FAMILY DAY

“La  fattoria  degli  animali”   a  cura  di  Alessandro  Caramis

Questa rubrica (dal nome del celebre libro di George Orwell) intende affrontare fatti di rilevante attualità attraverso un taglio sociologico. Andare “oltre il pensiero” può voler dire anche andare oltre le categorie comuni di interpretazione della realtà.
Prendendo a prestito categorie e strumenti dalle scienze sociali si cercherà, manifestando apertamente i propri principi di preferenza personale, di leggere i fenomeni sociali che ci circondano con un’inedita “lente di ingrandimento” sul dibattito politico, economico e culturale odierno.

I L   M I T O   D E L L A   F A M I G L I A     N A T U R A L E

di      A l e s s a n d  r o   C a r a m i s

Roma - Piazza S.Giovanni

Si è appena svolta a Roma la prima grande manifestazione che, in nome della “famiglia”, ha visto coinvolte decine di organizzazioni cattoliche accorse  da tutta Italia verso Piazza San Giovanni.
Il tema che sottende il “family day” è stato la promozione della famiglia tradizionale, naturale e fondata sul matrimonio e la sua difesa da interventi legislativi che tenderebbero a regolarizzare coppie di fatto “etero” ed “omo” che, con la loro pretesa di avere riconoscimento pubblico della loro convivenza,  rischierebbero di scardinare e distruggere per sempre il tessuto familiare “naturale”  alla base di ogni società.
Quello di cui mi occuperò nel seguente articolo consiste nel mettere in discussione, o meglio di “de-mistificare” due fondamentali assunti su cui si basa l’attuale operazione culturale condotta da parti della Chiesa (CEI in primis) e soprattutto da parte del mondo politico italiano  più volte etichettato dai media come teo-con, neo-con o atei devoti.
Il primo assunto è che la famiglia composta da padre, madre e figli, unita dal vincolo del matrimonio (religioso o civile) è  un istituzione “naturale”,  tradizionalmente, antropologicamente e storicamente sempre esistita .
Il secondo assunto, conseguente a questo, indica nella legalizzazione delle coppie di fatto una “breccia” che laddove fosse aperta (così come la libera scelta alla maternità e la legalizzazione del divorzio) metterebbe in crisi l’idea stessa di famiglia con conseguente calo delle nascite e dei matrimoni.

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“La  fattoria  degli  animali”   a  cura  di  Alessandro  Caramis

Questa rubrica (dal nome del celebre libro di George Orwell) intende affrontare fatti di rilevante attualità attraverso un taglio sociologico. Andare “oltre il pensiero” può voler dire anche andare oltre le categorie comuni di interpretazione della realtà.
Prendendo a prestito categorie e strumenti dalle scienze sociali si cercherà, manifestando apertamente i propri principi di preferenza personale, di leggere i fenomeni sociali che ci circondano con un’inedita “lente di ingrandimento” sul dibattito politico, economico e culturale odierno.

I L   M I T O   D E L L A   F A M I G L I A     N A T U R A L E

di      A l e s s a n d  r o   C a r a m i s

Roma - Piazza S.Giovanni

Si è appena svolta a Roma la prima grande manifestazione che, in nome della “famiglia”, ha visto coinvolte decine di organizzazioni cattoliche accorse  da tutta Italia verso Piazza San Giovanni.
Il tema che sottende il “family day” è stato la promozione della famiglia tradizionale, naturale e fondata sul matrimonio e la sua difesa da interventi legislativi che tenderebbero a regolarizzare coppie di fatto “etero” ed “omo” che, con la loro pretesa di avere riconoscimento pubblico della loro convivenza,  rischierebbero di scardinare e distruggere per sempre il tessuto familiare “naturale”  alla base di ogni società.
Quello di cui mi occuperò nel seguente articolo consiste nel mettere in discussione, o meglio di “de-mistificare” due fondamentali assunti su cui si basa l’attuale operazione culturale condotta da parti della Chiesa (CEI in primis) e soprattutto da parte del mondo politico italiano  più volte etichettato dai media come teo-con, neo-con o atei devoti.
Il primo assunto è che la famiglia composta da padre, madre e figli, unita dal vincolo del matrimonio (religioso o civile) è  un istituzione “naturale”,  tradizionalmente, antropologicamente e storicamente sempre esistita .
Il secondo assunto, conseguente a questo, indica nella legalizzazione delle coppie di fatto una “breccia” che laddove fosse aperta (così come la libera scelta alla maternità e la legalizzazione del divorzio) metterebbe in crisi l’idea stessa di famiglia con conseguente calo delle nascite e dei matrimoni.

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Partendo dal significato del termine “naturale” è opportuno sottolineare che  nelle società umane non c’è niente di naturale. La famiglia, così come oggi la conosciamo, è un’invenzione recente, di poco meno di un secolo, nata dall’introduzione del lavoro salariato e dalla divisione del lavoro. Come dice Diego Valli . “La famiglia considerata come naturale, quella eterosessuale, mononucleare, con figli, rappresenta soltanto una delle forme assunte dalla famiglia nella storia dell’umanità e oggi nella società contemporanea”.
La famiglia come istituzione è sempre esistita ma le forme che questa istituzione ha assunto nel tempo sono mutate da epoca ad epoca. L’ultimo passaggio che ha modificato la forma dell’istituzione famiglia è stato quello dalla famiglia allargata, patriarcale e polinucleare alle famiglie mono-nucleari  di metà novecento.
Dice la psicanalista Enrichetta Buchuli : “La famiglia mono-nucleare che domina lo scenario della modernità e della post-modernità si è affermata nell’ottocento ad opera della rivoluzione industriale. (…) non v’è nulla di sacro, tanto meno di naturale in tale assetto sociale che, a causa della ristrettezza di spazi e di parentela, ha via via nel tempo generato tutta una serie di disturbi psichici.”
Qualsiasi istituzione sociale, quindi, è un invenzione che si crea in risposta ai bisogni specifici del tempo.
Una frase ricorrente, quando si parla delle famiglie di una volta è che anche le famiglie povere facevano molti figli. Quasi che alla base della loro scelta ci fosse uno spirito di sacrificio verso le generazioni a venire.
Quando si ricorda tutto questo si ignorano però le motivazioni economiche che portavano a fare tanti figli. Queste motivazioni erano legate principalmente al fatto che più figli si facevano e più braccia da lavoro si avevano ed, in conseguenza di ciò,  l’intero nucleo della famiglia allargata aveva l’opportunità di sopravvivere. E più o meno lo stesso meccanismo che oggi accade tra i popoli più poveri della terra e gli immigrati che vengono nel nostro paese.
Ovviamente, anche le motivazioni culturali sono ed erano alla base di tale scelta. Tra queste vi sono, oltre al mito virile della prole numerosa, quelle legate al fatto che se una coppia non aveva figli si pensava immediatamente che lui era impotente o  lei sterile con tanto di messa in atto di meccanismi  “espulsione” e di esclusione sociale per entrambi.  La famiglia allargata di cui siamo eredi perciò, prima che un’unità affettiva era un’unità economica, nella quale i matrimoni venivano scelti dai capi famiglia (maschi) per motivazioni tutt’altro che affettive oppure amorose.

Antony Giddens

Storicamente ed antropologicamente abbiamo avuto diverse forme di istituti familiari che hanno mutuato nella forma e nella sostanza dei significati che gli si dava di volta in volta. Quindi, quando si sostiene che la famiglia è una si fa un’operazione ideologica, ovvero si applicano alla realtà schemi arbitrari privi di verità. Il sociologo Antony Giddens nel libro “La trasformazione dell’intimità. Sessualità, amore ed erotismo nelle società moderne” afferma: “E’ in atto una rivoluzione globale nel modo con cui pensiamo noi stessi  ed in cui forniamo legami e connessioni con gli altri (…) la comunicazione emozionale e la condivisione dell’intimità stanno sempre più sostituendo i legami basati sui ruoli tradizionali che univano le vite individuali delle persone. Il fondamento dei legami affettivi oggi non è più la riproduzione o la formazione di una famiglia come formazione sociale naturale ed in qualche modo obbligata”.
Per il sociologo inglese alla base dei legami odierni vi è la “comunicazione emozionale”, ovvero un  rapporto basato sulla fiducia e sull’assenza di potere arbitrario e di coercizione.
Questo non vuol dire che le relazioni attuali sono chiuse alla procreazione oppure all’idea di fondare una relazione stabile nel tempo.
E con questo introduco il secondo assunto. Esso vede nell’introduzione di forme legislative che diano riconoscimento pubblico alle coppie di fatto una minaccia alla famiglia ed alla coesione sociale.
Che la famiglia “tradizionale” sia in crisi è un dato di fatto. Gli indicatori sono tra i più diversi. Il numero di matrimoni che scende sempre di più mentre aumentano i divorzi. I casi scottanti di pedofilia e di violenza domestica. Gli infanticidi e gli omicidi che avvengono tra famiglie “normali”. E poi soprattutto il calo di natalità che fa essere l’Italia il paese in cui si fanno meno figli rispetto alla media europea.
La spiegazione di tutto ciò viene addebitata alle coppie gay oppure alla legalizzazione di forme giuridiche definite “para-matrimoniali” che sminuendo il valore del matrimonio incentiverebbero le coppie a non prendere impegni duratori, a non assumersi responsabilità ed a non fare più figli.
In realtà la “famiglia” è oggi in crisi per motivi legati alla precarietà del lavoro, alla mancanza di servizi sociali (asili nido, assistenza agli anziani), alla non attuata parità tra uomini e donne nel mondo del lavoro e nelle responsabilità domestiche. Se c’è una cultura di massa che tende verso il disimpegno andrebbe cercata altrove.
A fronte di tale crisi si rimanda genericamente la soluzione del problema a politiche per le famiglie quando, il problema principale italiano è che vengono “scaricate” proprio sulle famiglie tutte le responsabilità delle inefficienze del welfare, dell’occupazione e del mondo del lavoro e di tutto ciò che è pubblico. La famiglia è oggi sovraccaricata di responsabilità quali la cura degli anziani,  dei non autosufficienti, dal mantenimento dei figli e dalla drastica scelta (che investe ancora molte donne) tra lavoro e maternità. Paradossalmente il problema italiano non è che c’è poca famiglia bensì che c’è ne troppa!  Inoltre c’è un altro fattore da prendere in considerazione.

Edward C. Banfield

Il sociologo americano Edward C. Banfield in una ricerca effettuata negli anni ’50 nel meridione d’Italia coniò il termine : “familismo amorale”. Con questa definizione Banfield intese la peculiarità tutta italiana di dare priorità al proprio nucleo di parentela mettendo in secondo piano tutto ciò che è interesse e bene pubblico.  Il familismo è amorale perché manca di morale pubblica, nel senso che i princípi di bene e di male rimangono e vengono applicati soltanto e unicamente nei rapporti familiari. L’amoralità non è quindi relativa ai comportamenti interni alla famiglia, ma all’assenza di ethos comunitario, all’assenza di relazioni sociali morali tra famiglie, tra individui all’esterno della famiglia. Secondo questa prospettiva quindi, ogni tentativo e iniziativa riguardante l’investimento di risorse ed energie in beni collettivi da realizzarsi tramite uno sforzo organizzativo comune e spontaneo, sono fuori dall’orizzonte delle possibilità (Wikipedia).
Credo che la categoria del “familismo amorale” sia uno strumento ancora valido per spiegare l’assenza di riconoscimento e di agire pubblico nell’”agone” sociale e politico italiano in cui dominano i particolarismi ed i vantaggi rivolti esclusivamente alla propria “famiglia”
Questo fenomeno infatti, è alla base di molti nepotismi, clientelismi e corporativismi ancora attuali. Come giustamente fattoci notare da Francesco Merlo su “Repubblica” (6/05/07) in fondo, restiamo sempre il paese che in nome del “tengo famiglia” è sempre pronto a chiudere un occhio di fronte a piccole (e grandi) illegalità.

A differenza dell’Italia i paesi europei che fanno più figli sono la Francia e la Svezia, due paesi che hanno PACS (la Francia) e unioni civili (il 50% in Svezia) e che hanno al tempo stesso servizi sociali alle famiglie, parità tra uomini e donne e veri sostegni alla natalità.
Queste comparazioni con altri paesi d’europa ci mostrano come in realtà la questione della stabilità delle coppie e della natalità sia molto più complessa e non sia legata soltanto a “capricci” individuali legati al nichilismo oppure ad un presunto relativismo dei valori.

Maurizio Ferrera La questione della stabilità dei legami di coppia è molto legata al mercato del lavoro ed alla struttura del welfare mediterraneo che caratterizza il nostro paese. Maurizio Ferrera nota come “nel nostro paese la famiglia di origine è ancora il primo e più importante “ammortizzatore sociale” per i bisogni dei figli adulti.(…) Negli altri paesi europei le unioni di fatto si sono progressivamente affermate come modalità prevalente di convivenza tra i giovani. Solo il 30% circa delle prime unioni si forma a seguito di un matrimonio: tutte le altre sono unioni di fatto. I giovani escono di casa, si mettono alla prova, sperimentano diverse combinazioni di relazioni lavorative, formative, affettive. Dove esistono i PACS molte di queste unioni si stabilizzano e si regolarizzano. Gran parte di quelle eterosessuali si trasformano poi in matrimoni, in genere dopo la nascita di un figlio (…) ciò che cambia drasticamente è il percorso di transizione alla vita adulta: un percorso che inizia prima, che è più flessibile, che consente opzioni reversibili”.

Paradossalmente quello che in parte vale per il mondo del lavoro,  una certa flessibilità all’inizio per arrivare ad un rapporto stabile nel tempo, vale altrettanto per i rapporti di coppia. Troppa rigidità all’inizio si traduce in tempi troppo lunghi alla stabilizzazione di un rapporto (di lavoro, di coppia).

A fronte di queste considerazioni vediamo come i due assunti sui quali oggi una parte della società italiana sta combattendo la sua battaglia culturale ,di natura meta-politica prima che politica, non poggiano su basi empiricamente esatte . La “famiglia naturale” quindi, si appresta a diventare un mito con tutte le funzioni simboliche e totemiche che ad essa si richiamano, pronte ad essere utilizzate nello scontro culturale e politico attuale come nuove “armi” ideologiche e come potente lobby di pressione ogniqualvolta si discuta di questioni inerenti i nuovi diritti civili.

Maurizio FerreraI Pasc? Spingono l’economia, Il Corriere della Sera.

Diego GalliIl mito della famiglia naturale. La rivoluzione dell’amore civile, Agenda Concioni, Anno II, 2005, Maggio 2007.

Enrichetta BucaliAmore civile e mitologia familiare, Agenda Concioni, Anno II, 2005, Maggio 2007.

Edward C.BanfieldMoral basis of a backward society, Le basi morali di una società arretrata, 1958.
Alessandro Caramis


 ALESSANDRO   
CARAMIS  

Sociologo del territorio e dell’ambiente. Ha collaborato con l’ENEA in ricerche sulla fusione termonucleare e sul cambiamento climatico.  Attualmente collabora alla cattedra di Comunicazione ambientale e Comunicazione e Marketing del territorio alla Sapienza ed è dottorando a Teramo in Sviluppo locale.
E’ residente in Umbria dove insieme alla famiglia gestisce un delizioso Bed&Breakfast  (www.ilglicineumbria.it).

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