A TOLMEZZO (UDINE) APPUNTAMENTO CON IL FINIMENTO DEL PAESE
Biblioteca Civica Tolmezzo
in collaborazione con la Kappa Vu edizioni
e con il patrocinio di Andrea Moro Editore
SABATO 20 MAGGIO ALLE ORE 17.30 NELLA SALA RIUNIONI DELLA COMUNITA’ MONTANA DELLA CARNIA TOLMEZZO (UD), SARA’ PRESENTATO IL FINIMENTO DEL PAESE DI ERMES DORIGO (KAPPAVU EDIZIONI).
INSIEME ALL’AUTORE PARTECIPERA’ IL CRITICO MARIO TURELLO.
INSIEME ALL’AUTORE PARTECIPERA’ IL CRITICO MARIO TURELLO.
Un romanzo bello, intenso, duro e anche scorbutico, ma è quello che ci vuole. Quel sole dell’ottobrata, quegli umili odori, quel mondo tutto o quasi di sonnambuli feriti e degni di pietà. Testo così splendido sull’Ors di Pani, per le pagine su Pasolini, sul pensare non forte o autoritario ma autorevole, così Claudio Magris definisce sinteticamente questo romanzo, che è accompagnato anche da due scritti di Mario Rigoni Stern e Marosia Castaldi, e sulla cui fascetta si legge: “Dalla Carnia globalizzata la metafora dell’Italiano contemporaneo”…
Biblioteca Civica Tolmezzo
in collaborazione con la Kappa Vu edizioni
e con il patrocinio di Andrea Moro Editore
SABATO 20 MAGGIO ALLE ORE 17.30 NELLA SALA RIUNIONI DELLA COMUNITA’ MONTANA DELLA CARNIA TOLMEZZO (UD), SARA’ PRESENTATO IL FINIMENTO DEL PAESE DI ERMES DORIGO (KAPPAVU EDIZIONI).
INSIEME ALL’AUTORE PARTECIPERA’ IL CRITICO MARIO TURELLO.
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Un romanzo bello, intenso, duro e anche scorbutico, ma è quello che ci vuole. Quel sole dell’ottobrata, quegli umili odori, quel mondo tutto o quasi di sonnambuli feriti e degni di pietà. Testo così splendido sull’Ors di Pani, per le pagine su Pasolini, sul pensare non forte o autoritario ma autorevole, così Claudio Magris definisce sinteticamente questo romanzo, che è accompagnato anche da due scritti di Mario Rigoni Stern e Marosia Castaldi, e sulla cui fascetta si legge: “Dalla Carnia globalizzata la metafora dell’Italiano contemporaneo”…
…un romanzo che narra anche il farsi della narrazione, coinvolgendo il lettore, come un investigatore, a seguire le varie tracce e a tirare i fili di un raccontare apparentemente frammentario, anche per il plurilinguismo, pluristilismo e commistione dei generi che lo connota, in realtà sostenuto da un solido impianto costruttivo. Più che un protagonista, Italico Deodati, abbiamo un personaggio centrale, in bilico tra essere e non essere, che ritorna nella sua terra, la Carnia, che ha la stessa precaria identità; ormai homeless, alloggia in una stanza d’albergo, dal nome metaforico, Roma, che permette sia di ripercorrere criticamente la cultura locale sia di metaforizzare la condizione dell’Italia contemporanea, rivisitata, anche in forme paradossali, nella sua contraddittoria storia novecentesca. Con l’aiuto di Camunio, Mindonio e Memo, personificazioni dell’istinto, della ragione e della memoria, Italico riscopre la sessualità – sereno e trasparente erotismo di un caleidoscopio di figure femminili, alcune, indimenticabili, come Arlette. Una serie di repentini movimenti psicologici e culturali, che trasportano il lettore a Budapest, Zurigo, Trieste, Bosnia, inserendo il problema dell’identità nazionale italiana in un contesto internazionale, attraversando Urbino, il simbolo della bellezza e del civismo passato, creando una forte frizione tra antica bellezza civile e l’odierno degrado del Paese rivelato anche dalla condizione dei bambini e dei giovani. Un romanzo local-globale, in cui il tema dell’identità individuale e collettiva viene affrontato con forte impegno etico-civile, problematicamente e senza indulgenze folkloriche e localistiche, anzi, con una scrittura, che sorprende continuamente il lettore con repentini cambiamenti e impasti diversi di registri, di ritmi e di generi. Un romanzo tragicomico, intenso e beffardo, disperato e sarcastico, enigmatico e ingenuo come la vita. Un romanzo che incuriosisce il lettore fin dall’inizio, in quanto si apre con una Prefazione del Ghost-writer, per cui ci si pone la domanda: ma il romanzo chi l’ha scritto: Dorigo, Italico o il Ghost? Oppure tutti e tre insieme? Chi è il Ghost? L’ispirazione, una forza superiore, che utilizza lo scrittore per i suoi fini? Il lettore partecipa, quindi, sollecitato nella sua intelligenza critica, anche ad un romanzo parallelo: la favola magica e tragica della creazione letteraria, che alla fin fine rappresenta il farsi e disfarsi degli interrogativi esistenziali, che si pongono tutti gli uomini e che lo scrittore racconta nelle sue forme e dal suo punto di vista. Un triplice ‘finimento’, dunque: come fine, termine di un’idealità d’Italia; come briglie, guida, reggimento politico; come ornamento, ricchezza artistica e spirituale, sempre presenti come contraltare del degrado e della massificazione attuale: il Bello non come mero evento estetico, ma come fattore di incivilimento e cultura, la qualità della polis, la nostalgia della quale è simboleggiata dalla presenza costante della/e piazza/e, oggi vuota/e, un tempo luogo di incontro, di scambio comunicativo, di civile costruttivo confronto.
“Raramente capita di leggere un libro così finito, ossia rielaborato, riscritto e sfrondato da ogni parola inutile alla chiarezza del testo; ma che è anche motivato, così che al lettore viene da riflettere e, amaramente, considerare la fatica del vivere in questo nostro tempo dopo aver tanto sperato e, anche, lavorato in profondo per cercare di renderlo più accettabile. Non è facile questo romanzo, non è lettura da affrontare con leggerezza o come passatempo. E’ aspro, forte, amaro e, a volte, anche malinconico e ironico; in esso anni di storia passata e coscienza del presente ci lasciano turbati e pensosi, perché scopriamo le nostre manchevolezze: i peccati di omissione e non solo quelli per coinvolgimento. Paese, Città e Stato compaiono nella vita normale del protagonista, cittadino cosciente, sì, ma con qualcosa in più perché coltivato nel pensiero e curioso; e più che curioso, partecipe dell’esistenza che gli viene da considerare, confrontare e dividere con gli amici, i figli, le donne con sempre dentro un fuoco non piccolo di passioni civili e umane. Così tra fatti del passato, cicatrici, ferite e razionalità di pensiero ci pone di fronte alla realtà di oggi. Distanti, ci sono lampi nel paesaggio cupo; una luce fredda e tragica come in certi quadri del Manierismo, dove santi e personaggi e paesaggio ci invitano a meditare un’attesa drammatica nel “lume serrato”. Chi ha un po’ di dimestichezza con la nostra letteratura contemporanea, sotto un velame non tanto oscuro, incontrerà anche nostri autori, non solo Pasolini così chiaramente nominato e ben capito. La terra dell’Autore, che è quella Carnia dove tanta storia è passata, è qui ben presente più nei personaggi che nel paesaggio, perché il paesaggio di questo finimento è quello di Urbino: Carnia principio del Paese, Urbino il finimento”. (Mario Rigoni Stern)
Ermes Dorigo ha svolto un’intensa attività critica e letteraria oltre che di giornalismo culturale. Ha collaborato con le riviste “Tam Tam” di Adriano Spatola&Giulia Niccolai, “Problemi” di Giuseppe Petronio, “Alfabeta”, direttori Eco, Porta, Volponi, Corti, Leonetti, Spinella; “Allegoria” di Romano Luperini. In prosa ha pubblicato Neuterio della lontra, con prefazione di Claudio Magris (Premio Casentino1987) e Nello specchio incrinato. Paolo Volponi e Pier Paolo Pasolini (piéce teatrale), 1996. In poesia Esistere! dal compromesso, 1978, Quadropoesie, 100 copie serigrafate, 1980, Le ceneri di Pasolini, 1993 e Lo sguardo anacronico, 2000. Ha curato criticamente le pubblicazioni di Anonimo da Tulmegio, Canzoniere petrarchesco del XVI secolo, 1988 e Siro Angeli, Anthologica. Il teatro, la poesia, la critica, 1997 (finalista al Premio Marino Moretti). E’ autore della biografia Michele Gortani, 1993. Ha creato e dirige la rivista culturale on line: GLOCK (GlobaLocale) www.marvel.it/glock.
Mauro Daltin – Ufficio Stampa Kappa Vu
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