MARIO MEROLA ’O CORE ‘E NAPOLE

Mario Merola nel ricordo appassionato e vibrante di Reno Bromuro.
I particolari inediti di  Quatt’anne, amore  e  l’indimenticabile
abbraccio
, tra i due, al Teatro a strisce a Roma sulla Cristoforo Colombo.

U N   V I A G G I O    U N A   V I T A

Mario Merola

(Reno Bromuro) –  Il mio incontro con Mario Merola, nato a Napoli il 6 aprile 1934 fu durante il 2° Festival della Canzone dei Postini, nel 1951. Era un ragazzetto con una carica umana e una volontà di riuscire a sfondare con la forza di cinquecento cavalli.
Si guadagnava da vivere lavorando al porto di Napoli come stivatore, cantando a voce spiegata senza azzittirsi un attimo, anche su incoraggiamento dei colleghi, che apprezzavano le sue doti canore.
Era uno dei tanti periodi neri della mia esistenza, scrivevo canzoni e racconti che vendevo per quattromila lire ad un barone che aveva la passione della scrittura e ci teneva ad essere conosciuto e ammirato come poeta.
Avevo scritto una canzonetta, ingenua ma d’effetto dal titolo “Quatt’anne, amore”  la cedetti al barone perché partecipasse al Festival della Canzone dei Postini.
La canzone fu scelta con mia grande meraviglia, ma Mario Abbate grande amico del “Pusilleco”, il quindicinale dove collaborava anche il barone (ed io, per volontà del fondatore e direttore Amedeo Greco, avevo le funzioni di Redattore capo), non volle cantarla; così anche Alberto Berri e Alberto Amato.
Sembrava che la canzone fosse destinata a non essere cantata, ma il maestro Cirillo, autore della musica, ci propose di ascoltare uno stivatore del porto di Napoli che aveva una voce duttile da educare ancora ma che certamente avrebbe fatto al nostro scopo.
Già so’ quatt’anne amore
Ca j’ moro ‘e gelosia…
Mario dopo averla ascoltata, diede un pugno sul pianoforte e gridò: chesta è ‘a canzone mia!  
E la canzone fu sua, la cantò con tanta passione che raccolse gli applausi più sentiti e calorosi, da far invidia ad Aurelio Fierro.
Negli anni Sessanta inizia a realizzare dischi e si esibisce in spettacoli, matrimoni, feste private, ma ha già alle spalle i cavalli di battaglia “Guapparia” e “Zappatore” ed inizia anche una carriera di talent scout; contribuisce, tra l’altro a far acquistare popolarità al giovanissimo Massimo Ranieri.
Tra gli anni Settanta e Ottanta rilancia la tradizionale “sceneggiata napoletana”, un canovaccio teatrale ispirato ad una canzone del repertorio popolare e di solito basato sulla triangolazione “essa, isso e ‘o malamente. Parallelamente inizia l’attività d’attore cinematografico in produzioni ispirate perlopiù a storie di cronaca nera, quali “Sgarro alla camorra” oppure le consuete sceneggiate come “Lacreme Napulitane.
Nel 1972 incide un LP e non dimentica la prima canzone che gli ha fatto capire il vero valore delle sue capacità canore e incide “So quatt’anne, amore” che porta la paternità del barone e del maestro Cirillo.
Ha un’attività frenetica, non si ferma un attimo, nemmeno per respirare, ed eccolo ancora in televisione, sia con gli spettacoli all’estero, sia in Europa e Nord America, lavora per lo più per un pubblico di origine italiana.
Degli anni Ottanta è il particolare successo di “Chiamate Napoli 081”. Negli anni Novanta, è vicino alle prime esperienze canore di Gigi D’Alessio che gli dedicherà poi la canzone Cient’anne! e interpreta il brano “Futtetenne” insieme al cantautore Cristiano Malgioglio. Nel 2000 partecipa come attore al film di Roberta Torre “Sud side story” e nel 2003 dà la voce al personaggio di Vincenzone nel film di animazione Totò Sapore e la magica storia della pizza” di Maurizio Forestieri. Negli ultimi anni si esibisce spesso insieme al figlio Francesco, anch’egli interprete e musicista.
Secondo quanto scritto dai sanitari, il grande cuore di Mario Merola si è fermato per sempre al quarto attacco cardiaco.

Mario Merola nel ricordo appassionato e vibrante di Reno Bromuro.
I particolari inediti di  Quatt’anne, amore  e  l’indimenticabile
abbraccio
, tra i due, al Teatro a strisce a Roma sulla Cristoforo Colombo.

U N   V I A G G I O    U N A   V I T A

Mario Merola

(Reno Bromuro) –  Il mio incontro con Mario Merola, nato a Napoli il 6 aprile 1934 fu durante il 2° Festival della Canzone dei Postini, nel 1951. Era un ragazzetto con una carica umana e una volontà di riuscire a sfondare con la forza di cinquecento cavalli.
Si guadagnava da vivere lavorando al porto di Napoli come stivatore, cantando a voce spiegata senza azzittirsi un attimo, anche su incoraggiamento dei colleghi, che apprezzavano le sue doti canore.
Era uno dei tanti periodi neri della mia esistenza, scrivevo canzoni e racconti che vendevo per quattromila lire ad un barone che aveva la passione della scrittura e ci teneva ad essere conosciuto e ammirato come poeta.
Avevo scritto una canzonetta, ingenua ma d’effetto dal titolo “Quatt’anne, amore”  la cedetti al barone perché partecipasse al Festival della Canzone dei Postini.
La canzone fu scelta con mia grande meraviglia, ma Mario Abbate grande amico del “Pusilleco”, il quindicinale dove collaborava anche il barone (ed io, per volontà del fondatore e direttore Amedeo Greco, avevo le funzioni di Redattore capo), non volle cantarla; così anche Alberto Berri e Alberto Amato.
Sembrava che la canzone fosse destinata a non essere cantata, ma il maestro Cirillo, autore della musica, ci propose di ascoltare uno stivatore del porto di Napoli che aveva una voce duttile da educare ancora ma che certamente avrebbe fatto al nostro scopo.
Già so’ quatt’anne amore
Ca j’ moro ‘e gelosia…
Mario dopo averla ascoltata, diede un pugno sul pianoforte e gridò: chesta è ‘a canzone mia!  
E la canzone fu sua, la cantò con tanta passione che raccolse gli applausi più sentiti e calorosi, da far invidia ad Aurelio Fierro.
Negli anni Sessanta inizia a realizzare dischi e si esibisce in spettacoli, matrimoni, feste private, ma ha già alle spalle i cavalli di battaglia “Guapparia” e “Zappatore” ed inizia anche una carriera di talent scout; contribuisce, tra l’altro a far acquistare popolarità al giovanissimo Massimo Ranieri.
Tra gli anni Settanta e Ottanta rilancia la tradizionale “sceneggiata napoletana”, un canovaccio teatrale ispirato ad una canzone del repertorio popolare e di solito basato sulla triangolazione “essa, isso e ‘o malamente. Parallelamente inizia l’attività d’attore cinematografico in produzioni ispirate perlopiù a storie di cronaca nera, quali “Sgarro alla camorra” oppure le consuete sceneggiate come “Lacreme Napulitane.
Nel 1972 incide un LP e non dimentica la prima canzone che gli ha fatto capire il vero valore delle sue capacità canore e incide “So quatt’anne, amore” che porta la paternità del barone e del maestro Cirillo.
Ha un’attività frenetica, non si ferma un attimo, nemmeno per respirare, ed eccolo ancora in televisione, sia con gli spettacoli all’estero, sia in Europa e Nord America, lavora per lo più per un pubblico di origine italiana.
Degli anni Ottanta è il particolare successo di “Chiamate Napoli 081”. Negli anni Novanta, è vicino alle prime esperienze canore di Gigi D’Alessio che gli dedicherà poi la canzone Cient’anne! e interpreta il brano “Futtetenne” insieme al cantautore Cristiano Malgioglio. Nel 2000 partecipa come attore al film di Roberta Torre “Sud side story” e nel 2003 dà la voce al personaggio di Vincenzone nel film di animazione Totò Sapore e la magica storia della pizza” di Maurizio Forestieri. Negli ultimi anni si esibisce spesso insieme al figlio Francesco, anch’egli interprete e musicista.
Secondo quanto scritto dai sanitari, il grande cuore di Mario Merola si è fermato per sempre al quarto attacco cardiaco.

Mario Merola durante una registrazione radio alla Rai

 Mario Merola è stato un vero e proprio re della sceneggiata napoletana che ha contribuito tra gli anni settanta e ottanta al successo del genere in tutti i campi dello spettacolo. Esordisce con la canzone di cui ho parlato più su, ma il grande esordio lo ha con la canzone, “Malu Figliu”, inserita in uno sceneggiato che lo vede protagonista. Ottenuto il grande successo per cui aveva lavorato per ventenni  decide di dedicarsi esclusivamente al campo dello spettacolo.
Grazie alla sua bravura alla sua testardaggine, ma soprattutto al suo carisma, la sceneggiata inizia a imporsi fuori dall’ambiente napoletano, affermandosi persino negli USA, dove vivono molti italiani emigrati dal sud. Nel 1973 il cantante e attore, recita per la prima volta per il grande schermo nel film di Ettore Maria Fizzarotti, come ho già detto “Sgarro alla camorra”.
Raggiunge la massima popolarità e ottiene i suoi migliori ruoli, in una serie di pellicole dirette per la maggior parte da Alfonso Brescia con il quale collaborerà fino al 1982 con il film “I figli so’ piezz’’e core”.
Peccato che il suo successo va di pari passo con la malattia. Un’insufficienza renale che lo porta a sottoporsi alla dialisi periodicamente e, a mio avviso, se al pronto soccorso dell’ospedale di Napoli dove si erano presentati per i primi soccorsi, invece di mandarlo all’ospedale di Castellammare di Stabia, gli avessero praticato la dialisi e poi trasferito, forse Mario sarebbe ancora tra noi. Perciò non c’è da meravigliarsi che il suo cuore si sia fermato solo al quarto infarto.
E’ vissuto come uno dei tanti personaggi interpretati sullo schermo, come se la vita fosse un’avventura che va vissuta per dare gioia e serenità a chi la cercava.
Non è stato mai geloso di nessun collega di lavoro, al contrario, li ha aiutati e continuato anche dal suo programma televisivo, trasmesso da un’emittente locale e satellitare, riscuotendo successo d’ascolto. In questo programma gravavano intorno a lui i giovani, che volevano entrare nel mondo della canzone napoletana che lui solo  quella riconosceva come tale.
Una dimostrazione d’affetto che gli ammiratori nutrivano per lui è stata testimonia-ta dalla canzone “Cient’anne” che Gigi D’Alessio gli ha dedicato e che subito diventò famosa. Questa è stata una delle tante dimostrazioni d’affetto che Napoli gli ha tributato.

Reno BromuroIo ti ricordo come quel giorno d’aprile
quando ti vidi spavaldo e sicuro di te quando gridasti: Chesta è ‘a canzone mia! e quando c’incontrammo al Teatro a strisce sulla Cristoforo Colombo, a Roma, dove rappresentavi Zappatore  era il 1977; erano passati, da quel giorno di aprile, ventisei anni, eppure appena mi vedesti socchiudesti gli occhi come chi vede un’immagine da sempre e improvvisamente non recepisce se è vera oppure è la stessa che lo segue da anni, poi ridendo dicesti con la voce trasognata: Ma tu, sei Nabrom?!  ‘O ssaje che nun si cagnate pe’ niente?  Me pare ‘nu giagliumgiello comm’a tanne!   e mi stringesti in un abbraccio che non ho dimenticato e non credo che dimenticherò mai.
Ciao, Mario, che Dio ti accolga nel suo Coro degli Angeli !

Reno Bromuro

Roma, 13 novembre 2006

mikronet

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