FINANZIARIA E DINTORNI

“La fattoria degli animali” a cura di Alessandro Caramis

Questa rubrica (dal nome del celebre libro di George Orwell) intende affrontare fatti di rilevante attualità attraverso un taglio sociologico. Andare “oltre il pensiero” può voler dire anche andare oltre le categorie comuni di interpretazione della realtà.
Prendendo a prestito categorie e strumenti dalle scienze sociali si cercherà, manifestando apertamente i propri principi di preferenza personale, di leggere i fenomeni sociali che ci circondano con un’inedita “lente di ingrandimento” sul dibattito politico, economico e culturale odierno
.

ANCHE  I  RICCHI  PIANGANO ? 

DAL  MITO  DELLA  REDISTRIBUZIONE  ALLA  GIUSTIZIA  SOCIALE

di     A L E S S A N D R O   C A R A M I S

L’ultima finanziaria della maggioranza di centro-sinistra rivela (in parte) una lettura della realtà  “alterata” dalle lenti ideologiche di una concezione della società che ricorda molto quella fordista-keynesiana del novecento.

Anche i ricchi piangano - www.corriere.it

Lo scopo dell’attuale finanziaria consiste principalmente nel riequilibrare i conti per rientrare nei parametri di Maastricht, ma il suo “sigillo” è stato simbolicamente espresso dal famoso manifesto diffuso da Rifondazione Comunista con una barca con sotto scritto :”Anche i ricchi piangano”.
Ebbene, l’obiettivo della finanziaria è quello di operare una vasta operazione di re-distribuzione fiscale dalla quale possono avvantaggiarsene sia i ceti popolari più poveri che quelli del ceto medio più vulnerabili. Il tutto in un’ottica di giustizia sociale che toglie un po’ ai “ricchi” per dare ai più “poveri”. La lotta all’evasione fiscale rappresenta un altro “cavallo di battaglia” che sembra intenzionato a ridurre drasticamente la quota di evasione nel nostro paese.

Stranamente, rispetto alle intenzioni della finanziaria si sono immediatamente avute una serie di reazioni che non hanno più di tanto coinvolto i cosiddetti “ricchi” bensì proprio quelle persone che si intendeva “premiare”. Stiamo parlando dei lavoratori autonomi,  dei lavoratori con un contratto precario, delle piccole e medie imprese, delle famiglie con redditi intorno i 30 mila euro, degli enti Locali,ecc
Anche una parte di elettori di centro  non è molto entusiasta di questo DPEF.
Per quale motivo? Come mai coloro che dovrebbero sentirsi ripagati e rallegrarsi di questa opera di re-distribuzione si sentono “colpiti”?

Innanzitutto, è opportuno precisare che di questo discorso non fanno parte le proteste demagogiche, populiste e pregiudiziali che una parte dell’opposizione sta portando avanti contro questo governo per motivi politici. Altrettanto vale per le  reazioni  di parte di quell’ “altra Italia” che ha votato centro-destra alle ultime elezioni e che si oppone al DPEF per motivi ideologici.

“La fattoria degli animali” a cura di Alessandro Caramis

Questa rubrica (dal nome del celebre libro di George Orwell) intende affrontare fatti di rilevante attualità attraverso un taglio sociologico. Andare “oltre il pensiero” può voler dire anche andare oltre le categorie comuni di interpretazione della realtà.
Prendendo a prestito categorie e strumenti dalle scienze sociali si cercherà, manifestando apertamente i propri principi di preferenza personale, di leggere i fenomeni sociali che ci circondano con un’inedita “lente di ingrandimento” sul dibattito politico, economico e culturale odierno
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ANCHE  I  RICCHI  PIANGANO ? 

DAL  MITO  DELLA  REDISTRIBUZIONE  ALLA  GIUSTIZIA  SOCIALE

di     A L E S S A N D R O   C A R A M I S

L’ultima finanziaria della maggioranza di centro-sinistra rivela (in parte) una lettura della realtà  “alterata” dalle lenti ideologiche di una concezione della società che ricorda molto quella fordista-keynesiana del novecento.

Anche i ricchi piangano - www.corriere.it

Lo scopo dell’attuale finanziaria consiste principalmente nel riequilibrare i conti per rientrare nei parametri di Maastricht, ma il suo “sigillo” è stato simbolicamente espresso dal famoso manifesto diffuso da Rifondazione Comunista con una barca con sotto scritto :”Anche i ricchi piangano”.
Ebbene, l’obiettivo della finanziaria è quello di operare una vasta operazione di re-distribuzione fiscale dalla quale possono avvantaggiarsene sia i ceti popolari più poveri che quelli del ceto medio più vulnerabili. Il tutto in un’ottica di giustizia sociale che toglie un po’ ai “ricchi” per dare ai più “poveri”. La lotta all’evasione fiscale rappresenta un altro “cavallo di battaglia” che sembra intenzionato a ridurre drasticamente la quota di evasione nel nostro paese.

Stranamente, rispetto alle intenzioni della finanziaria si sono immediatamente avute una serie di reazioni che non hanno più di tanto coinvolto i cosiddetti “ricchi” bensì proprio quelle persone che si intendeva “premiare”. Stiamo parlando dei lavoratori autonomi,  dei lavoratori con un contratto precario, delle piccole e medie imprese, delle famiglie con redditi intorno i 30 mila euro, degli enti Locali,ecc
Anche una parte di elettori di centro  non è molto entusiasta di questo DPEF.
Per quale motivo? Come mai coloro che dovrebbero sentirsi ripagati e rallegrarsi di questa opera di re-distribuzione si sentono “colpiti”?

Innanzitutto, è opportuno precisare che di questo discorso non fanno parte le proteste demagogiche, populiste e pregiudiziali che una parte dell’opposizione sta portando avanti contro questo governo per motivi politici. Altrettanto vale per le  reazioni  di parte di quell’ “altra Italia” che ha votato centro-destra alle ultime elezioni e che si oppone al DPEF per motivi ideologici.

La spiegazione di questa “domanda di correzioni al DPEF” si collega al fatto che questa maggioranza è (in parte) influenzata dalle sue componenti più “massimaliste” che sono portatrici di una cultura e di una concezione dello Stato che poteva andare bene negli anni ’70 ma che oggi fa fatica a trovare corrispondenza con  la realtà e la lettura della società attuale.

Fantozzi

Stiamo parlando della vecchia  società industriale e fordista. In essa lo Stato poteva puntare su una politica dei redditi di natura keynesiana in modo tale da poter aumentare il potere di acquisto dei lavoratori  e di conseguenza stimolare la crescita economica e la produzione. Questo avveniva in una fase in cui : gran parte della popolazione attiva lavorava nella grande industria, era prevalentemente sindacalizzata e gli industriali producevano in un contesto di forte protezionismo economico e di sussidi statali che ne supportavano l’attività. Inoltre, come valvola di sfogo per la disoccupazione, si poteva puntare ad una vasta politica di assunzioni nella Pubblica Amministrazione in modo tale da dare “il posto” a chi era disoccupato. Questo sistema rifletteva una società in cui i le “classi” o i “blocchi sociali” erano fondamentalmente rigide e definibili. Da una parte c’erano i ricchi (industriali, dirigenti,ecc), dall’altra il ceto medio tecnico-impiegatizio (ben rappresentato dai film di Paolo Villaggio sull’impiegato Fantozzi) e poi c’erano gli operai che aspiravano a diventare ceto-medio nei beni di consumo e di proprietà. Oltre, naturalmente,  alle persone e famiglie che vivevano in stato di povertà e vulnerabilità.

Da allora il mondo è cambiato e con la globalizzazione anche l’economia e la società. La grande industria occupa sempre meno lavoratori e gran parte del tessuto imprenditoriale italiano è fatto da piccole e medie imprese (PMI) a gestione familiare, buona parte dei lavoratori non è sindacalizzata perché opera al di fuori della grande impresa o della pubblica amministrazione; siamo entrati in Europa e non possiamo più permetterci di aumentare a “pioggia” (per via dei vincoli di bilancio e del mercato unico europeo)  i redditi ed i sussidi alle imprese ed abbiamo introdotto dei criteri di efficacia e di efficienza nella pubblica amministrazione tali da non permetterci più assunzioni di lavoratori che non facevano nulla come avveniva proprio nei celebri  film di Fantozzi.

Capezzone - elrefe12

Questo scenario è ben descritto da Capezzone: “siamo dinanzi ad un’inadeguatezza, ad un’incapacità profonda, ad una non-lettura di quello che accade nella nostra società e nel nostro tempo. Ancora si ragiona, da parte di tanti, in termini di blocchi sociali (che, come tali, non esistono più), o comunque ci si siede sul vecchio schema della triangolazione con sindacato e grande impresa. Dimenticando che oggi gran parte dei lavoratori non sono rappresentati dal sindacato, così come gran parte degli imprenditori sono -di fatto- senza voce. Esemplifico: chi si occupa dei 6 milioni di piccole e piccolissime imprese, che non vanno nei tg, ma rappresentano il cuore pulsante del paese?”.

Lo stesso ceto medio è diventato dalle ultime analisi sociologiche e statistiche sempre più evanescente. Se prima bastavano alcuni indicatori per individuarlo oggi appare sempre più difficile capire se due persone che dichiarano una 30 mila euro e l’altra 70 mila facciano parte della stessa classe o ceto sociale. Classi e ceti sociali che tra l’altro sono sempre più multiformi , dinamici e difficilmente inquadrabili in blocchi rigidi come avveniva in passato.
La stessa dichiarazione dei redditi è diventata sempre più poco significativa nel presentare una effettiva lettura della realtà.
Michele Porro ha scritto pochi giorni fa nel “Giornale” : “Si è superficialmente divisa l’Italia tra ricchi e poveri, banalmente in funzione della dichiarazione dei redditi. E infine si è quasi antropologicamente separato i buoni che pagano le tasse dai criminali che evadono.
Il gioco non funziona più. La divisione e la mobilità dei nostri cittadini è inafferrabile dalle semplici etichette classiste, eredità di un Ottocento strasepolto. Un apprendista che guadagna 20mila euro lordi l’anno, vedrà, grazie all’aumento dei contributi sociali, una busta paga più leggera di 162 euro l’anno. E se ne infischia delle tabelle di Visco che sostengono che egli possa avere un beneficio fiscale con un figlio a carico. Semplicemente non lo ha. E tantomeno vuole averlo sulle basi marxiane di un temporaneo vantaggio economico. Il proprietario di un Suv non necessariamente è più ricco di un elegante manager immobiliare che gira con una Fiat Idea, con relativo autista. Insomma fare a fette una società complessa come la nostra, e mettere buoni e cattivi su sponde separate è da folli.”

Maurizio Ferrera

Ma allora quali sono i tratti distintivi oggi del ceto medio? Maurizio Ferrera dice: “Nell’ultimo quindicennio il quadro è cambiato. La distribuzione dei redditi è diventata più diseguale e meno stabile: benessere e sicurezza non possono più esser dati per scontati dalla stragrande maggioranza delle famiglie.(…)Il rischio di mobilità discendente è aumentato per le fasce di reddito intermedie.
Alcuni sociologi (ad esempio Costanzo Ranci) hanno segnalato che l’area della vulnerabilità (intesa come impossibilità di affrontare un’avversità improvvisa con le risorse disponibili) si è estesa bel al di sopra delle convenzionali soglie di povertà e interessa ormai quasi la metà delle famiglie italiane”.

Il tentativo, come sta facendo il governo, di ridare stabilità al ceto medio utilizzando i tradizionali meccanismi re-distributivi  non risolve il problema della vulnerabilità sociale che è sempre meno inquadrabile in un’ottica di trasferimenti monetari e sempre più legata ad una domanda di servizi e di supporto alla persona.

Karl Marx

Il ricorso a concetti come : classe, ricchi, poveri, ceto medio è diventato molto più complesso. Anche perché (come diceva Marx) non basta la “classe in sé” per definire la collocazione sociale di una persona bensì occorre la “classe per sé”, ovvero l’autocoscienza della propria identità.
Il dato di fatto è che oggi le identità di classe “per sé” (come quelle ideologiche) hanno perso molto significato rispetto ad altre, che sono quelle territoriali, di genere, di religione, generazionali, etniche, sportive, professionali, di gruppo,ecc…
Come dice l’economista dei DS Nicola Rossi quello che occorreva fare era di re-distribuire opportunità e non redditi. L’idea di una re-distribuzione intesa solamente come ri-allocazione del potere d’acquisto corrente può funzionare in una società fordista-keynesiana ma è del tutto ininfluente se non dannosa in una società post-fordista e post-keynesiana come quella attuale.

Il motivo è che se oggi c’è una divisione in blocchi della società non è tanto e soltanto tra chi è ricco e chi è povero bensì tra chi è incluso nel sistema di protezioni sociali (insiders) e chi ne è escluso (out-siders).
Del primo fanno parte tutti gli operai e dipendenti pubblici sindacalizzati, le grandi imprese (private-pubbliche) che operano in regime di monopolio e di sussidi pubblici, i liberi  professionisti protetti dagli ordini professionali e tutti coloro che sono tutelati dal potere di lobby della loro categoria. I secondi sono le PMI che non usufruiscono di sussidi e aiuti di Stato e sono al costante ricatto tra la chiusura e il ricorso al sommerso, i giovani precari che lavorano con contratti para-subordinati perché non hanno nessun sindacato che li tutela, i liberi professionisti che non hanno alcuna lobby o corporazione che li protegge e tutti quei cittadini che per un minimo aumento del costo della vita (per via dell’inflazione o di un aumento delle  tasse) sono costretti a fare qualche lavoretto in nero per arrivare alla fine del mese.

Antony Giddens

Proprio a riguardo Pietro Ichino ha recentemente scritto un libro dal titolo : “A cosa serve il sindacato?”. Ma anche Antony Giddens, noto sociologo e teorico della “terza via” ha detto in una recente intervista al “Corriere” : “Il problema è che in Italia c’è  un mercato del lavoro diviso tra chi è protetto e chi non ha nessuna sicurezza. Questa non è giustizia sociale: superare tale divisione significa garantire l’equità e incrementare l’economia, come avvenuto nei paesi scandinavi. E poi c’è il mercato informale, sommerso che naturalmente significa tanti evasori(… )credo che “ricco” sia il termine sbagliato in effetti. E comunque bisogna stare molto attenti con queste definizioni (75 mila euro lordi l’anno come soglia di ricchezza), perché si riferiscono a persone singole e non a nuclei familiari: l’ineguaglianza non deve mai essere valutata considerando l’individuo ma il contesto”.

Le liberalizzazioni che si sono coraggiosamente fatte su alcune categorie (tassisti, farmacisti, notai, avvocati, ecc) sono state una misura che vanno contro questa divisione e cercano proprio di aiutare  (mediante una maggiore concorrenza) gli out-siders ad uscire da questa scomoda posizione dietro la quale si nasconde la più subdola forma di ingiustizia sociale.
Il motivo per cui si sono toccate queste categorie e non altre che avrebbero bisogno di simili interventi “liberalizzatori”  (come il pubblico impiego, i contratti collettivi di lavoro, le aziende municipalizzate, i monopoli pubblici,ecc..) è perché queste ultime sono il “bacino” elettorale che supporta questa maggioranza. Così ci troviamo di fronte al paradosso che: la destra accusa la sinistra di non liberalizzare in alcuni settori mentre protegge quelli che costituiscono il suo “serbatoio” elettorale e la sinistra fa altrettanto accusando la destra di essere poco aperta al mercato in alcuni settori guardandosi bene dall’aprirne altri!

Anche la lotta all’evasione fiscale rischia in tutto questo di essere vittima di una lettura “alterata” della realtà”. Si è concentrata tutta l’attenzione dell’evasione sui  commercianti, lavoratori  autonomi e liberi professionisti quando (dati alla mano) su 311 miliardi di evasione fiscale soltanto 4 provengono da queste categorie. Il grosso dell’evasione (200 miliardi di euro) proviene dal mondo del sommerso.
Qui dovremmo tornare al discorso di prima. Ma sappiamo quale potrà essere l’effetto di questo controllo fiscale sui cittadini che si farà sempre più serrato. Dice Massimo Lo Cicero nel “Riformista” : “l’annuncio di una crociata fiscale, dove la logica dei condoni viene sostituita dal recupero forzoso dell’evasione, genera un singolare paradosso. Sul piano contabile si punta, in entrambi i casi, a un prelievo patrimoniale sui patrimoni liquidi di chi ha omesso di dichiarare i propri flussi di reddito. L’annuncio di condoni eccita la coazione a ripetere dell’evasore; la minaccia di accertamento lo spinge a ravvedersi o a cambiare domicilio al proprio patrimonio. La seconda minaccia induce alla desistenza dalle decisioni di investimento”.
In conclusione,  l’attuale finanziaria basata sul mito re-distributivo  e della giustizia sociale si basa (in parte) su una determinata lettura della realtà (di cui alcune parti di questa maggioranza sono portatrici). Questa lettura risente di un “gap” culturale che legge ancora la società rigidamente suddivisa in classi sociali ben identificabili entro le quali le persone appartengono e individuabili mediante la professione ed il reddito dichiarato (e non dichiarato).

Ho esposto qui alcune ragioni che ci fanno vedere come in realtà la società attuale è molto più complessa e differenziata di quanto si creda e di come l’identità di classe ha perso molti dei significati che gli si dava nel secolo passato.
Gli obiettivi che si pongono le maggioranze politiche sono più che legittimi ed in coerenza con gli impegni elettorali presi. Quello che dobbiamo domandarci non è se gli obiettivi sono giusti o sbagliati ma se i mezzi usati saranno utili per il raggiungimento dei fini stessi. Se saranno efficaci a raggiungere tali obiettivi oppure no . Una lettura “alterata” della realtà rischia di rendere vani tali impegni.
 
Fonti e testi consigliati:

Pietro Ichino – A cosa serve il sindacato? – Mondatori
Francesco Gavazzi – Lobby d’Italia – BUR
Alberto Alesina- Francesco Gavazzi – Goodbye Europa – Rizzoli osservatorio
Il Riformista del 16 ottobre 2006, pag. 1
Il Giornale del 17 ottobre 2006, pag. 1
Il Gazzettino del 19 ottobre 2006, pag. 1


ALESSANDRO

CARAMIS

Nasce a Roma il 16 Novembre del 1977.
Si è lauerato in Sociologia nel 2001 con una tesi sul lancio editoriale di J.R.R. Tolkien in Italia grazie alla quale ha fatto da consulente alla Bompiani RCS.
E’ amante della musica jazz e blues, del buon cinema europeo ed americano e dei viaggi.
Si dichiara bibliofilo e ama tenersi costantemente informato sui fatti del mondo e della società.
Cura una personale raccolta di articoli di carta stampata dal 1999.
Attualmente vive ai Castelli Romani e collabora come assistente alla Facoltà di Scienze della Comunicazione alla Sapienza di Roma.

mikronet

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