IL SETTEMBRE DEL 1943
i ricordi di quei giorni di guerra sono sempre più vivi.
L’omaggio poetico è dedicato a tutti quei bambini che soffrono la guerra; e qualcuno ha visto un suo coetaneo finire come il mio compagno di giochi. A tutte le famiglie che hanno perduto una persona cara in una delle tante battaglie che accendono il loro bagliore in ogni angolo della Terra, il mio saluto riverente e tutto l’amore che posso.
14 SETTEMBRE1943 Interminabile colonna di carnelungo le rive del Tammaro in quei giorni di settembre. Corpi, anime sozze di pidocchi di vergogna occhi che non capivano cercavano occhi vergognosi. Uno, ai piedi di una vite Fetore di pelle: Occhi che non capivano Dritto, sulla collina Stupore, meraviglia, Occhi, che non capivano cercavano Un grido che sapeva Una scarica di mitra!… Il volto di fanciullo
gli occhi innocenti aperti verso il cielo il corpo inerte ai piedi dell’ulivo sembrano dire: BASTA! Occhi che non capivano, i miei, Piansero, piangono
e gridano: basta. Reno Bromuro |
NELLE RETROVIE DELLE GUERRE
(Gicar) – Ci scusiamo con i lettori per la crudezza delle immagini, reperite nel web, che abbiamo voluto affiancare ai versi di Reno Bromuro. Esse non lasciano immaginare nient’altro di più di ciò che rappresentano: ovvero quello che rimane dietro alle guerre di ogni tempo. Sono i sogni negati ai bambini. Di fronte a determinate realtà, talvolta, rimane davvero difficile andare “Oltrepensiero”. Inutile nascondere questi flash legati alla perversione umana, rimuoverli dalle nostre coscienze o far finta che essi appartengano a mondi lontani. Siano essi un monito, per gridare… “ Basta ! ”
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i ricordi di quei giorni di guerra sono sempre più vivi.
L’omaggio poetico è dedicato a tutti quei bambini che soffrono la guerra; e qualcuno ha visto un suo coetaneo finire come il mio compagno di giochi. A tutte le famiglie che hanno perduto una persona cara in una delle tante battaglie che accendono il loro bagliore in ogni angolo della Terra, il mio saluto riverente e tutto l’amore che posso.
14 SETTEMBRE1943 Interminabile colonna di carnelungo le rive del Tammaro in quei giorni di settembre. Corpi, anime sozze di pidocchi di vergogna occhi che non capivano cercavano occhi vergognosi. Uno, ai piedi di una vite Fetore di pelle: Occhi che non capivano Dritto, sulla collina Stupore, meraviglia, Occhi, che non capivano cercavano Un grido che sapeva Una scarica di mitra!… Il volto di fanciullo
gli occhi innocenti aperti verso il cielo il corpo inerte ai piedi dell’ulivo sembrano dire: BASTA! Occhi che non capivano, i miei, Piansero, piangono
e gridano: basta. Reno Bromuro |
NELLE RETROVIE DELLE GUERRE
(Gicar) – Ci scusiamo con i lettori per la crudezza delle immagini, reperite nel web, che abbiamo voluto affiancare ai versi di Reno Bromuro. Esse non lasciano immaginare nient’altro di più di ciò che rappresentano: ovvero quello che rimane dietro alle guerre di ogni tempo. Sono i sogni negati ai bambini. Di fronte a determinate realtà, talvolta, rimane davvero difficile andare “Oltrepensiero”. Inutile nascondere questi flash legati alla perversione umana, rimuoverli dalle nostre coscienze o far finta che essi appartengano a mondi lontani. Siano essi un monito, per gridare… “ Basta ! ”
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di Reno Bromuro
La sera di sabato 25 settembre 1943, ritornavo a casa cantando parole che mi venivano in mente per ricordarle e scriverle poi per darle ad uno dei musicisti che avevo conosciuto nella pizzeria di Fiorelli. Giunto all’incrocio con Corso Vittorio Emanuele, e attraversato la strada, sulla sinistra, all’inizio di Via Girardi e a pochi metri dall’entrata principale dell’Ospedale Militare, c’è una fontanella (non so se c’è ancora: manco da Napoli da 25 anni) mi fermai per dissetarmi, ma un marinaio si stava rinfrescando: la sera era veramente calda e rinfrescandosi canticchiava “Sciuri, Sciuri”. Sopraggiunse una “sidecar” con due soldati tedeschi, quello ch’era seduto nella sidecar si avvicinò al marinaio e, mentre questi beveva gli sparò un colpo alla nuca. Non so come feci a non cadere per la discesa tanto correvo veloce, né il tempo che impiegai. La domenica non misi il naso fuori di casa. Ma il lunedì 27 settembre 1943, per forza di cose dovetti recarmi al lavoro, se volevo riscuotere la settimana per pagare la pensione e mangiare.