ASSOCIAZIONE ITALIANA DELLE CULTURE

Il libro non vende.
Seppur negli ultimi anni siano presenti nelle edicole, sugli scaffali dei
supermercati, negli autogrill, i libri non sono ancora visti come oggetto
di uso comune e quotidiano.

S I   R A F F O R Z A   L ‘ E S I G E N Z A   D I   A V E R E   I N   I T A L I A  
U N A   L E G G E   S U L   L I B R O

di  Andrea Giannasi

Associazione Italiana delle culture

Nasce l’Associazione Italiana delle culture dall’unione di editori, librai, scrittori e lettori che intendono costruire e coordinare una massa critica con la finalità di raggiungere lo studio e l’approvazione di una specifica legge sul libro in Italia. L’Associazione Italiana delle culture si muove partendo dall’oggetto-soggetto che alimenta i nostri doveri: il libro. E l’intera proposta si articola da un manifesto d’intenti.
In Italia il libro non ha valore. I libri si regalano, si scontano, si buttano, si bruciano, e se si, escludono i bibliofili con le edizioni rare, non si conservano.
Questo lo stato del libro nel nostro paese.
Il sistema editoriale italiano è sfibrato da continui fallimenti che mettono in luce il reale valore economico dell’intero settore. Editori squattrinati e bugiardi, scrittori ignoranti e avidi, lettori svogliati, librai stanchi e soli, distributori sempre più lontani dal loro ruolo, così come i giornalisti serrati in un circolo afoni, compongono un quadro grottesco. E in questa situazione il libro non ha alcun valore e mai potrà averlo.
Il libro non è ancora oggetto di consumo reale e di fatto costituisce un vero e proprio sottoprodotto. Per questo motivo non attrae investimenti e gli unici interventi economici-politici realizzati negli ultimi anni avevano il solo scopo di salvare qualche imprenditore o di creare cordate per rilevare o risanare società editoriali sul lastrico.
Il libro non vende. Seppur negli ultimi anni siano presenti nelle edicole, sugli scaffali dei supermercati, negli autogrill, i libri non sono ancora visti come oggetto di uso comune e quotidiano.
Ma perché tutto questo?
Il libro per molti è quello della scuola. Quello dell’obbligo alla lettura. E dunque è sinonimo di fatica. Se un libro si compra poi si deve leggere e questo esercizio comporta tempo e concentrazione. Un libro poi fa pensare e se c’è una cosa che il meccanismo consumistico dell’ultimo secolo non vuole, è proprio quella che i cittadini si mettano a pensare di fronte ad un oggetto. Lo si deve consumare e basta. Il libro dunque è anche oggetto-soggetto pericoloso. E non solo perché se si getta un tomo verso qualcuno, questi può farsi del male.
Il libro è considerato dalla massa un oggetto scomodo, pesante, ingombrante. E se il consumatore è posto di fronte ad una scelta preferisce allo stesso prezzo prendere una vaschetta di gelato di marca. Ma ci domandiamo quale può essere la differenza tra il gusto del palato e il gusto dell’intelletto. E se proprio ci deve essere questa differenza che pone il libro in secondo piano.
E’ vero inoltre che i consumatori non vanno nei supermercati per comprare libri e questi difatti sono collocati sempre alla fine del magazzino stesso così come si recano nelle edicole o negli autogrill per i quotidiani o per un panino.
Possiamo dunque affermare senza ombra di dubbio che il settore librario è un settore povero perché l’oggetto che commercia è un oggetto povero.
Ebbene il nostro scopo è quello di dare un valore al libro.
Ma come? Attraverso la costruzione della massa critica di operatori librari. Un gruppo numericamente, culturalmente, economicamente appetibile che per la prima volta riesca ad attrarre attenzione su questo oggetto-soggetto che è il libro.
Richiedere dunque, forti dei numeri, maggiore attenzione da parte dei mass media nei confronti dei libri con programmi televisivi e radiofonici, giornali, riviste e quanto altro utile – forse anche una legge sul libro – a dare valore a questo oggetto-soggetto.
E spingere affinché istituzionalmente si allarghi strutturalmente la base dei lettori, ma anche e soprattutto quella di consumatori di libri.
E’ dunque ormai evidente che l’Italia ha bisogno di una legge specifica sul libro che coinvolga gli editori di libri. E solo quelli.

segue …>>

Associazione Italiana delle culture

Il libro non vende.
Seppur negli ultimi anni siano presenti nelle edicole, sugli scaffali dei
supermercati, negli autogrill, i libri non sono ancora visti come oggetto
di uso comune e quotidiano.

S I   R A F F O R Z A   L ‘ E S I G E N Z A   D I   A V E R E   I N   I T A L I A  
U N A   L E G G E   S U L   L I B R O

di  Andrea Giannasi

Associazione Italiana delle culture

Nasce l’Associazione Italiana delle culture dall’unione di editori, librai, scrittori e lettori che intendono costruire e coordinare una massa critica con la finalità di raggiungere lo studio e l’approvazione di una specifica legge sul libro in Italia. L’Associazione Italiana delle culture si muove partendo dall’oggetto-soggetto che alimenta i nostri doveri: il libro. E l’intera proposta si articola da un manifesto d’intenti.
In Italia il libro non ha valore. I libri si regalano, si scontano, si buttano, si bruciano, e se si, escludono i bibliofili con le edizioni rare, non si conservano.
Questo lo stato del libro nel nostro paese.
Il sistema editoriale italiano è sfibrato da continui fallimenti che mettono in luce il reale valore economico dell’intero settore. Editori squattrinati e bugiardi, scrittori ignoranti e avidi, lettori svogliati, librai stanchi e soli, distributori sempre più lontani dal loro ruolo, così come i giornalisti serrati in un circolo afoni, compongono un quadro grottesco. E in questa situazione il libro non ha alcun valore e mai potrà averlo.
Il libro non è ancora oggetto di consumo reale e di fatto costituisce un vero e proprio sottoprodotto. Per questo motivo non attrae investimenti e gli unici interventi economici-politici realizzati negli ultimi anni avevano il solo scopo di salvare qualche imprenditore o di creare cordate per rilevare o risanare società editoriali sul lastrico.
Il libro non vende. Seppur negli ultimi anni siano presenti nelle edicole, sugli scaffali dei supermercati, negli autogrill, i libri non sono ancora visti come oggetto di uso comune e quotidiano.
Ma perché tutto questo?
Il libro per molti è quello della scuola. Quello dell’obbligo alla lettura. E dunque è sinonimo di fatica. Se un libro si compra poi si deve leggere e questo esercizio comporta tempo e concentrazione. Un libro poi fa pensare e se c’è una cosa che il meccanismo consumistico dell’ultimo secolo non vuole, è proprio quella che i cittadini si mettano a pensare di fronte ad un oggetto. Lo si deve consumare e basta. Il libro dunque è anche oggetto-soggetto pericoloso. E non solo perché se si getta un tomo verso qualcuno, questi può farsi del male.
Il libro è considerato dalla massa un oggetto scomodo, pesante, ingombrante. E se il consumatore è posto di fronte ad una scelta preferisce allo stesso prezzo prendere una vaschetta di gelato di marca. Ma ci domandiamo quale può essere la differenza tra il gusto del palato e il gusto dell’intelletto. E se proprio ci deve essere questa differenza che pone il libro in secondo piano.
E’ vero inoltre che i consumatori non vanno nei supermercati per comprare libri e questi difatti sono collocati sempre alla fine del magazzino stesso così come si recano nelle edicole o negli autogrill per i quotidiani o per un panino.
Possiamo dunque affermare senza ombra di dubbio che il settore librario è un settore povero perché l’oggetto che commercia è un oggetto povero.
Ebbene il nostro scopo è quello di dare un valore al libro.
Ma come? Attraverso la costruzione della massa critica di operatori librari. Un gruppo numericamente, culturalmente, economicamente appetibile che per la prima volta riesca ad attrarre attenzione su questo oggetto-soggetto che è il libro.
Richiedere dunque, forti dei numeri, maggiore attenzione da parte dei mass media nei confronti dei libri con programmi televisivi e radiofonici, giornali, riviste e quanto altro utile – forse anche una legge sul libro – a dare valore a questo oggetto-soggetto.
E spingere affinché istituzionalmente si allarghi strutturalmente la base dei lettori, ma anche e soprattutto quella di consumatori di libri.
E’ dunque ormai evidente che l’Italia ha bisogno di una legge specifica sul libro che coinvolga gli editori di libri. E solo quelli.

segue …>>

Associazione Italiana delle culture

Esaminando infatti la legge n. 62 del 7 marzo 2001 si pone in risalto, fin dai primi articoli, il fatto che per editoria si contemplano tutti gli aspetti del sistema editoriale. E dunque, anche con altre leggi e decreti leggi, si affrontano le questioni che riguardano l’editoria di giornali (Legge n. 416 del 5 agosto 1981), il mondo delle imprese radiofoniche (Legge n. 250 del 7 agosto 1990), del sistema radiotelevisivo (D.L. n. 323 del 27 agosto 1993), lasciando di fatto senza una specifica legge il mondo dell’editoria libraria.
Oggettivamente il legislatore ha nella legge n. 62 inserito alcuni elementi che sembrano avvicinarsi a questo sistema, ma alla fine in concreto poco si è fatto per tutelare le imprese e gli operatori del sistema libro.
In dettaglio fin dall’articolo 1, che definisce il soggetto del provvedimento stesso, si legge Per «prodotto editoriale», ai fini della presente legge, si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici.
Si evidenzia nella frase ivi compreso il libro tutta la marginalità del libro stesso.
Scorrendo poi tra articoli e comma troviamo riferimenti a imprese editrici di giornali; a erogazioni in favore dell’editoria italiana all’estero (attraverso la teletrasmissione in facsimile delle testate con una tiratura superiore alle 10.000 copie); ai fondi destinati alle cooperative di giornalisti; al trattamento straordinario di integrazione salariale per impiegati, giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti dipendenti da imprese editrici di giornali; a esodi e prepensionamenti ai giornalisti iscritti all’INPGI (la cassa di previdenza del settore); al fondo per la mobilità e la riqualificazione professionale dei giornalisti e la diffusione della lettura dei giornali.
Dunque una forte e solida vicinanza all’editoria di giornali che in ogni caso lamenta carenze strutturali e bisogno di sostegno e aiuti.
Andrea GiannasiE anche per questo motivo si devono separare le molteplici e differenti anime del sistema editoria giungendo a studiare e promulgare provvedimenti per il mondo dei giornali, per quello della radiodiffusione, e soprattutto per quello del libro.
La contaminazione tra i diversi soggetti alla fine infatti rischia di scontentare tutti e non risolvere seriamente i problemi che affliggono e avvolgono l’intero mondo dell’informazione.
Proseguendo nella lettura vorremmo però soffermarci su due articoli che meglio accendono la nostra attenzione. L’articolo 9 che contempla il fondo per la promozione del libro e dei prodotti editoriali di elevato valore culturale e l’articolo 19 per gli interventi a sostegno della lettura nelle scuole.
Per quanto riguarda l’articolo 9 al comma 2 si legge che possono accedere ai contributi gli editori che intendono realizzare e commercializzare prodotti editoriali di elevato valore culturale e scientifico; e i soggetti che presentano piani di esportazione e commercializzazione di prodotti editoriali italiani all’estero. E ci viene spontaneo chiedere come mai da una parte si finanzia – o si intende farlo – il libro italiano fuori dal nostro paese e si pone un ostacolo così grave al sostegno dei libri inserendo la frase di elevato valore culturale. In pratica non si parla e non si costruisce la promozione del libro in Italia e comunque quando si tenta di farlo la si grava dell’etichetta di elevato valore culturale.
Questo articolo poi contiene la norma per le librerie delle province di Trento e Bolzano che dallo stato italiano ricevono risorse per l’apertura e la ristrutturazione. E anche in questo caso una legge italiana crea un ottimo modello di sviluppo e di aiuto alle librerie ma lo applica solo a due province del nostro paese privando tutto il resto di uno strumento valido.
Per quanto riguarda l’articolo 19 invece sottolinea che si devono attuare azioni a sostegno della lettura tra gli studendi, ma poi termina che per raggiungere tale obiettivo di deve favorire la diffusione della lettura dei giornali quotidiani nelle scuole..
Ebbene siamo felici che si decida di leggere il quotidiano in classe, ma i libri dove li mettiamo?
In sostanza la legge 62 non aiuta il mondo dell’editoria emarginando la filiera del mondo librario a vantaggio di quella di giornali, che comunque lamentano forti carenze strutturali. E’ necessaria per questo una legge solo per il libro.
Infine a proposito poi delle librerie e degli sconti sul prezzo dei libri – che tanto fa discutere in questo periodo con l’emendamento Della Vedova – vorrei ricordare che in Francia esiste una legge sul prezzo fisso del libro dal 10 agosto del 1981. In Germania addirittura tale norma è vigente fin dal 1888. E’ una legge che regolamenta il costo dei libri e che stabilisce il prezzo unico. Una norma che di fatto tutela il libro dall’uso consumistico.
In sostanza il prezzo fisso evita infatti che il libro si trasformi in oggetto commerciale soggetto a rincari che mettono i librai in una condizione di inferiorità rispetto alla grande distribuzione. Ma soprattutto si protegge dalla concorrenza questo prodotto culturale.
La legge promulgata in Francia è stata studiata da altri legislatori europei e in pochi anni anche la Grecia e il Portogallo hanno seguito l’esempio francese andando ad ingrossare le fila dei paesi europei – che oggi sono dieci –  dotati di una legge che tutela il libro attraverso il prezzo fisso di vendita.
Il primo risultato di queste norme è stato la difesa della pluralità del mondo dell’editoria e il mantenimento delle reti di librerie indipendenti.
Dunque non occorre molto per iniziare a lavorare alla tutela del prodotto librario. Basta osservare l’Europa.
In definitiva il mondo del libro ha bisogno di una legge specifica e di una norma che determini il prezzo fisso del libro. Solo compiendo questi due passi si potrà salvare la pluralità dell’informazione libraria italiana.
Per tutto questo scrittori, lettori, editori e librai siete chiamati a far parte dell’Associazione Italiana delle culture.

Andrea Giannasi

Info e filmati
www.associazione-culture.org

Aderite versando il vostro contributo sul conto corrente postale n. 65128621 intestato ad Associazione Italiana delle culture.

Aderite come scrittori, lettori, librai, editori.

Vi aspettiamo

mikronet

Lascia un commento