LA DOMENICA DELLE PALME E LA SETTIMANA SANTA
LA FESTA MISTICA E PROFANA
LA PASQUA A TAVOLA
PER CONIUGARE TRADIZIONE E RISPARMIO
P A S Q U A T R A S A C R O E P R O F A N O
di Reno Bromuro
di Reno Bromuro
Come sapete la Pasqua non si festeggia tutti gli anni alla stessa data. La decisone di festeggiarla la prima domenica dopo la prima luna piena dell’equinozio del 21 marzo, è avvenuta nel 325. Quella decisione ci chiarisce definitivamente che la Pasqua cade tra il 22 marzo ed il 25 aprile.
La Pasqua inizia con la domenica di Passione che precede quella dell’entrata di Gesù a Gerusalemme che noi ricordiamo come domenica delle Palme, cioè la domenica prima della Pasqua e,con la domenica delle Palme inizia la Settimana Santa.
Ricordo che dopo i festeggiamenti della domenica delle Palme, nelle chiese venivano coperte le statue e i quadri delle rappresentazioni sacre, nonché si cambiava il batocchio delle campane sostituendolo con uno di legno.
«Al mio paese, Paduli in provincia di Benevento, si chiariva il tutto con poche parole: ‘a Settimana Santa s’attaccano ‘e campane e se coprono le statue. Intanto nella chiesa madre Abbazia di S. Bartolomeo ci si preparava all’alternarsi dei riti religiosi che illustrano la vita di Gesù, erano… sono sempre molto suggestivi. Venivano i Padri Passionisti a spiegare il vangelo. Si esibivano in vere e proprie manifestazioni teatrali, la cui coreografia e impostazione della voce, colpiva i bambini e i giovanissimi, ma non mancavano scene di viva partecipazione da parte degli anziani. Immaginate un frate che si atteggia a Vittorio Gassman, dritto sul pulpito (preparato per l’occasione, su tappeti pregiati e attorniato da piante in germoglio, di lenticchia e di grano appena sbocciate, seminate il primo giorno di quaresima apposta per la funzione pasquale), guardare fisso negli occhi a uno a uno i presenti, trafiggerli con lo sguardo, poi lentamente avvicinarsi al crocefisso, alto circa un metro e mezzo, posto alla sua sinistra ed esplodere: Tu. Sei stato tu che hai conficcato il chiodo nella mano sinistra di Cristo; tu per aver disertato la messa; ed io, per toglierti questo peccato tolgo il chiodo. Estraeva con una lentezza teatrale il chiodo, guardava fisso uno dei presenti ed tuonava: Eccolo il tuo peccato! E buttava con forza il chiodo sul pulpito, con la maestria di un lanciatore di coltelli, perché il chiodo si conficcava nel legno dell’impalcatura e andava avanti con un chiodo per volta fino alla ferita del costato, facendo raggelare il sangue nelle vene a tutti i presenti…
Ricordo che dopo i festeggiamenti della domenica delle Palme, nelle chiese venivano coperte le statue e i quadri delle rappresentazioni sacre, nonché si cambiava il batocchio delle campane sostituendolo con uno di legno.
«Al mio paese, Paduli in provincia di Benevento, si chiariva il tutto con poche parole: ‘a Settimana Santa s’attaccano ‘e campane e se coprono le statue. Intanto nella chiesa madre Abbazia di S. Bartolomeo ci si preparava all’alternarsi dei riti religiosi che illustrano la vita di Gesù, erano… sono sempre molto suggestivi. Venivano i Padri Passionisti a spiegare il vangelo. Si esibivano in vere e proprie manifestazioni teatrali, la cui coreografia e impostazione della voce, colpiva i bambini e i giovanissimi, ma non mancavano scene di viva partecipazione da parte degli anziani. Immaginate un frate che si atteggia a Vittorio Gassman, dritto sul pulpito (preparato per l’occasione, su tappeti pregiati e attorniato da piante in germoglio, di lenticchia e di grano appena sbocciate, seminate il primo giorno di quaresima apposta per la funzione pasquale), guardare fisso negli occhi a uno a uno i presenti, trafiggerli con lo sguardo, poi lentamente avvicinarsi al crocefisso, alto circa un metro e mezzo, posto alla sua sinistra ed esplodere: Tu. Sei stato tu che hai conficcato il chiodo nella mano sinistra di Cristo; tu per aver disertato la messa; ed io, per toglierti questo peccato tolgo il chiodo. Estraeva con una lentezza teatrale il chiodo, guardava fisso uno dei presenti ed tuonava: Eccolo il tuo peccato! E buttava con forza il chiodo sul pulpito, con la maestria di un lanciatore di coltelli, perché il chiodo si conficcava nel legno dell’impalcatura e andava avanti con un chiodo per volta fino alla ferita del costato, facendo raggelare il sangue nelle vene a tutti i presenti…
segue …>>
LA FESTA MISTICA E PROFANA
LA PASQUA A TAVOLA
PER CONIUGARE TRADIZIONE E RISPARMIO
P A S Q U A T R A S A C R O E P R O F A N O
di Reno Bromuro
di Reno Bromuro
Come sapete la Pasqua non si festeggia tutti gli anni alla stessa data. La decisone di festeggiarla la prima domenica dopo la prima luna piena dell’equinozio del 21 marzo, è avvenuta nel 325. Quella decisione ci chiarisce definitivamente che la Pasqua cade tra il 22 marzo ed il 25 aprile.
La Pasqua inizia con la domenica di Passione che precede quella dell’entrata di Gesù a Gerusalemme che noi ricordiamo come domenica delle Palme, cioè la domenica prima della Pasqua e,con la domenica delle Palme inizia la Settimana Santa.
Ricordo che dopo i festeggiamenti della domenica delle Palme, nelle chiese venivano coperte le statue e i quadri delle rappresentazioni sacre, nonché si cambiava il batocchio delle campane sostituendolo con uno di legno.
«Al mio paese, Paduli in provincia di Benevento, si chiariva il tutto con poche parole: ‘a Settimana Santa s’attaccano ‘e campane e se coprono le statue. Intanto nella chiesa madre Abbazia di S. Bartolomeo ci si preparava all’alternarsi dei riti religiosi che illustrano la vita di Gesù, erano… sono sempre molto suggestivi. Venivano i Padri Passionisti a spiegare il vangelo. Si esibivano in vere e proprie manifestazioni teatrali, la cui coreografia e impostazione della voce, colpiva i bambini e i giovanissimi, ma non mancavano scene di viva partecipazione da parte degli anziani. Immaginate un frate che si atteggia a Vittorio Gassman, dritto sul pulpito (preparato per l’occasione, su tappeti pregiati e attorniato da piante in germoglio, di lenticchia e di grano appena sbocciate, seminate il primo giorno di quaresima apposta per la funzione pasquale), guardare fisso negli occhi a uno a uno i presenti, trafiggerli con lo sguardo, poi lentamente avvicinarsi al crocefisso, alto circa un metro e mezzo, posto alla sua sinistra ed esplodere: Tu. Sei stato tu che hai conficcato il chiodo nella mano sinistra di Cristo; tu per aver disertato la messa; ed io, per toglierti questo peccato tolgo il chiodo. Estraeva con una lentezza teatrale il chiodo, guardava fisso uno dei presenti ed tuonava: Eccolo il tuo peccato! E buttava con forza il chiodo sul pulpito, con la maestria di un lanciatore di coltelli, perché il chiodo si conficcava nel legno dell’impalcatura e andava avanti con un chiodo per volta fino alla ferita del costato, facendo raggelare il sangue nelle vene a tutti i presenti…
Ricordo che dopo i festeggiamenti della domenica delle Palme, nelle chiese venivano coperte le statue e i quadri delle rappresentazioni sacre, nonché si cambiava il batocchio delle campane sostituendolo con uno di legno.
«Al mio paese, Paduli in provincia di Benevento, si chiariva il tutto con poche parole: ‘a Settimana Santa s’attaccano ‘e campane e se coprono le statue. Intanto nella chiesa madre Abbazia di S. Bartolomeo ci si preparava all’alternarsi dei riti religiosi che illustrano la vita di Gesù, erano… sono sempre molto suggestivi. Venivano i Padri Passionisti a spiegare il vangelo. Si esibivano in vere e proprie manifestazioni teatrali, la cui coreografia e impostazione della voce, colpiva i bambini e i giovanissimi, ma non mancavano scene di viva partecipazione da parte degli anziani. Immaginate un frate che si atteggia a Vittorio Gassman, dritto sul pulpito (preparato per l’occasione, su tappeti pregiati e attorniato da piante in germoglio, di lenticchia e di grano appena sbocciate, seminate il primo giorno di quaresima apposta per la funzione pasquale), guardare fisso negli occhi a uno a uno i presenti, trafiggerli con lo sguardo, poi lentamente avvicinarsi al crocefisso, alto circa un metro e mezzo, posto alla sua sinistra ed esplodere: Tu. Sei stato tu che hai conficcato il chiodo nella mano sinistra di Cristo; tu per aver disertato la messa; ed io, per toglierti questo peccato tolgo il chiodo. Estraeva con una lentezza teatrale il chiodo, guardava fisso uno dei presenti ed tuonava: Eccolo il tuo peccato! E buttava con forza il chiodo sul pulpito, con la maestria di un lanciatore di coltelli, perché il chiodo si conficcava nel legno dell’impalcatura e andava avanti con un chiodo per volta fino alla ferita del costato, facendo raggelare il sangue nelle vene a tutti i presenti…
segue …>>
Rammento che dal momento in cui le “campane erano state attaccate” non si potevano mangiare né cibi grassi (salame, prosciutto e nocchie), né dolci di nessun genere e, per noi bambini, già provati dalla fame imposta dalla guerra aspettavamo le feste per mangiare, perché in quei giorni il cibo usciva e come se usciva! Quindi non dormivamo la notte aspettando le diciannove del sabato santo per correre nelle dispense e “arraffare” quello che si trovava. Soprattutto, però ci era dato campo libero con le uova soda preparate dalla nonna e dalle zie». (da «Paduli sul Calore – Origine Tradizione – Superstizione» di Reno Bromuro – C.E. Menna – Avellino)
Con l’avvento di Papa Giovanni Paolo II, la Domenica delle Palme è diventata il giorno della gioventù, affinché i giovani di tutto il mondo potessero andare incontro a Cristo desiderando di accompagnarlo nelle loro città e nei loro paesi: Egli è in mezzo a noi e stabilisce nel mondo la Pace.
Se vogliamo andare incontro a Gesù e poi camminare insieme con Lui sulla sua strada, dobbiamo chiedere: Che via è quella su cui Egli intende guidarci? Che cosa ci aspettiamo da Lui? Che cosa Egli s’aspetta da noi?
Per capire ciò che avvenne nella Domenica delle Palme e sapere perché essa, si rivela importante, perché diventò anche per i suoi discepoli la chiave per la comprensione dell’evento quando, dopo la Pasqua, ripercorsero con uno sguardo nuovo quelle giornate tumultuose? Gesù entra nella Città Santa cavalcando un asino, in primo luogo dice che Egli sarà un re dei poveri, un povero tra i poveri e per i poveri. La povertà s’intende in questo caso nel senso degli anawim d’Israele, che incontriamo intorno a Gesù nella prospettiva della prima Beatitudine del Discorso della montagna quando c’insegnò a pregare.
La libertà interiore è il presupposto per il superamento della corruzione e dell’avidità che ormai devastano il mondo; tale libertà può essere trovata soltanto se Dio diventa la nostra ricchezza; può essere trovata soltanto nella pazienza delle rinunce quotidiane, nelle quali essa si sviluppa come libertà vera, dove Cristo facendosi Egli stesso il nostro pane si dona a noi. Poiché il Signore viene, noi usciamo dai nostri particolarismi esclusivi ed entriamo nella grande comunità di tutti coloro che celebrano il santo sacramento.
Per capire ciò che avvenne nella Domenica delle Palme e sapere perché essa, si rivela importante, perché diventò anche per i suoi discepoli la chiave per la comprensione dell’evento quando, dopo la Pasqua, ripercorsero con uno sguardo nuovo quelle giornate tumultuose? Gesù entra nella Città Santa cavalcando un asino, in primo luogo dice che Egli sarà un re dei poveri, un povero tra i poveri e per i poveri. La povertà s’intende in questo caso nel senso degli anawim d’Israele, che incontriamo intorno a Gesù nella prospettiva della prima Beatitudine del Discorso della montagna quando c’insegnò a pregare.
La libertà interiore è il presupposto per il superamento della corruzione e dell’avidità che ormai devastano il mondo; tale libertà può essere trovata soltanto se Dio diventa la nostra ricchezza; può essere trovata soltanto nella pazienza delle rinunce quotidiane, nelle quali essa si sviluppa come libertà vera, dove Cristo facendosi Egli stesso il nostro pane si dona a noi. Poiché il Signore viene, noi usciamo dai nostri particolarismi esclusivi ed entriamo nella grande comunità di tutti coloro che celebrano il santo sacramento.
La Domenica delle Palme, però, ci dice che il vero grande AMORE è proprio la Croce, il vero albero della vita. L’amore è donare se stessi, e per questo la via della vita vera è simboleggiata dalla Croce. (Dalla Segreteria Episcopale)
E’ il lunedì della Settimana Santa perciò ricordo come viene ricordata la festa della cristianità più importante del ciclo liturgico, perché riviviamo il passaggio dal dolore più profondo “alla sofferenza, alla morte e, infine al tripudio della gioia più incontenibile per la Resurrezione di Gesù”.
Nella festa pasquale si sovrappongono e si intrecciano le tradizioni ebraiche, infatti, la stessa parola nasce dall’ebraico Pèsach che significa (passaggio), parola accolta poi dal latino con il termine Pascha. La Pasqua ricorda la liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto, fra cui la celebrazione dell’arrivo della primavera e il ritorno alla vita, in tutte le sue manifestazioni.
Come ho già accennato, in Italia il rito pasquale inizia il Venerdì Santo, giorno in cui si ricorda l’Ultima Cena e la morte di Gesù Cristo.
E’ il lunedì della Settimana Santa perciò ricordo come viene ricordata la festa della cristianità più importante del ciclo liturgico, perché riviviamo il passaggio dal dolore più profondo “alla sofferenza, alla morte e, infine al tripudio della gioia più incontenibile per la Resurrezione di Gesù”.
Nella festa pasquale si sovrappongono e si intrecciano le tradizioni ebraiche, infatti, la stessa parola nasce dall’ebraico Pèsach che significa (passaggio), parola accolta poi dal latino con il termine Pascha. La Pasqua ricorda la liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto, fra cui la celebrazione dell’arrivo della primavera e il ritorno alla vita, in tutte le sue manifestazioni.
Come ho già accennato, in Italia il rito pasquale inizia il Venerdì Santo, giorno in cui si ricorda l’Ultima Cena e la morte di Gesù Cristo.
In questo giorno si può assistere a processioni per le strade delle città dove si rappresenta, la Via Crucis, cioè il percorso di Cristo per il Monte Calvario.
Ma il vero rito pasquale aveva inizio la sera del Giovedì Santo con la celebrazione della Messa vespertina e si ricordava l’ultima cena di Gesù in una funzione eucaristica attraverso il ministero sacerdotale del rito della lavanda dei piedi. Dopo la Messa, l’Eucaristia veniva esposta all’adorazione dei fedeli, incorniciata da piantine (che donne devote avevano già preparato il mercoledì delle ceneri), si susseguivano poi ininterrottamente preghiere fino al mezzogiorno del Venerdì.
Nel pomeriggio aveva luogo la Celebrazione della Passione di Gesù Cristo, e s’invitavano i fedeli all’adorazione della Croce.
Ad Amalfi la sera di venerdì si svolge la processione dei battenti, dedicata al Cristo Morto.
«A Roma, riferisce la segreteria della prefettura della Casa Pontificia, la Via Crucis è celebrata dal Papa, ed è molto sentita e seguita al mondo, un evento di grande interesse spirituale, trasmesso in diretta in mondovisione.
La Via Crucis che celebra il Papa percorre l’antica strada romana che, parte ndo dal Colosseo raggiunge le pendici del Colle Palatino, tra due ali di folla, che ogni anno si calcola costituita da almeno trentamila fedeli.
Il Sabato Santo è il giorno del ricordo di Gesù nel sepolcro e si mantiene il silenzio dell’attesa, con la solenne Veglia della notte santa. In questo momento ha inizio il giorno glorioso della Risurrezione.
La gioia pasquale esplode la Domenica, quando si celebra la Risurrezione».
Nel giorno successivo alla Pasqua la festa continua ed è tradizione fare gita in campagna, e sdraiati in un prato, che ha attirato la nostra attenzione, si fa un rilassante picnic, accompagnato da giochi all’aria aperta come inventarsi un campo di calcio e tante altre distrazioni per dimenticare ed è in questo giorno che si festeggia veramente la Pasqua.
La Via Crucis che celebra il Papa percorre l’antica strada romana che, parte ndo dal Colosseo raggiunge le pendici del Colle Palatino, tra due ali di folla, che ogni anno si calcola costituita da almeno trentamila fedeli.
Il Sabato Santo è il giorno del ricordo di Gesù nel sepolcro e si mantiene il silenzio dell’attesa, con la solenne Veglia della notte santa. In questo momento ha inizio il giorno glorioso della Risurrezione.
La gioia pasquale esplode la Domenica, quando si celebra la Risurrezione».
Nel giorno successivo alla Pasqua la festa continua ed è tradizione fare gita in campagna, e sdraiati in un prato, che ha attirato la nostra attenzione, si fa un rilassante picnic, accompagnato da giochi all’aria aperta come inventarsi un campo di calcio e tante altre distrazioni per dimenticare ed è in questo giorno che si festeggia veramente la Pasqua.
LA FESTA MISTICA E PROFANA
Non c’è paese o città italiana che la sera del Venerdì Santo non celebri il dramma della Passione e resurrezione di Cristo: evento cardine, come ho anticipato, della Chiesa cattolica. Dal nord all’estrema punta dello Stivale è un brulicare di Processioni del Cristo Morto, Via Crucis, Sacre Rappresentazioni, che si completano con il tradizionale appuntamento romano con il Papa con la solenne Via Crucis al Colosseo e lungo i Fori Imperiali creando un clima di intenso misticismo, capace di contagiare anche i non credenti.
In Italia ci sono circa tremila rappresentazioni sacre una delle più spettacolari è la Rievocazione Storica della Passione di Cristo di Grassina, che risale al 1600.
Una Via Crucis che coinvolge molti figuranti in costume che accompagnano il Cristo verso il Calvario. Sono oltre due ore di processione che finisce nel palcoscenico naturale della collina dove, al momento della crocifissione, i personaggi del corteo storico si fondono con gli attori che rappresentano le quattordici scene della vita di Gesù, dall’Annunciazione, alla Pietà.
Una rappresentazione decisamente singolare si svolge a Civita di Bagnoregio (VT) alle ore 21,00: un corteo di trecento persone in costume scorta Gesù, lungo la strada sospesa sui calanchi che sale da Civita a Bagnoregio, il paese dove nacque San Bonaventura,e il duecentesco Cristo ligneo diventa proprietà di Bagnoregio.
Molto allegra e frivola è l’atmosfera che si respira la domenica e il lunedì di Pasqua, quando l’esplosione di gioia motivata dalla Resurrezione si esprime in numerose ed esilaranti battaglie a base di uova organizzate nelle valli altoatesine Brunico, Sover, ed anche in molti paesi dell’Appennino toscoemiliano quali Pievepelago, Frassinoro, Fiumalbo, Lama.
A Casole d’Elsa la processione storica del Venerdì Santo nell’antichità era una parata dei simboli della Passione di Cristo.
Infatti la croce portata dal Cireneo procede lentamente dietro a una schiera di soldati romani insieme a tutti i simboli portati dai bambini, Pilato, la Veronica, le Pie Donne e tutti gli altri personaggi che scorrono in silenzio, mentre il coro intona canti religiosi. Molti sono i personaggi in costume d’epoca.
Infatti la croce portata dal Cireneo procede lentamente dietro a una schiera di soldati romani insieme a tutti i simboli portati dai bambini, Pilato, la Veronica, le Pie Donne e tutti gli altri personaggi che scorrono in silenzio, mentre il coro intona canti religiosi. Molti sono i personaggi in costume d’epoca.
Il paese è illuminato da fiaccole che rendono ancora più suggestiva l’iniziativa.
A Castiglione di Garfagnana la Processione de’ Crocioni, che si svolge il giovedì santo, vede la presenza degli Apostoli, dei soldati romani e degli appartenenti alle confraternite, tutti incappucciati e dotati di fiaccole.
A Castiglione di Garfagnana la Processione de’ Crocioni, che si svolge il giovedì santo, vede la presenza degli Apostoli, dei soldati romani e degli appartenenti alle confraternite, tutti incappucciati e dotati di fiaccole.
A Fivizzano (MS) nella Processione del Cristo Morto non vi è nessun corteo di figuranti il Venerdì Santo; a Castiglion Fiorentino (AR) ci sono, durante la processioni in notturna, alla luce delle torce, portano croci e statue rappresentanti la Passione.
Il martedì s’inizia dalla chiesa di San Francesco, con la statua di “Gesù nell’orto degli olivi”, il mercoledì si esce dalla chiesa della Bona Morte con la statua di “Gesù legato alla colonna”; il Sabato Santo si celebra la Resurrezione con la statua di Cristo Risorto, opera di Niccolò di Smeraldo Salvi, si percorre velocemente tutta la navata centrale della Collegiata. (da Il Milione – Vol. II – Istituto Geografico de Agostini)
E vi è anche la processione del Cristo Risorto che si svolge nel pomeriggio della domenica di Pasqua a Tarquinia (VT), contraddistinta dal passaggio della grande statua del Redentore benedicente a passo di corsa , portata a spalle dai facchini, preceduta da pesanti croci inghirlandate d’alloro, tra gli spari di fucili caricati a salve, ritenuta unica nel genere, che potrebbe essere inserita nell’elenco dei beni immateriali tutelati dall’Unesco. (Ansa)
La Domenica delle Palme, però, ci dice che il vero grande AMORE è proprio la Croce, il vero albero della vita. L’amore è donare se stessi, e per questo la via della vita vera è simboleggiata dalla Croce. (Dalla Segreteria Episcopale)
E vi è anche la processione del Cristo Risorto che si svolge nel pomeriggio della domenica di Pasqua a Tarquinia (VT), contraddistinta dal passaggio della grande statua del Redentore benedicente a passo di corsa , portata a spalle dai facchini, preceduta da pesanti croci inghirlandate d’alloro, tra gli spari di fucili caricati a salve, ritenuta unica nel genere, che potrebbe essere inserita nell’elenco dei beni immateriali tutelati dall’Unesco. (Ansa)
La Domenica delle Palme, però, ci dice che il vero grande AMORE è proprio la Croce, il vero albero della vita. L’amore è donare se stessi, e per questo la via della vita vera è simboleggiata dalla Croce. (Dalla Segreteria Episcopale)
LA PASQUA A TAVOLA
PER CONIUGARE TRADIZIONE E RISPARMIO
Pensando ai vegetariani, ma più in generale ai cultori della buona tavola e delle tradizioni locali da riscoprire, l’Accademia italiana della cucina quest’anno ha pensato di offrire i propri consigli per un pranzo di Pasqua all’insegna dell’originalità e dei profumi dell’orto.
«L’invito che rivolgiamo – spiega Giuseppe dell’Osso, Presidente dell’Accademia italiana della cucina – è quello di recuperare e riscoprire quei piatti significativi delle tante tradizioni gastronomiche legate alle festività pasquali e primaverili, scegliendo soprattutto le ricette regionali a base di erbe aromatiche, verdure, ortaggi e uova. Sperimentando i molti dolci che forse in pochi – come accade ad esempio con la cassata siciliana e la pastiera napoletana – ormai legano più alla Pasqua. Un modo diverso ma altrettanto gustoso di festeggiare questa ricorrenza a tavola che risulta anche, considerato il rincaro inaccettabile delle carni più tradizionali in questo periodo, economicamente conveniente. Ed è bene precisarlo, il rispetto della tradizione è comunque garantito. Allora diamo spazio alle erbe e agli ortaggi, che adornano e insaporiscono i piatti tradizionali: l’ortica o la lattuga per il verde, la colza o lo zafferano per il giallo, i pomodori pachino per il rosso, solo per fare qualche esempio».
L’origine ligure la troviamo nella celeberrima torta pasqualina che, sembra fosse ispirata, con i suoi sei strati di sfoglie sovrapposti ripieni di erbette, uova, formaggio e ricotta, per ricordare gli anni di Cristo.
Appartengono allo stesso filone le turtres di erba trentine: «frittelle ripiene con farina bianca, burro, uova, farina di segale, spinaci selvatici e asparagi di campo, lessati, tritati e uniti da una crema di patate e da un po’ di ricotta».
Le mille frittate con erbe di stagione che, un po’ in tutta Italia, dal Nord al Sud celebrano, «l’abbinamento di uova e verdura novelle quali carciofi, asparagi selvatici, zucchine, ortiche, fiori di zucca ecc.., mettendo in scena così anche l’altro grande simbolo gastronomico della Pasqua: l’uovo, simbolo della nascita e, anche della resurrezione del Cristo, che in Lombardia dà vita a una frittata “maritata” usata come antipasto».
Ma i veri padroni della tavola di Pasqua sono: cardi e carciofi; cicorie, radicchio, indivia riccia, scarola la catalogna, puntarelle, tarassaco, asparagi, broccoli, fave fresche, che rappresentano in questo periodo l’avanguardia di tutte le altre verdure estive come melanzane, pomodori, zucchine, fagioli e piselli. Ma i veri padroni, come ho già detto, sono i carciofi e i cardi a farla da padroni.
E… PER FINIRE…
«La tradizione della tavola pasquale è molto sentita anche nella preparazione dei dolci casalinghi, che hanno una varietà ed una ricchezza davvero straordinaria. E se i dolci pasquali si presentano, nelle varie cucine regionali, con una gamma di elementi talvolta differenti e tal’altra concomitanti, c’è un dolce entrato ormai nella tradizione globale della penisola: la colomba.
La colomba, è una tradizione nata da poco ma che si è affermata, consolidandosi come il panettone di Natale.
L’Accademia Italiana della Cucina ci racconta che: «alla fine degli Anni Trenta, il celebre industriale milanese dei panettoni, Angelo Motta, si rivolse a Dino Villani, uno dei fondatori dell’Accademia Italiana della Cucina, mago della pubblicità, perché lo aiutasse a trovare un’idea che gli permettesse di far lavorare la sua industria e i suoi operai anche nei mesi morti, dopo il boom natalizio del panettone. Dino Villani studiò la cosa, consultò le antiche cronache medioevali della “Historia Longobardorum” di Paolo Diacono, rispolverò antiche leggende ed “inventò” la colomba pasquale, simbolo di pace, di primavera, di gioia.
L’industriale realizzò subito – intuendone le potenzialità – l’idea di Dino Villani, e la colomba pasquale spiccò il suo felice e fortunato volo».
Dell’Italia centrale ricordiamo le pizze di Pasqua del viterbese, la cui preparazione inizia, il Giovedì Santo. E’, questa, una specialità in quantitativi, “industriali”: occorrono quattro chili di farina, ventiquattro uova, un paio di chili di zucchero, tre etti di strutto (o burro) più liquori per dolci, cannella e lievito. Le “pizze” così realizzate devono bastare a tutta la famiglia fino al Lunedì dell’Angelo.
Per la pizza dolce di Pasqua, in Umbria, bastano dodici uova e un chilo di zucchero, oltre ai liquori, al Vinsanto, alla cannella e alla farina. A Terni è viva l’usanza della pizza al formaggio, chiamata crescia di Pasqua, che non è dolce ma è portata in tavola, generalmente, a fine pasto.
In Toscana c’è il buccellato; in Abruzzo i biscottini alle mandorle e nel Lazio le ciambelline all’anice. Ad Osimo, nelle Marche c’è la tradizione dell’agnello di pasta dolce al cui interno viene posto un uovo sodo con il guscio.
Al sud c’è il trionfo della pastiera, della cassata e dei “pupi cu’ l’ova”, ma su tutti i dolci pasquali trionfa la pastiera napoletana, ricchissima e dolcissima.
E’ un insieme di grano cotto, ricotta, uova, strutto, burro, canditi, acqua di fior d’arancio posto in una teglia da forno foderata di pastafrolla. Poi si decora la superficie con strisce di pasta poste diagonalmente a formare delle losanghe.
In Puglia, invece, ci sono le scarcelle di Pasqua, una treccia di pasta frolla accomodata a ciambella, cotta al forno quindi ricoperta di una glassa di zucchero con molti confettini decorati; poi ci sono le copete della Basilicata, i dolcetti calabresi di uva passa o di mandorle, e sempre in Calabria la pignoccata al miele.
In Sardegna si trovano tutti i dolci tipici dell’isola, dai papassinos alle seadas, dalle zippulas alle pardulas. Tipiche anche le frittelle dolci di pane carasau.
Ma è in Sicilia dove i dolci pasquali diventano davvero trionfali. Ci sono due fili conduttori: la riproduzione dell’agnello e le uova. L’agnello, infatti, nel periodo pasquale decora le vetrine delle pasticcerie: sono le picuredde, agnelli di pasta reale. Ma nelle famiglie è vivissima la tradizione dei pupi cu’ l’ova: sono piccoli panierini di pasta di pane che contengono uova sode, spesso colorate. La forma di questi canestrelli varia da famiglia a famiglia. Non manca, poi, sulla tavola siciliana la cassata, dolcissimo retaggio della dominazione musulmana.
Dell’Italia centrale ricordiamo le pizze di Pasqua del viterbese, la cui preparazione inizia, il Giovedì Santo. E’, questa, una specialità in quantitativi, “industriali”: occorrono quattro chili di farina, ventiquattro uova, un paio di chili di zucchero, tre etti di strutto (o burro) più liquori per dolci, cannella e lievito. Le “pizze” così realizzate devono bastare a tutta la famiglia fino al Lunedì dell’Angelo.
Per la pizza dolce di Pasqua, in Umbria, bastano dodici uova e un chilo di zucchero, oltre ai liquori, al Vinsanto, alla cannella e alla farina. A Terni è viva l’usanza della pizza al formaggio, chiamata crescia di Pasqua, che non è dolce ma è portata in tavola, generalmente, a fine pasto.
In Toscana c’è il buccellato; in Abruzzo i biscottini alle mandorle e nel Lazio le ciambelline all’anice. Ad Osimo, nelle Marche c’è la tradizione dell’agnello di pasta dolce al cui interno viene posto un uovo sodo con il guscio.
Al sud c’è il trionfo della pastiera, della cassata e dei “pupi cu’ l’ova”, ma su tutti i dolci pasquali trionfa la pastiera napoletana, ricchissima e dolcissima.
E’ un insieme di grano cotto, ricotta, uova, strutto, burro, canditi, acqua di fior d’arancio posto in una teglia da forno foderata di pastafrolla. Poi si decora la superficie con strisce di pasta poste diagonalmente a formare delle losanghe.
In Puglia, invece, ci sono le scarcelle di Pasqua, una treccia di pasta frolla accomodata a ciambella, cotta al forno quindi ricoperta di una glassa di zucchero con molti confettini decorati; poi ci sono le copete della Basilicata, i dolcetti calabresi di uva passa o di mandorle, e sempre in Calabria la pignoccata al miele.
In Sardegna si trovano tutti i dolci tipici dell’isola, dai papassinos alle seadas, dalle zippulas alle pardulas. Tipiche anche le frittelle dolci di pane carasau.
Ma è in Sicilia dove i dolci pasquali diventano davvero trionfali. Ci sono due fili conduttori: la riproduzione dell’agnello e le uova. L’agnello, infatti, nel periodo pasquale decora le vetrine delle pasticcerie: sono le picuredde, agnelli di pasta reale. Ma nelle famiglie è vivissima la tradizione dei pupi cu’ l’ova: sono piccoli panierini di pasta di pane che contengono uova sode, spesso colorate. La forma di questi canestrelli varia da famiglia a famiglia. Non manca, poi, sulla tavola siciliana la cassata, dolcissimo retaggio della dominazione musulmana.
Bibliografia:
I consigli dell’Accademia Italiana della Cucina;
per coniugare tradizione e risparmio;
INC Istituto Nazionale per la Comunicazione
Reno Bromuro