PER LA NOTTE BIANCA I CAVALLI ALATI DI TARQUINIA VOLERANNO A ROMA

Il prossimo 9 settembre il museo di Villa Giulia a Roma
ospiterà il meraviglioso altorilievo. Grazie alla Regione Lazio.

Cavalli Alati

(www.culturalazio.it) L’altorilievo fittile dei Cavalli Alati –  universalmente riconosciuto come uno dei capolavori della coroplastica etrusca di età tardoclassica e assurto a simbolo della città di Tarquinia – è considerato per la sua straordinarietà e per la sua fragilità pressoché inamovibile. Solo in due occasioni , nel 1955 e nel 1986 e per eventi di grande risonanza, ha lasciato Palazzo Vitelleschi sede del Museo Archeologico Nazionale  Tarquiniense; eccezionale va pertanto considerata la sua temporanea esposizione al Museo di Villa Giulia in occasione della Notte Bianca del 9 settembre.

Questa è l’importante iniziativa promossa dalla Regione Lazio, dal Comune di Tarquinia e dalla Soprintendenza ai beni Archeologici del Lazio, presentata in una conferenza stampa dall’assessore alla Cultura, Spettacolo e Sport Giulia Rodano.

L’altorilievo decorava il frontone del grande tempio dell’ Ara della Regina, il più grande edificio sacro venuto finora in luce in Etruria,  i cui resti imponenti dominano  tuttora  l’altopiano dove sorgeva l’antica città  di Tarquinia.

Non sappiamo a quale  o a quali divinità il grande tempio fosse dedicato e difficile, dati i pochi elementi rimasti, è l’interpretazione del programma figurativo rappresentato nella decorazione del frontone. Sulla base di analogie con i santuari urbani di altre città etrusche  si può ragionevolmente presumere che esso dovesse in qualche modo ricollegarsi alle origini della città e ai suoi miti di fondazione

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Il prossimo 9 settembre il museo di Villa Giulia a Roma
ospiterà il meraviglioso altorilievo. Grazie alla Regione Lazio.

Cavalli Alati

(www.culturalazio.it) L’altorilievo fittile dei Cavalli Alati –  universalmente riconosciuto come uno dei capolavori della coroplastica etrusca di età tardoclassica e assurto a simbolo della città di Tarquinia – è considerato per la sua straordinarietà e per la sua fragilità pressoché inamovibile. Solo in due occasioni , nel 1955 e nel 1986 e per eventi di grande risonanza, ha lasciato Palazzo Vitelleschi sede del Museo Archeologico Nazionale  Tarquiniense; eccezionale va pertanto considerata la sua temporanea esposizione al Museo di Villa Giulia in occasione della Notte Bianca del 9 settembre.

Questa è l’importante iniziativa promossa dalla Regione Lazio, dal Comune di Tarquinia e dalla Soprintendenza ai beni Archeologici del Lazio, presentata in una conferenza stampa dall’assessore alla Cultura, Spettacolo e Sport Giulia Rodano.

L’altorilievo decorava il frontone del grande tempio dell’ Ara della Regina, il più grande edificio sacro venuto finora in luce in Etruria,  i cui resti imponenti dominano  tuttora  l’altopiano dove sorgeva l’antica città  di Tarquinia.

Non sappiamo a quale  o a quali divinità il grande tempio fosse dedicato e difficile, dati i pochi elementi rimasti, è l’interpretazione del programma figurativo rappresentato nella decorazione del frontone. Sulla base di analogie con i santuari urbani di altre città etrusche  si può ragionevolmente presumere che esso dovesse in qualche modo ricollegarsi alle origini della città e ai suoi miti di fondazione

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Fu Pietro Romanelli, che nel 1938 affrontò in maniera sistematica  l’esplorazione dell’ edificio sacro, a rinvenire a circa 3 metri di profondità i numerosi frammenti della lastra – un centinaio-  i cui bellissimi disegni a china illustrano il giornale di scavo . Rapidamente e sapientemente restaurato, già  alla fine  di ottobre dello stesso anno il gruppo veniva esposto nelle sale del Museo tarquiniese ;  recentemente- a più di 60 anni dalla scoperta- i cavalli alati sono stati sottoposti ad un nuovo generale  e moderno restauro che  permette di  meglio apprezzarne la straordinaria fattura.

La  lastra – alta  metri 1,15 e larga  metri 1, 25- era in origine applicata alla testata del trave sinistro del triangolo frontonale della  facciata del tempio: il suo margine superiore, tagliato  obliquamente,  ricalca infatti l’inclinazione di quello del grande trave di legno. La coppia di cavalli alati, magistralmente modellata a mano, si distacca progressivamente dalla lastra di fondo: prima a bassorilievo, poi a rilievo sempre più alto fino a divenire a tutto tondo all’altezza delle teste e delle ali. L’altorilievo era fissato alla struttura lignea del tetto mediante numerosi lunghi chiodi di bronzo  alcuni dei quali- recuperati nello scavo-  in occasione del recente restauro sono stati  reinseriti nei fori originali. La scultura era arricchita da una vivace policromia di cui restano abbondanti tracce.

I cavalli, rivolti a sinistra,  con le froge dilatate, la bocca semiaperta e le nervature delle gambe , del petto e del collo tese per lo sforzo, vibrano impazienti pronti a spiccare il volo; la criniera, corta e folta, si spartisce alla sommità del capo; le lunghe code sono annodate in alto; ricca è  la bardatura con le cinghie che tengono i morsi nella bocca e un collare a borchie lenticolari intorno al collo. Gli animali  erano aggiogati ad una biga- montata da un eroe o da una divinità e di cui resta il solo timone-   rappresentata  su una seconda lastra  affiancata sulla destra a quella con i cavalli ma andata purtroppo perduta e della quale lo scavo non restituì alcun frammento.

I cavalli alati di Tarquinia, simbolo di un’arte che sboccia dall’incontro della classicità greca con le tradizioni e le aspirazioni della  figuratività italica, sono opera di un artigiano che  nel plasmarli- nei decenni iniziali del IV sec a.C.- mostra una perfetta conoscenza delle forme classiche quali si erano venute elaborando nella scultura greca postfidiaca; ma evidenti sono anche gli elementi che legano la scultura alla tradizione etrusca locale quali la sproporzione volumetrica dei colli e delle teste rispetto al resto dei corpi esili e allungati, la voluta  accentuazione delle annotazioni anatomiche, il gusto decorativo dei monili. 

                

                     
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