NASSIRIYA: NO BLOOD FOR OIL di Ilaria Giovinazzo

La Rubrica  *CONTROVENTO*     a cura  di Ilaria Giovinazzo

– Uno spazio per chi va oltre il pensiero comune –

Una persona seria
non sta a perdere tempo nel formulare l’opinione della maggioranza

Godfrey Hardy, matematico

NASSIRIYA: NO BLOOD FOR OIL

“Quanto sosteniamo da tempo, sempre smentiti dal Governo e dall’ENI, si è rivelato vero: le truppe italiane sono a Nassiriya per proteggere il contratto firmato dall’ENI con Saddam Hussein, per lo sfruttamento dell’omonimo campo petrolifero. Ecco perché, e per chi, sono morti i militari italiani.” Un ponte per…

Funerali Nassiriya

Ciò che mi auguro nel redigere questo articolo, forse l’ennesimo articolo sui nostri morti in Iraq e su ciò che sta accadendo nella provincia del Dhi Qar  controllata dai militari italiani, è che finalmente, adesso che una nuova maggioranza è salita al governo si smetta di mistificare la realtà e si inizi a spiegare alle famiglie dei militari italiani morti in Iraq perché ciò è accaduto, per quale motivo il nostro contingente è a Nassiriya e soprattutto perché l’Italia ha ritenuto necessario entrare in “guerra” accanto agli USA.
Altre lacrime e altro sangue sono state versate il 27 aprile di quest’anno, pochi giorni fa e cinque persone sono morte, tra cui il maresciallo dei carabinieri Enrico Frassanito che, dopo alcuni giorni di agonia si è spento proprio quest’oggi. La seconda ondata di vittime italiane a Nassiriya, questa,  dopo la strage del 12 novembre del 2003 in cui persero la vita 19 italiani e 9 iracheni.
Sangue insomma, sangue italiano versato per…
Ci hanno detto che l’Italia è andata in Iraq per aiutare la ricostruzione, per pacificare, per aiutare la popolazione irachena nel lungo cammino verso la creazione della democrazia. Ci hanno detto che piangere i nostri morti in Iraq era giusto perché noi siamo buoni e gli iracheni no, perché noi siamo lì per una buona causa mentre gli iracheni non hanno nessun buon motivo per desiderare di cacciarci via.
Sono costernata per ciò che sta accadendo e provo una rabbia profonda per due motivi fondamentali: primo, perché questa non era una guerra necessaria, perché queste morti si potevano evitare e perché si sa che se si va in guerra c’è il rischio di perderci la vita;
secondo, perché ci stanno prendendo per i fondelli e noi non sappiamo far altro che piangere sul latte versato.

                                                                                                              segue…>>

La Rubrica  *CONTROVENTO*     a cura  di Ilaria Giovinazzo

– Uno spazio per chi va oltre il pensiero comune –

Una persona seria
non sta a perdere tempo nel formulare l’opinione della maggioranza

Godfrey Hardy, matematico

NASSIRIYA: NO BLOOD FOR OIL

“Quanto sosteniamo da tempo, sempre smentiti dal Governo e dall’ENI, si è rivelato vero: le truppe italiane sono a Nassiriya per proteggere il contratto firmato dall’ENI con Saddam Hussein, per lo sfruttamento dell’omonimo campo petrolifero. Ecco perché, e per chi, sono morti i militari italiani.” Un ponte per…

Funerali Nassiriya

Ciò che mi auguro nel redigere questo articolo, forse l’ennesimo articolo sui nostri morti in Iraq e su ciò che sta accadendo nella provincia del Dhi Qar  controllata dai militari italiani, è che finalmente, adesso che una nuova maggioranza è salita al governo si smetta di mistificare la realtà e si inizi a spiegare alle famiglie dei militari italiani morti in Iraq perché ciò è accaduto, per quale motivo il nostro contingente è a Nassiriya e soprattutto perché l’Italia ha ritenuto necessario entrare in “guerra” accanto agli USA.
Altre lacrime e altro sangue sono state versate il 27 aprile di quest’anno, pochi giorni fa e cinque persone sono morte, tra cui il maresciallo dei carabinieri Enrico Frassanito che, dopo alcuni giorni di agonia si è spento proprio quest’oggi. La seconda ondata di vittime italiane a Nassiriya, questa,  dopo la strage del 12 novembre del 2003 in cui persero la vita 19 italiani e 9 iracheni.
Sangue insomma, sangue italiano versato per…
Ci hanno detto che l’Italia è andata in Iraq per aiutare la ricostruzione, per pacificare, per aiutare la popolazione irachena nel lungo cammino verso la creazione della democrazia. Ci hanno detto che piangere i nostri morti in Iraq era giusto perché noi siamo buoni e gli iracheni no, perché noi siamo lì per una buona causa mentre gli iracheni non hanno nessun buon motivo per desiderare di cacciarci via.
Sono costernata per ciò che sta accadendo e provo una rabbia profonda per due motivi fondamentali: primo, perché questa non era una guerra necessaria, perché queste morti si potevano evitare e perché si sa che se si va in guerra c’è il rischio di perderci la vita;
secondo, perché ci stanno prendendo per i fondelli e noi non sappiamo far altro che piangere sul latte versato.

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Giacimenti Petrolio IraqLa ciliegina sulla torta è stato il servizio di Rai News 24, firmato da Ranucci e ormai datato maggio 2005, sui motivi della nostra presenza a Nassiriya, in cui viene fuori che Saddam aveva accordi con l’Eni già dagli anni novanta sulla possibilità dello sfruttamento dei pozzi di Nassiriya e che con l’inizio della guerra l’Italia non poteva non pensare di farsi affidare il controllo del territorio comprendente Nassiriya pena perdere “un affare da 300 miliardi di dollari”.
Sì, perché il giacimento di Nassiriya si stima possa produrre circa 300mila barili al giorno, con riserve tra i 2 e i 2,6 miliardi di barili e se privatizzato, cioè completamente in mano alla multinazionale Eni, toglierebbe all’Iraq e al suo popolo un’entrata che oscilla dai 2,3 ai 6 miliardi di dollari annui.
Gli attentati ai nostri contingenti sono attacchi all’Eni, che continua a tacere ostinatamente; attacchi nei confronti di una tra le multinazionali del petrolio che si stanno spartendo i pozzi iracheni come in un enorme gioco da tavola in cui vince chi prende di più. A questo riguardo consiglio di reperire il dossier della Platform – una ong britannica che si occupa di monitorare il comportamento delle multinazionali petrolifere nel mondo – dal titolo “Truffa a mano armata – I numeri degli interessi petroliferi occidentali e italiani dietro la guerra all’Iraq”. In questo dossier si legge come ben 63 degli 84 giacimenti petroliferi iracheni andrebbero nelle mani delle multinazionali estere, tra cui, appunto, l’Eni.
Cito: nel libro “La guerra del petrolio” (Editori Riuniti), l’autore, Benito Li Vigni, entrato all’ENI con Mattei e rimasto nel gruppo fino al 1996, ricoprendo posizioni di grande responsabilità, a proposito di Nassiriya scrive: «La presenza italiana in Iraq, al di là dei presupposti ufficialmente dichiarati, è motivata dal desiderio di non essere assenti dal tavolo della ricostruzione e degli affari. Questi ultimi riguardano soprattutto lo sfruttamento dei ricchi campi petroliferi. Non a caso il nostro contingente si è attestato nella zona di Nassiriya dove agli italiani dell’Eni il governo iracheno, pensando alla fine dell’embargo, aveva concesso – fra il 1995 e il 2000 – lo sfruttamento di un giacimento petrolifero, con 2,5-3 miliardi di barili di riserve: quinto per importanza tra i nuovi giacimenti che l’Iraq di Saddam voleva avviare a produzione».
L’impressione che nasce da questi dati di fatto è la seguente:  l’Italia è andata in Iraq perché non potevamo farci fregare, perché era necessario salvaguardare gli affari italiani, affari che avrebbero fatto diventare l’Eni “la più grande società petrolifera del mondo” come hanno affermato alcuni media statunitensi. Una guerra per il petrolio dunque, in cui tutti vogliono un pezzo di torta da mangiare, alla faccia degli iracheni.
Nonostante il dispiacere che provo per i nostri morti, vorrei che smettessimo di raccontarci bugie sui nostri ragazzi, morti anche e soprattutto  per salvaguardare gli interessi economici di una multinazionale, purché italiana.
Una vita non vale una goccia di sporco petrolio. E non la varrà mai.

PER APPROFONDIRE L’ARGOMENTO:

mikronet

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