, cosa che non accade per gli uomini. Si calcola, infatti, che a scegliere l’orario ridotto sia un terzo delle lavoratrici con un figlio e ben la metà di quelle che ne hanno tre o più.
 

SI ALZA ETA’ IN CUI SI FANNO FIGLI

Quella di avere più di un figlio, però, è una scelta sempre più rara tra le lavoratrici, come dimostrano i dati sul calo delle nascite. E quelli sull’età media in cui la donna fa il primo figlio, che ovunque nella Ue è cresciuta, tra il 1999 e il 2003, di almeno lo 0,1%, come in Spagna, ma in altri paesi addirittura dell’1,3% (è il caso della Repubblica Ceca). L’età, infatti, varia dai 24,5 anni delle repubbliche baltiche ai 29 di paesi come la Germania, l’Olanda, la Spagna e il Regno Unito. La difficoltà di raggiungere un buon equilibrio tra vita familiare e professionale, infatti, ha non soltanto pregiudicato la posizione delle donne nel mercato del lavoro, ma ha contribuito anche a ridurre il tasso di fertilità e ad aumentare il rischio di esclusione sociale. E questo, avverte la Commissione europea, influenza negativamente l’economia.

Per questo, la Commissione europea invita gli Stati membri ad aiutare sia le donne sia gli uomini a conciliare professione e famiglia, soprattutto creando condizioni di lavoro innovative e più flessibili, realizzando politiche che favoriscono le pari opportunità e mettendo a disposizione più efficienti strutture e servizi per i bambini. Attualmente, solo cinque paesi della Ue hanno raggiunto l’obiettivo fissato al summit di Barcellona del 2002 di garantire servizi per almeno il 33% dei bambini fino a tre anni, a fronte di una copertura media negli Stati membri intorno al 10%. Mentre otto Paesi, tra cui l’Italia, sono riusciti ad attuare l’altro obiettivo, quello di offrire servizi al 90% dei bambini dai tre anni all’età della scuola dell’obbligo.
 

NUOVE FORME FLESSIBILITA’ PER FAVORIRE CONCILIAZIONE TEMPI

Sempre la Commissione, in un recente studio comparativo su 30 paesi europei (anche extra-Ue), analizza le diverse misure adottate per favorire la conciliazione tra vita privata e professione. Una parte importante spetta alla flessibilità negli orari di lavoro, non solo il part time ma anche formule individuali stabilite a livello aziendale e, più raramente, previste dalla legge. E’ il caso, quest’ultimo, di Germania, Danimarca, Olanda, Polonia e Lituania, che hanno una disciplina destinata a tutti i lavoratori, ma anche di altri sette paesi in cui la norma che consente una particolare riduzione di orario è riservata a chi ha figli (Austria, Repubblica Ceca, Grecia, Finlandia, Portogallo, Slovenia, Regno Unito, oltre alla Norvegia).

Si stanno diffondendo, poi, misure innovative che favoriscono la conciliazione tra lavoro e famiglia, come una particolare forma di aspettativa in Belgio, o le politiche per armonizzare i ‘tempi della città in Francia oppure le speciali banche del tempo promosse a livello istituzionale in Olanda e Lussemburgo. C’è poi il telelavoro, ancora poco usato e raramente previsto dalla legislazione, applicato nella maggior parte dei casi nel settore pubblico, nel no profit e nel commercio. Un ruolo importante, nell’adozione di forme di flessibilità di orario, spetta comunque al datore di lavoro e la tendenza stenta ancora ad affermarsi nei paesi dell’Europa meridionale e orientale.
 

SPIDLA, EGUAGLIANZA DI GENERE FAVORISCE COMPETITIVITA’ EUROPEA

La ‘Roadmap per l’eguaglianza tra uomini e donne’, lanciata dalla Commissione europea in occasione dell’8 marzo, ha proprio l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e gli Stati membri sul tema delle pari opportunità. A cominciare da una revisione di tutta la normativa esistente in materia, per puntare a migliorare le statistiche, a favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia, a colmare il differenziale retributivo. “Le donne nella Ue – ha detto Vladimir Spidla, commissario europeo per l’Occupazione, gli Affari sociali e le Pari opportunità – ancora non hanno reali pari opportunità, in particolare sul lavoro. Basti pensare che una lavoratrice su tre è confinata nell’impiego part time. L’eguaglianza di genere non è solo una buona idea, ma stimola le potenzialità delle persone e soprattutto svolge un ruolo chiave nel rendere la Ue più competitiva. Abbiamo bisogno non solo di più occupazione, ma anche di un lavoro migliore, favorendo l’ingresso delle donne e al tempo stesso assicurando la possibilità di conciliazione tra professione e vita privata”.

Sei le priorità indicate dalla Commissione nella ‘roadmap’, come tabella di marcia per i prossimi cinque anni: indipendenza economica sia per gli uomini sia per le donne, conciliazione tra lavoro e vita privata, eguale partecipazione nei processi decisionali, eliminazione della violenza, dei traffici e degli stereotipi basati sul genere, promozione delle pari opportunità anche al di fuori della Ue. Per ogni obiettivo prioritario, sono previste una serie di azioni concrete da realizzare.

2007 SARA’ ANNO EUROPEO PARI OPPORTUNITA’

Ma la vera consacrazione delle politiche per l’eguaglianza tra uomo e donna arriverà nel 2007, quando sarà celebrato l’Anno europeo per le pari opportunità. E quando le donne che occupano posizioni decisionali in campo politico ed economico si uniranno per creare una rete europea. Dal 1° gennaio 2007, poi, sorgerà il nuovo Istituto europeo per l’eguaglianza di genere, per il quale è previsto uno stanziamento di 52,5 milioni di euro fino al 2013. Sarà un centro di eccellenza per i temi dell’eguaglianza di genere, che offrirà consulenza e svilupperà le conoscenze in materia. Tra i suoi compiti, quello di stimolare la consapevolezza delle politiche di genere tra i cittadini europei, raccogliere dati e analisi comparativi a livello comunitario e sviluppare nuove metodologie di studio.

Parte delle azioni indicate nella ‘roadmap’, inoltre, saranno realizzate attraverso il programma ‘Progress’, grazie a uno stanziamento di 650 milioni di euro, mentre altri finanziamenti arriveranno dai fondi strutturali europei e da altri progetti. Saranno passate in rassegna, poi, le legislazioni nazionali in materia di eguaglianza di genere, per verificarne l’aggiornamento e l’esistenza di norme che assicurino le pari opportunità in tutti gli Stati membri. Nuovo impulso sarà dato agli organismi nazionali che si occupano di pari opportunità, lottando contro le discriminazioni sessuali, che formeranno una vera e propria rete. Sul tema del divario salariale, infine, la Commissione pubblicherà una specifica comunicazione.

Alessia Trivelli

 

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