CONSIDERAZIONI INTORNO AL CASO WELBY

“La fattoria degli animali” a cura di Alessandro Caramis

Questa rubrica (dal nome del celebre libro di George Orwell) intende affrontare fatti di rilevante attualità attraverso un taglio sociologico. Andare “oltre il pensiero” può voler dire anche andare oltre le categorie comuni di interpretazione della realtà.
Prendendo a prestito categorie e strumenti dalle scienze sociali si cercherà, manifestando apertamente i propri principi di preferenza personale, di leggere i fenomeni sociali che ci circondano con un’inedita “lente di ingrandimento” sul dibattito politico, economico e culturale odierno
.

LAICI  E  CATTOLICI :

UNA  DISTINZIONE  INGANNEVOLE ?

di     A L E S S A N D R O   C A R A M I S

Welby

L’ultima questione inerente il caso “Welby” sembra aver riproposto, come ai tempi del referendum sulla fecondazione medicalmente assistita  l’annosa questione italiana tra laici e cattolici.
Non passa questione infatti, sui temi di bioetica (dalla fecondazione assistita all’aborto, dalla ricerca sugli embrioni alla pillola RU486, dall’eutanasia all’accanimento terapeutico) che il dibattito politico e l’agenda setting dei massi-media non  si presenti come un conflitto o una contesa tra laici e cattolici. Per laici si delimitano tutti coloro che (in temi di bioetica) sono per una posizione più “aperturista”, indifferenti o contrari alle opinioni della Chiesa Cattolica e addirittura con tinture anticlericali. Per cattolici si intendono tutti coloro che sono favorevoli ad una legislazione più proibizionista e repressiva, inclini a tradurre i dettami della CEI e del Vaticano in leggi dello Stato e con una posizione oscurantista.

Quello che sostengo in questo articolo è che questa divisione oltre a non fotografare la realtà sociale italiana è vittima di un grave errore semantico che assegna al termine laico ed al termine cattolico due significati opposti, configgenti e poco conciliabili.
Allo stesso modo appaiono confuse quelle posizioni che, in maniera più conciliante, non fanno altro che rilanciare il dialogo tra laici e cattolici come se fossero sempre due gruppi sociali, ben distinti ed identificabili.

Le responsabilità di questo equivoco sono sia dei media, che per esigenze di semplificazione tendono a ridurre il significato di questi due termini nei modi sopra elencati e sia di alcuni politici come i teo-dem e i teo-con (trasversali agli schieramenti attuali) che intendono sostituire le ideologie passate con una nuova ideologia ed appartenenza cristiana.
A questa tendenza si è recentemente richiamato il Cardinal Dionigi Tettamanzi al convegno della CEI che, con buona pace dei teo-con, teo-dem ed atei devoti, ha esortato i cristiani ad essere riconosciuti tali  più per le loro opere che per un proclamata professione di fede. Un chiaro invito alla coerenza da parte di chi si professa  tanto cristiano a parole ma poco nella pratica quotidiana.

Allo stesso equivoco contribuiscono quei cosiddetti laici (come Flores D’Arcais o Eugenio Scalfari) che identificano se stessi come convinti atei o agnostici e che credono ancora che la religione ed i suoi punti di vista debbano rimanere escluse dalla vita pubblica, confinate nel privato e che non debbano mettere voce alcunché nelle difficili questioni di bioetica che animano le preoccupazioni e le speranze delle persone.

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“La fattoria degli animali” a cura di Alessandro Caramis

Questa rubrica (dal nome del celebre libro di George Orwell) intende affrontare fatti di rilevante attualità attraverso un taglio sociologico. Andare “oltre il pensiero” può voler dire anche andare oltre le categorie comuni di interpretazione della realtà.
Prendendo a prestito categorie e strumenti dalle scienze sociali si cercherà, manifestando apertamente i propri principi di preferenza personale, di leggere i fenomeni sociali che ci circondano con un’inedita “lente di ingrandimento” sul dibattito politico, economico e culturale odierno
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LAICI  E  CATTOLICI :

UNA  DISTINZIONE  INGANNEVOLE ?

di     A L E S S A N D R O   C A R A M I S

Welby

L’ultima questione inerente il caso “Welby” sembra aver riproposto, come ai tempi del referendum sulla fecondazione medicalmente assistita  l’annosa questione italiana tra laici e cattolici.
Non passa questione infatti, sui temi di bioetica (dalla fecondazione assistita all’aborto, dalla ricerca sugli embrioni alla pillola RU486, dall’eutanasia all’accanimento terapeutico) che il dibattito politico e l’agenda setting dei massi-media non  si presenti come un conflitto o una contesa tra laici e cattolici. Per laici si delimitano tutti coloro che (in temi di bioetica) sono per una posizione più “aperturista”, indifferenti o contrari alle opinioni della Chiesa Cattolica e addirittura con tinture anticlericali. Per cattolici si intendono tutti coloro che sono favorevoli ad una legislazione più proibizionista e repressiva, inclini a tradurre i dettami della CEI e del Vaticano in leggi dello Stato e con una posizione oscurantista.

Quello che sostengo in questo articolo è che questa divisione oltre a non fotografare la realtà sociale italiana è vittima di un grave errore semantico che assegna al termine laico ed al termine cattolico due significati opposti, configgenti e poco conciliabili.
Allo stesso modo appaiono confuse quelle posizioni che, in maniera più conciliante, non fanno altro che rilanciare il dialogo tra laici e cattolici come se fossero sempre due gruppi sociali, ben distinti ed identificabili.

Le responsabilità di questo equivoco sono sia dei media, che per esigenze di semplificazione tendono a ridurre il significato di questi due termini nei modi sopra elencati e sia di alcuni politici come i teo-dem e i teo-con (trasversali agli schieramenti attuali) che intendono sostituire le ideologie passate con una nuova ideologia ed appartenenza cristiana.
A questa tendenza si è recentemente richiamato il Cardinal Dionigi Tettamanzi al convegno della CEI che, con buona pace dei teo-con, teo-dem ed atei devoti, ha esortato i cristiani ad essere riconosciuti tali  più per le loro opere che per un proclamata professione di fede. Un chiaro invito alla coerenza da parte di chi si professa  tanto cristiano a parole ma poco nella pratica quotidiana.

Allo stesso equivoco contribuiscono quei cosiddetti laici (come Flores D’Arcais o Eugenio Scalfari) che identificano se stessi come convinti atei o agnostici e che credono ancora che la religione ed i suoi punti di vista debbano rimanere escluse dalla vita pubblica, confinate nel privato e che non debbano mettere voce alcunché nelle difficili questioni di bioetica che animano le preoccupazioni e le speranze delle persone.

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Claudio Magris

A  smentire questo equivoco  semantico e culturale che influenza anche le identità culturali a cui si richiamano le persone cito due illuminanti affermazioni di autori altrettanto noti.
Secondo lo scrittore Claudio Magris  “il termine “laico” non indica affatto l’opposto di cattolico o di credente e non indica di per sé, né un credente né un agnostico né un ateo.
La laicità è un abito mentale, la capacità di distinguere ciò che è dimostrabile razionalmente da ciò che può essere invece solo oggetto di fede e di distinguere le sfere di ambiti delle diverse competenze, ciò che spetta allo Stato e ciò che spetta alla Chiesa, ciò che compete alla legge e ciò che comporta alla morale e così via.”

Anche un grande laico come Norberto Bobbio affermò a proposito: “La laicità non coincide con alcuna filosofia o ideologia ma è l’attitudine critica ad articolare le proprie convinzioni secondo regole e principi logici che non possono essere condizionati, nella loro coerenza , da alcuna fede religiosa o politica, senza cadere in un pasticcio oscurantista (…)
Tante volte politici anticlericali si sono rivelati faziosi e intolleranti come i sanfedisti e dunque niente affatto laici, perché laicità significa innanzitutto tolleranza, dubbio rivolto alle proprie certezze, autoironia, demistificazione di tutti gli idoli, anche i propri.
Un laico –credente o no – dinnanzi alla formulazione di una legge non deve essere condizionato da alcuna Chiesa, né positivamente né negativamente”.

Norberto Bobbio - foto da www.lainsignia.org

Bobbio è un grande laico, non nel senso stupido e scorretto in cui viene correntemente usata questa parola, quasi significasse l’opposto di credente o religioso
Bobbio ha insegnato che laicità non è un credo filosofico specifico, ma la capacità di distinguere le sfere delle diverse competenze, ciò che spetta alla  Chiesa da ciò che spetta allo Stato. Ciò che è norma morale da ciò che è norma giuridica. Ciò che è oggetto di fede da ciò che è oggetto di discussione. Essere laici è un modo di articolare il pensiero. Esercitare il dubbio metodico, il rigore critico, anche su se stessi e sulle proprie convinzioni. Tutta la cultura è laica anche quella cattolica (Magris).

Il problema è che oggi chi si sente laico tende a provare fastidio verso qualsiasi richiamo alla coscienza e voce critica proveniente da sacerdoti e vescovi  nelle grandi questioni di bioetica (anche senza richiamarsi alla legge), mentre che chi si sente cattolico tende ad accettare acriticamente le indicazioni che provengono dalla CEI ed a voler tradurre in leggi le disposizioni religiose tali da far coincidere il peccato con il  reato.
La caratteristica italiana (come notava già Franco Ferrarotti) consiste nel fatto che siamo stati un paese che si è liberato dalla cultura cattolica tradizionale senza diventare laico. Abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci dica cosa fare , che deve indicarci la strada da percorrere (partito, sindacato, lobby, opinione pubblica, corporazione e così via).

Giuliano Amato

Dall’altra parte sta sorgendo comunque un riaffiorare di sensibilità verso  la fede, ma le questioni religiose non si configurano automaticamente come adesione acritica ai dettami dell’Istituzione.
Giuliano Amato descrive questo fenomeno come: “believing without  belonging  (credenza senza appartenenza) il che non significa disconoscimento della propria (ad esempio) cristianità, ma piuttosto un rifiuto di quelle prescrizioni accattate soltanto per obbedienza.
Quanto più viene legalmente facilitata la rottura della famiglia, tanto più si è ripreso a percepirne la responsabilità e il valore. Quanto più viene facilitato l’aborto, tanto più si avverte che l’interruzione di gravidanza è una scelta profondamente tragica” . La stessa cosa, può valere per la fecondazione medicalmente assistita, la ricerca sugli embrioni, l’eutanasia, ecc. dove non c’è un gruppo di persone ciniche e indifferenti alle recenti questioni sulla bioetica che si contrappone ad un altro gruppo  oscurantista e dogmatico che è acriticamente influenzato dalle opinioni del Cardinal Ruini.

Oggi ci sono questioni nuove come: lo statuto ontologico dell’embrione umano disponibile oggi al di fuori del corpo della donna e della madre; il tema della famiglia naturale o tradizionale dinanzi alle nuove tipologie di famiglia e di convivenza che il mondo di oggi propone; la denuncia dei rischi di disumanizzazione che un’applicazione acritica della tecnologia alla riproduzione umana o alla vita in una fase terminale o sottoposta a gravi sofferenze comporta.
Queste sono questioni che (come giustamente dice Piero Fassino) interrogano la coscienza non solo di chi ha un credo religioso ma anche un pensiero laico. Inquietudini diffuse nell’umanità contemporanea, che sarebbe sbagliato liquidare come reazionarie ed oscurantiste.

Habermas - foto da www.marxist.org

Dal filosofo Habermas possiamo e dobbiamo raccogliere l’appello a non lasciarsi alla sola, spontaneistica interazione tra scienza e mercato  nella definizione delle regole e dei limiti dell’applicazione delle tecnologie alla riproduzione umana e a promuovere la doverosa assunzione di responsabilità da parte della politica.
Sulle radici cristiane dell’Europa lo stesso Habermas dice: Il dato di fatto indiscutibile che la cultura europea abbia radici profonde nel cristianesimo, non può vincolare la collettività politica dei cittadini europei elusivamente a valori di base cristiani(…)ritengo che lo Stato liberale, nel suo interesse, dovrebbe servirsi con cautela di tutte le risorse che possono alimentare la sensibilità morale dei suoi cittadini.

Stefano Rodotà

Lo stesso Rodotà in linea con queste affermazioni sottolinea come : “La mia laicità non è contrapposta alla religiosità, è piuttosto laicità come modo di essere della società e della politica che può dare alla religiosità un ruolo proprio nella società. E’ una laicità che non si pone come elemento conflittuale, ma come elemento di composizione di una realtà multiforme ala quale dobbiamo fare riferimento”.

Queste riflessioni non riflettono le opinioni di pochi. Nonostante una parte delle persone e dei gruppi sociali tende a vedere ancora i due termini inconciliabili ed a identificarsi nell’uno o nell’altro. Nonostante alcuni esponenti politici utilizzano la perdita di significato delle appartenenze ideologiche o di classe del passato sostituendo ad esse nuovi significati che strumentalizzano la fede nella lotta e nel dibattito politico-culturale odierno; la maggioranza delle persone  la pensa diversamente. Da un recente sondaggio fatto sulla popolazione italiana emerge come la maggior parte delle persone dichiara che per definirsi “cattolica” non sia necessario seguire acriticamente i dettami morali della Chiesa. Nonostante ciò, esse  sono favorevoli al fatto che la Chiesa Cattolica conduca le sue battaglie etico-morali anche nell’agone politico.

Un laico perciò, può benissimo essere anche cattolico ed un cattolico può benissimo essere un laico.

Cardinal Martini

Concludo con una citazione del Cardinal Martini nel suo colloquio con un importante medico cattolico Dott. Marino (oggi eletto  indipendente nelle liste dei DS) sulle questioni di bioetica attuali:
A mio avviso non serviranno tanto i divieti e i no, soprattutto se prematuri, anche se bisognerà qualche volta saperli dire. Ma servirà soprattutto una formazione della mente e del cuore a rispettare, amare e servire la dignità della persona in ogni sua manifestazione, con la certezza che ogni essere umano e’ destinato a partecipare alla pienezza della vita divina e che questo può richiedere anche sacrifici e rinunce.
Non si tratta di oscillare tra rigorismo e lassismo, ma di dare le motivazioni spirituali che inducono ad amare il prossimo come se stessi, anzi come Dio ci ha amato e anche a rispettare e ad amare il nostro corpo

Fonti e links  utili:


ALESSANDRO

CARAMIS

Nasce a Roma il 16 Novembre del 1977.
Si è lauerato in Sociologia nel 2001 con una tesi sul lancio editoriale di J.R.R. Tolkien in Italia grazie alla quale ha fatto da consulente alla Bompiani RCS.
E’ amante della musica jazz e blues, del buon cinema europeo ed americano e dei viaggi.
Si dichiara bibliofilo e ama tenersi costantemente informato sui fatti del mondo e della società.
Cura una personale raccolta di articoli di carta stampata dal 1999.
Attualmente vive ai Castelli Romani e collabora come assistente alla Facoltà di Scienze della Comunicazione alla Sapienza di Roma.

mikronet

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