L’EQUIVOCO IDENTITARIO di Alessandro Caramis

“La fattoria degli animali”     a cura di  Alessandro Caramis


 

Questa rubrica (dal nome del celebre libro di George Orwell) intende affrontare fatti di rilevante attualità attraverso un taglio sociologico. Andare “oltre il pensiero”  può voler dire anche andare oltre le categorie comuni di interpretazione della realtà.
Prendendo a prestito categorie e strumenti dalle scienze sociali si cercherà, manifestando apertamente i propri principi di preferenza personale, di leggere i fenomeni sociali che ci circondano con un’inedita “lente di ingrandimento” sul dibattito politico, economico  e culturale odierno

L’EQUIVOCO IDENTITARIO:

USI E ABUSI DI IDENTITA’ E CULTURA NEL DIBATTITO POLITICO-CULTURALE ODIERNO

Il 2 Aprile è partito, dalla stazione di Roma l’ Occidente Express, un treno “per l’Occidente forza di Civiltà”. Questo treno rappresenta l’ultima tappa di un percorso che una parte del mondo intellettuale e politico italiano sta portando avanti George W. Bushsul sentiero già tracciato dai cosiddetti teo-con americani, ovvero da quando il presidente George Bush scoprì che le sue dichiarazione intrise di spirito religioso non portavano disapprovazione nell’opinione pubblica che lo aveva eletto anzi, che la sua rielezione fu possibile grazie al voto di circa settanta milioni di evangelici.
Allo stesso modo , come fa notare Sergio Romano: “il Presidente è circondato da neoconservatori molto laici, agnostici e comunque indifferenti alle questioni dell’anima, ma convinti che la religione, in politica, sia diventata una carta vincente”.
Il tentativo dei “teo-con” o “atei devoti” nostrani è di portare quest’uso politico della religione anche in Europa Sergio Romanotrasformando essa in instrumentum regni.
Assieme a questo uso politico della religione cristiana si accompagna una cascata di dichiarazioni, di appelli, di manifesti e di intenti tutti rivolti alla difesa delle nostre radici cristiane, alla salvaguardia della nostra identità occidentale, all’orgoglio della rivendicazione della nostra cultura, alla pubblica manifestazione ed esposizione della nostra specifica ed unica Civiltà.
Tutto questo, nelle intenzioni dei suoi sostenitori, è fatto in nome della difesa da due aggressioni: una esterna, rappresentata dal terrorismo e dal fondamentalismo islamico, dall’immigrazione clandestina e di massa, dai pericoli e dall’incubo del melange , del meticciamento con altre culture e altri popoli; e l’altra interna, rappresentata dal secolarismo, dal “laicismo” , dal progressismo e dal relativismo culturale che portano con sé la colpa di disgregare e di frantumare l’unità sociale e così l’anima dell’Occidente.

                                                                                                                                                   segue…>>


“La fattoria degli animali”     a cura di  Alessandro Caramis


 

Questa rubrica (dal nome del celebre libro di George Orwell) intende affrontare fatti di rilevante attualità attraverso un taglio sociologico. Andare “oltre il pensiero”  può voler dire anche andare oltre le categorie comuni di interpretazione della realtà.
Prendendo a prestito categorie e strumenti dalle scienze sociali si cercherà, manifestando apertamente i propri principi di preferenza personale, di leggere i fenomeni sociali che ci circondano con un’inedita “lente di ingrandimento” sul dibattito politico, economico  e culturale odierno

L’EQUIVOCO IDENTITARIO:

USI E ABUSI DI IDENTITA’ E CULTURA NEL DIBATTITO POLITICO-CULTURALE ODIERNO

Il 2 Aprile è partito, dalla stazione di Roma l’ Occidente Express, un treno “per l’Occidente forza di Civiltà”. Questo treno rappresenta l’ultima tappa di un percorso che una parte del mondo intellettuale e politico italiano sta portando avanti George W. Bushsul sentiero già tracciato dai cosiddetti teo-con americani, ovvero da quando il presidente George Bush scoprì che le sue dichiarazione intrise di spirito religioso non portavano disapprovazione nell’opinione pubblica che lo aveva eletto anzi, che la sua rielezione fu possibile grazie al voto di circa settanta milioni di evangelici.
Allo stesso modo , come fa notare Sergio Romano: “il Presidente è circondato da neoconservatori molto laici, agnostici e comunque indifferenti alle questioni dell’anima, ma convinti che la religione, in politica, sia diventata una carta vincente”.
Il tentativo dei “teo-con” o “atei devoti” nostrani è di portare quest’uso politico della religione anche in Europa Sergio Romanotrasformando essa in instrumentum regni.
Assieme a questo uso politico della religione cristiana si accompagna una cascata di dichiarazioni, di appelli, di manifesti e di intenti tutti rivolti alla difesa delle nostre radici cristiane, alla salvaguardia della nostra identità occidentale, all’orgoglio della rivendicazione della nostra cultura, alla pubblica manifestazione ed esposizione della nostra specifica ed unica Civiltà.
Tutto questo, nelle intenzioni dei suoi sostenitori, è fatto in nome della difesa da due aggressioni: una esterna, rappresentata dal terrorismo e dal fondamentalismo islamico, dall’immigrazione clandestina e di massa, dai pericoli e dall’incubo del melange , del meticciamento con altre culture e altri popoli; e l’altra interna, rappresentata dal secolarismo, dal “laicismo” , dal progressismo e dal relativismo culturale che portano con sé la colpa di disgregare e di frantumare l’unità sociale e così l’anima dell’Occidente.

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Le radici cristiane dell’Occidente e lo scontro tra civiltà
 

Dietro i discorsi sulla difesa e sull’orgoglio della propria identità si nasconde da una parte una grande paura e dall’altra un grande equivoco che genera a sua volta una strumentalizzazione politica.
La paura è quella delle persone e dei gruppi sociali, che sono spaventati dai grandi cambiamenti e dalle grandi trasformazioni economiche, tecnologiche e demografiche che il mondo globale sta vivendo con tutto il carico dei suoi problemi, insicurezze e delle sue complessità. La Moschea Blu
Il grande equivoco, invece, è quello relativo alla concezione comune che si ha di concetti come cultura, identità, radici, civiltà. Parole che, nel lessico comune , stanno erigendosi sempre più come protagoniste nel lessico politico dopo la fine delle ideologie e il crollo del mondo in “blocchi” così com’era prima del 1989.
Le paure portano le società, che come la nostra attraversano momenti di crisi (demografiche, economiche-occupazionali, ecc.) , a un fenomeno che si può chiamare re-invenzione della storia. Si re-inventa un passato glorioso, immaginandolo più splendido di come fosse in realtà e si aspira, per uscire dalla crisi, ad un ritorno alle origini, alle radici, all’identità perduta.
E’ un po’ la stessa cosa che accade, con risvolti molto più drammatici e violenti, nel mondo musulmano dove, da parte delle frange più fondamentaliste e intergraliste che si richiamano all’Islam, si predica la restaurazione del Califfato e si glorifica i tempi d’oro della mezzaluna islamica. Moschea di Cordova
Ovviamente, queste legittime e comprensibili paure vengono usate in maniera “redditizia” a fini politici da uomini senza scrupoli che fanno di concetti astratti vere e proprie “bandiere” politiche da gettare nell’arena della battaglia politica.

Il grande equivoco è di natura semantica, ovvero sul significato che si da a concetti come radici, civiltà, cultura, identità, cristianità e occidente.
Per quanto riguarda le radici mi rifaccio solo alla dichiarazione che afferma che se gli uomini avessero radici sarebbero come delle piante. La verità è che gli esseri umani non sono delle piante, dei vegetali attaccati e radicati nel proprio terreno di nascita. L’uomo, a differenza delle piante e degli animali, ha la capacità di produrre cultura.
La cultura non è altro che l’insieme dei significati, degli usi e delle consuetudini condivise e convissute che gli uomini danno alle loro azioni. Se non altro, per la differenza che l’essere umano, a differenza dell’essere animale, fa quello che fa perché non è programmato bensì perché dà alle proprie azioni un significato.
Si dice spesso scontro o incontro tra culture ma in realtà , non sono mai le culture che si scontrano e che si incontrano bensì sono le persone. Questo perché non ci sono culture senza persone e non ci sono presone senza culture. Ogni persona infatti è portatrice di cultura: trasmessa, appresa, rielaborata e personalizzata dalle proprie esperienze personali e dai propri incontri.
Questo è molto importante soprattutto quando si parla di “scontro tra culture” non facendoci vedere che esse sono sempre personificate da uomini.
Un altro equivoco consiste nel vedere la cultura come un qualcosa di statico e di immutabile che una persona o un gruppo sociale o una società si porta dietro come una valigia.
In realtà le culture sono dinamiche e processuali. Per fare un esempio: la cultura cristiana oggi non è la stessa di quella dai tempi delle crociate così come non è la stessa nel mediterraneo o in Scandinavia. Ogni cultura si avvale del contributo e dello scambio con altre culture. Ogni cultura come i popoli è un meticciamento di culture.

Francis Fukuyama

Civiltà e cultura non sono esattamente la stessa cosa. Si parla di “scontro di civiltà” (Fukuyama) come equivalente di “scontro tra culture” ma per civiltà si intendono gli aspetti tecnologici, pratico-organizzativi dell’esistenza e quelli materiali delle attività umane (A.Weber). Alla fine per “civiltà” si intende l’apparato dei mezzi e per “cultura” il sistema dei fini; quindi rifacendosi a questa definizione possiamo dire che stiamo incamminandoci oramai verso un’unica civiltà globale.

Altrettanto l’identità è come la cultura, non è qualcosa di unico, di fisso e immutabile legato alle persone; prima di tutto perché ognuno di noi è portatore di una pluralità di identità: territoriale, nazionale, di gruppo, generazionale, politica, religiosa, familiare, etnica, sportiva, di censo, professionale, di genere, ecc.. e secondo poi perché noi diamo più valore, nel corso della nostra vita, a questo o a quell’aspetto della nostra identità (a seconda dei momenti) senza che l’una soffochi completamente l’altra e soprattutto senza rimanere per forza “incollati” e fedeli ad una specifica identità nel corso di tutta la vita. Sono un esempio le conversioni religiose, sportive, i mutamenti generazionali e familiari che sono di per sé dinamici, la mobilità sociale, i cambiamenti di professione o i cambiamenti di opinione politica, ecc…

Infine due parole su “occidente” e cristianità, paradossalmente percepiti dall’integralismo islamico e dai teo-con nostrani come coincidenti.

Occidente delimita una sfera geografica del mondo visto a partire dall’europa; ma può delimitare anche uno stile di vita di stampo consumistico, una società con il predominio della tecnica; quello che oggi si chiama Occidente fino al 1989 si chiamava Ovest connotando con esso paesi con un determinato sistema economico e politico. In realtà questo concetto come quello di cultura, identità e radici è alquanto complesso e può assumere nel coso della storia differenti significati. E poi quali sono i suoi confini? Siamo sicuri di poterli tracciare con una linea? Istanbul, Gerusalemme, le banlieue parigine, i grandi megastore e alberghi a cinque stelle di Dubai, i grattacieli e gli internetpoint di Shangay , sono Occidente od Oriente?

Papa Benedetto XVI

Per quanto riguarda la cristianità e la sua stretta identificazione europea ed occidentale, bastano le parole dell’allora Cardinal Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI, a spiegare che: “La Chiesa sostanzialmente non può riconoscersi nella categoria “occidente”. Sarebbe sbagliato storicamente, empiricamente, ideologicamente.

Storicamente, sappiamo che il cristianesimo è nato nell’incrocio di Europa, Asia e Africa, e questo indica anche qualcosa della sua essenza interna. E’ nato in un incontro delle culture come capacità, possibilità e sfida di una sintesi delle culture e come possibilità di trascendere le culture in qualcosa che è l’essere umano come tale e che precede e trascende le culture(…)
Empiricamente, non solo abbiamo questa grande eredità storica, ma il cristianesimo è presente, con minoranze di forza spirituale riconosciuta, in tutti i continenti. (…)
Teologicamente, perché la Chiesa, per sua essenza, dovrebbe trascendere le culture, essere il fatto che non è legata ad una cultura determinata aiuta l’esodo dal carcere di una cultura e la comunicazione delle culture (…) La Chiesa non può riconoscersi semplicemente come occidente, ma deve sempre di nuovo trascendere la sua definizione occidentale e estendersi realmente verso Bassam Tibil’universalità, soprattutto trascendendo se stessa verso il divino, che è l’unica realtà che può creare una comunicazione delle culture. E’ vero, a volte la Chiesa si comporta in modo politico, ma è anche giusto che avvenga.”

Tutto questo dovrebbero ben conoscerlo coloro che usano un cattolicesimo senza fede e un cristianesimo senza Cristo a fini politici, non cogliendo occasione di manifestare pubblicamente la propria fede per rifarsi una “verginità” politica. Ovviamente, come Bassam Tibi spiega, lo stesso discorso è equiparabile all’uso politico dell’Islam che niente ha a che fare con questioni religiose o spirituali.

L’equivoco multiculturale

Vorrei concludere dicendo che anche il multiculturalismo è caduto in un grande equivoco semantico. Ovvero quello di concepire gli uomini e i gruppi immigrati presenti in Europa come del tutto assorbiti e determinati dalla loro cultura di origine senza possibilità di mutamento e senza il vedere i cambiamenti che i migranti portano con sé nelle loro esperienze quotidiane sia in Europa e sia nei paesi di origine. L’equivalenza delle culture acriticamente concepita non vede le battaglie che molte donne portano avanti contro la pratica delle mutilazioni genitali femminili, comprese quelle per emanciparsi dal potere patriarcale e soffocante della tradizione, così Ferrarotticome quelle per la laicità. Multiculturalismo, ci dice Ferrarotti, “non può voler dire che tutte le culture sono statiche e immobili e che sono equivalenti, né si possono legittimamente considerare come il dominio del determinismo culturale sì che l’individuo al loro interno non si veda aperto alcun varco o possibilità effettiva di auto-sviluppo, evoluzione, trasformazione o reazione rispetto all’ambiente culturale in cui gli è accaduto di nascere”. L’errore più grande è stato quello di concepire anche qui i gruppi di immigrati di prima, di seconda e di terza generazione come delle persone “radicate” nel loro habitat naturale (ghetto o quartiere che sia) senza alcuna possibilità di meticciamento , di cambiamento e di incontro con altri gruppi umani con cui di fatto con-vivono sia nel lavoro che nello stesso quartiere.

Amartya Sen

Amartya Sen dice a proposito che: “una ragazza di una famiglia di immigrati conservatori che esce con un ragazzo inglese è un caso di iniziativa multiculturale. Al contrario, il tentativo dei suoi genitori di impedirglielo non è un gesto multiculturale, dato che cerca di tenere le culture separate. E’ però la proibizione dei genitori a raccogliere le difese più accese dei presunti sostenitori del multiculturalismo, che la giustificano sostenendo l’importanza di onorare le culture tradizionali come se la libertà di scelta della ragazza non avesse alcuna importanza, e le due culture dovessero rimanere in due scatole separate. (…) Mentre la religione e l’etnia possono essere un importante fattore di identità per le persone (soprattutto quando sono libere di scegliere se onorare o rifiutare le tradizioni ereditate) , ci sono altre affiliazioni o associazioni che possono avere valore per le persone (…) il multiculturalismo non può ignorare il diritto di una persona a condurre una vita socialmente non conformista. Per quanto il multiculturalismo sia importante non può portare automaticamente a dare la priorità ai dettami della cultura tradizionale a prescindere da tutto il resto”.

Con questo ho finito. Ho cercato, utilizzando delle categorie prese a prestito dalle scienze sociali e da noti studiosi, di leggere la realtà da un altro punto di vista mettendo a fuoco dei concetti di cui oggi troppo spesso di usa e si abusa. Spero che questo contributo possa stimolare nuove riflessioni e nuove discussioni tra i lettori di quest’articolo consapevoli che senza una lucidità condivisa e convissuta non si daranno soluzioni alla minaccia dello scontro tra culture e civiltà che tanto viene paventato.

ALESSANDRO CARAMIS


Bibliografia e testi consigliati:

Franco Ferrarotti: L’enigma di Alessandro – Incontro fra culture e progresso civile – Donzelli Editore  

Amarya Sen: Usi e abusi del multiculturalismo 

Bassam Tibi: Il fondamentalismo religioso – Bollati Boringhieri.

 

OLTREPENSIERO

DA  IL

BENVENUTO   A

ALESSANDRO
CARAMIS

Alessandro Caramis nasce a Roma il 16 Novembre del 1977.
Si è lauerato in Sociologia nel 2001 con una tesi sul lancio editoriale di J.R.R. Tolkien in Italia grazie alla quale ha fatto da consulente alla Bompiani RCS. 
E’ amante della musica jazz e blues, del buon cinema europeo ed americano e dei viaggi.
Si dichiara  bibliofilo e ama tenersi costantemente informato sui fatti del mondo e della società. 
Cura una personale raccolta di articoli di carta stampata dal 1999.
Attualmente vive ai Castelli Romani e collabora come assistente alla Facoltà di Scienze della Comunicazione alla Sapienza di Roma.

mikronet

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