PREMIO INTERNAZIONALE TARQUINIA CARDARELLI 2008

\"\"Rese note le motivazioni espresse dalla giuria del Tarquinia Cardarelli per i premi assegnati ad Alfonso Berardinelli, Antoine Compagnon, Anna Cascella Luciani, Chiara Fenoglio, Fabrizio Patriarca ed alla casa editrice Minimum Fax. L’evento dedicato ad uno dei massimi poeti del novecento si configura oggi tra i pochissimi dedicati alla critica letteraria, e il primo a premiare sia l’opera straniera che quella italiana, sia l’opera prima. Questo è stato scelto per dar vita, nei prossimi anni, e con auspici di crescita rapida, al più importante premio del settore.
 
 
 

L E   R A G I O N I   E D   I   P E R C H E ’   D I   U N A   G I U R I A

 

\"GIURIA


  • Premio per la Critica letteraria italiana

 
Alfonso Berardinelli
 
\"AlfonsoTrentacinque anni fa, nel 1973, Alfonso Berardinelli pubblicava il suo primo libro, una monografia su Franco Fortini. Due anni dopo fu coautore, con Franco Cordelli, di una antologia della poesia italiana recentissima diventata nel tempo importante documento storico del clima letterario degli anni Settanta. Nel 1979 usciva la sua finora unica raccolta di poesie, Lezione all’aperto. Ma giusto venticinque anni fa Berardinelli esordiva in volume come saggista: 1983, Il critico senza mestiere. La mossa fu subito quella di chi si metteva, al presente, dalla parte del torto per potere avere ragione dopo, in un futuro meno stolto e dogmatico: era infatti, l’italiano Berardinelli, con pochissimi sodali, già all’origine d’un processo di decostruzione e revisione dell’ancora trionfante teoria letteraria, che si sarebbe realizzato e compiuto soltanto diversi anni dopo in tutta Europa e non solo.Si intravedevano, in quel volume pubblicato dal Saggiatore, i due modi di intervento di questo «tipico autore da rivista», come si è autodefinito. Da una parte uno sguardo analitico attento ai meccanismi letterari; dall’altro uno sguardo capace di cogliere l’intero paesaggio culturale, non solo letterario. Nei venticinque anni trascorsi da allora ad oggi, c’è stata la continua messa in atto di un procedimento descrivibile con la formula che Edmund Wilson creò per sé: «Occorre scrivere articoli che possano diventare saggi, i quali a loro volta diventeranno libri». Attraverso articoli e saggi e libri, Berardinelli è diventato «oggi senz’altro il più brillante e autorevole critico della cultura italiana», per arrivare a candidarsi, in un fondamentale volume del 2002, come il rigoroso e limpidissimo teorico d’un genere, la forma-saggio, nella quale oggi primeggia, con grande eleganza e autorevolezza, non solo in Italia. Di poi, un’antologia curata da Emanuele Zinato, Il critico come intruso, ha messo in prospettiva l’itinerario della sua opera; il volume Casi critici ha magistralmente delineato il paesaggio della cultura europea «dal postmoderno alla mutazione». E intanto Berardinelli, per chiarezza, rigore e fervore, è diventato, forse senza volerlo, ma con la forza delle sue pagine, un riferimento e un modello per più generazioni di recensori, di critici e di saggisti.
 

segue … >>>


\"\"Rese note le motivazioni espresse dalla giuria del Tarquinia Cardarelli per i premi assegnati ad Alfonso Berardinelli, Antoine Compagnon, Anna Cascella Luciani, Chiara Fenoglio, Fabrizio Patriarca ed alla casa editrice Minimum Fax. L’evento dedicato ad uno dei massimi poeti del novecento si configura oggi tra i pochissimi dedicati alla critica letteraria, e il primo a premiare sia l’opera straniera che quella italiana, sia l’opera prima. Questo è stato scelto per dar vita, nei prossimi anni, e con auspici di crescita rapida, al più importante premio del settore.
 
 
 

L E   R A G I O N I   E D   I   P E R C H E ’   D I   U N A   G I U R I A

 

\"GIURIA


  • Premio per la Critica letteraria italiana

 
Alfonso Berardinelli
 
\"AlfonsoTrentacinque anni fa, nel 1973, Alfonso Berardinelli pubblicava il suo primo libro, una monografia su Franco Fortini. Due anni dopo fu coautore, con Franco Cordelli, di una antologia della poesia italiana recentissima diventata nel tempo importante documento storico del clima letterario degli anni Settanta. Nel 1979 usciva la sua finora unica raccolta di poesie, Lezione all’aperto. Ma giusto venticinque anni fa Berardinelli esordiva in volume come saggista: 1983, Il critico senza mestiere. La mossa fu subito quella di chi si metteva, al presente, dalla parte del torto per potere avere ragione dopo, in un futuro meno stolto e dogmatico: era infatti, l’italiano Berardinelli, con pochissimi sodali, già all’origine d’un processo di decostruzione e revisione dell’ancora trionfante teoria letteraria, che si sarebbe realizzato e compiuto soltanto diversi anni dopo in tutta Europa e non solo.Si intravedevano, in quel volume pubblicato dal Saggiatore, i due modi di intervento di questo «tipico autore da rivista», come si è autodefinito. Da una parte uno sguardo analitico attento ai meccanismi letterari; dall’altro uno sguardo capace di cogliere l’intero paesaggio culturale, non solo letterario. Nei venticinque anni trascorsi da allora ad oggi, c’è stata la continua messa in atto di un procedimento descrivibile con la formula che Edmund Wilson creò per sé: «Occorre scrivere articoli che possano diventare saggi, i quali a loro volta diventeranno libri». Attraverso articoli e saggi e libri, Berardinelli è diventato «oggi senz’altro il più brillante e autorevole critico della cultura italiana», per arrivare a candidarsi, in un fondamentale volume del 2002, come il rigoroso e limpidissimo teorico d’un genere, la forma-saggio, nella quale oggi primeggia, con grande eleganza e autorevolezza, non solo in Italia. Di poi, un’antologia curata da Emanuele Zinato, Il critico come intruso, ha messo in prospettiva l’itinerario della sua opera; il volume Casi critici ha magistralmente delineato il paesaggio della cultura europea «dal postmoderno alla mutazione». E intanto Berardinelli, per chiarezza, rigore e fervore, è diventato, forse senza volerlo, ma con la forza delle sue pagine, un riferimento e un modello per più generazioni di recensori, di critici e di saggisti.
 

segue … >>>

  • Premio per la Critica letteraria internazionale
 
Antoine Compagnon
\"AntoineAntoine Compagnon, studioso di letteratura francese, critico letterario e professore alla Sorbona, per molti anni allievo e sodale di Roland Barthes e protagonista della stagione dello strutturalismo, ha sviluppato una ricerca personalissima su figure della cultura francese e su temi cruciali della modernità nel passaggio dall’800 al ‘900: com’è testimoniato almeno dall’importante libro su Proust tra i due secoli (1992) e dai Cinque paradossi della modernità (1993). Ma è con Il demone della teoria (1998) che Compagnon ritrova per intero il significato e la verità della letteratura, dopo gli eccessi della “cultura del commento”, riuscendo a dialogare con il lettore comune, pronto a farsi stupire di nuovo dalle opere, lontano finalmente da tecnicismi, ma senza mai rinunciare alla forza stringente degli argomenti, propria della migliore tradizione teorica. Come Compagnon ci ricorda, in una pagina d’autobiografia malinconica, e non priva di vibrazioni liriche, una volta che si è ritirata la teoria restano sul terreno le domande di sempre, ispirate dal senso comune, quelle domande che, a lui giovane, amava rivolgere il professore di francese del paesino bretone: come interpretare questo passo? Cosa ha voluto dirci l’autore? Qual è la bellezza di questa prosa? Le sette escursioni di Compagnon dedicate ai sette tradizionali nemici della “teoria letteraria” (innanzitutto la “letteratura”, poi l’“autore”, il “mondo”, il “lettore”, lo “stile”, la “storia”, il “valore”) ci appaiono ora utilissime per liberarci proprio dalle aberrazioni sofistiche della semiologia e da certe teorizzazioni manichee impostesi nella cultura francese ed europea a partire dagli anni ’60. Ancora una volta a tornare al centro della scena è la lettura, “tra comprendere e amare (…) tra la libertà e la costrizione”, e il momento, concretissimo, della ricezione. Fino ad una piena riabilitazione del realismo, della mimesis, intesa non come copia della realtà ma, precisamente, come sua “imitazione creatrice”, come modo di conoscenza del mondo. Per arrivare a interrogarsi, come Compagnon ha fatto di recente, su ciò che ancora la letteratura è in grado di fare, per l’uomo, nel nostro antiumanistico presente. 


  • Premio di Poesia

Anna Cascella Luciani

\"AnnaQuello di Anna Cascella Luciani è un caso tra i più felici – per forza d’espressione – e insieme dolorosi – per somma d’ingiustizia critica e negligenza editoriale – della storia della poesia italiana contemporanea. Che il Novecento appaia sempre più, nelle antologie e nei bilanci critici, il secolo d’una poesia in cammino verso la prosa, quello dei Saba, dei Penna, dei Bertolucci, dei Caproni, dei Giudici, è un fatto difficile da negare. Né si potrà disconoscere il ruolo fondamentale che, dentro tale vicenda letteraria, ha potuto svolgere la «poesia onesta», quella rivolta a una più autentica pronunzia della vita. Eppure, il nome di Anna Cascella, che di questa tradizione è tra gli eredi migliori, sembra circolare con sempre più fatica, sino alla clandestinità degli ultimissimi anni. Si dirà di più: tra le poetesse importanti che meglio rappresentano la generazione di mezzo, è quella che non è riuscita a trovare asilo, come meriterebbe, presso un editore importante. Eppure l’esordio, voluto da Franco Fortini, Natalia Ginzburg e Paolo Fossati nel 1980, fu smagliante, nel primo volume Einaudi dei Nuovi poeti italiani. Sono poi venuti, ma a distanza di anni e per l’impegno di piccoli seppur raffinati editori, Tesoro da nulla (1990), Piccoli campi (1996), i semplici (2002). Non è mancato l’impegno, anche squisito, con gli editori d’arte, in collaborazione con artisti e incisori. Né un’attività saggistica, di sicura indipendenza dalle idee ricevute, che ha messo capo al bel saggio I colori di Gatsby-Lettura di Fitzgerald (1995). Tutto ciò basterebbe già a fare della Cascella una figura di sicura rilevanza nel panorama della cultura poetica italiana di questi nostri anni, se non si trattasse solo d’un picco visibile – la punta d’un iceberg – di un’opera ancora quasi interamente e scandalosamente inedita, che si distende dalla raccolta Esculapio (1989-2001) a Tutte le oscurità del verde (1996-2005), sino alla recentissima Incisioni (2006-2008). Ma che poesia è quella di Anna Cascella Luciani? Da sempre interessata a nient’altro che non siano le lusinghe e i tormenti dell’Amore, con la stessa esclusività che fu di Penna, la Cascella Luciani resta consegnata al miracolo d’un precario equilibrio: quello d’una poetessa che, a Novecento conclamato in tutte le sue metastasi, voglia restare fedele ad una sua musica della gioia di vivere con la stessa intelligente spudoratezza, l’ironica e pagana sensualità, il civismo istintivo, d’un latino dell’età aurea. Una poetessa ferma al rifiuto d’ogni trascendenza, per una poesia radicalmente ancorata al “qui ed ora”, renitente persino alla memoria, quando non sia memoria della vita dei sensi: «desidero solo dormire/e riposare, voglio/che sia lui a ricordare». Una musica della gioia che, nel corso degli anni, forse proprio nel segno di quel Fortini che le fu generoso editore, s’è arricchita d’una nuova e ispida moralità, di certe inedite torsioni dell’intelligenza, di una dolorosa prosodia, complicando quella splendida comunicabilità che fu sua agli esordi: «amore e morte si guardano/a distanza – la lontananza/dell’uno ancor più sconfitto/di quanto prima che non fosse/amore porta l’altra ad essere/vicino più di quanto non fosse/morte amore». La Cascella Luciani, una volta miracolosa poetessa del corpo, pare ora alla strenua ricerca d’un di più del concetto: come ad accomiatarsi, non si sa in forza di quale oscuro presentimento, da quella beata irresponsabilità dell’amore che ancora resiste in molti dei suoi versi. L’approdo è quello d’una sicura originalità di voce e di pensiero che la giuria del Premio TarquiniaCardarelli ha voluto riconoscere in risoluta polemica con l’attuale e generale situazione editoriale della poesia italiana.

 

 
  • Premio per la Piccola e media editoria
 
minimum fax

\"MinimunUna piccola grande casa editrice che, nata artigianalmente nel 1993 da una rivista inviata per fax, e ad opera di due ragazzi ingegnosi e un po’ sventati (Marco Cassini e Daniele Di Gennaro) si è imposta per la qualità e straordinaria varietà del suo catalogo, arrivato addirittura, in 15 anni, a 400 titoli. A minimum fax dobbiamo la pubblicazione dell’opera omnia di un classico della contemporaneità come Raymond Carver, la cui vedova – ed è quasi leggenda metropolitana- volle cedere i diritti a un piccolo editore coraggioso e indipendente piuttosto che alle major dell’editoria. Ma con gli Stati Uniti c’è un legame fortissimo se pensiamo che, oltre ai Bukovski, Yates, Malamud, etc., e alla importazione da noi dell’intera preziosa serie delle interviste della “Paris review”, minimum fax ha persino pubblicato un’antologia di scrittori americani solo in seguito riproposta nel loro paese d’origine: Children burned of America! Saranno sempre loro a pubblicare in Italia il primo libro di Foster Wallace. Ma Cassini & Di Gennaro hanno anche scoperto alcuni talenti italiani tra i più significativi delle ultime generazioni, come Valeria Parrella, Nicola Lagioia, Paolo Cognetti, Christian e Veronica Raimo e molti altri ancora. Più recentemente la collana dedicata agli esordienti, Nichel, ha avuto un ruolo fondamentale di esplorazione nella narrativa emergente. Ma anche la saggistica si caratterizza per una sua insolita vivacità critica e culturale, dai pamphlet di Hitchens e Berardinelli, alla prosa di La Capria, fino ai saggi più specifici sul cinema e sulla musica.
La minimum fax ha anche un sito particolarmente ricco e suggestivo, inventivamente propositivo, che è un po’ la continuazione naturale della rivista delle origini e ha affiancato alla attività editoriale una produzione di film e video con la minimum fax media, spaziando dal documentario al ritratto di scrittori. Ricordiamo, infine, una specie di collana summa – “Quindici” –, curiosissima autoantologia, con i maggiori titoli del catalogo. Se si volesse riassumere la “filosofia” di questa casa editrice, la figura retorica migliore sarebbe quella dell’ossimoro: un impegno scanzonato, un classicismo irriverente nel segno d’una voracissima curiosità nei confronti del presente, mai disgiunta da un’idea alta di letteratura. Per questo specialissimo mix di giovanile freschezza e sicura maturità, sperimentalismo totale e disposizione all’eccellenza canonica novecentesca, la minimum fax rappresenta un unicum nel panorama dell’editoria italiana di questi ultimi anni.

  • Premio per l’Opera prima di critica letteraria

ex-aequo Chiara Fenoglio e Fabrizio Patriarca

Chiara Fenoglio
\"ChiaraLa frequentazione di Leopardi, nel cui nome s’assegna quest’anno per la prima volta il riconoscimento all’opera prima di critica letteraria, è, per Chiara Fenoglio, dottore di ricerca in Italianistica presso il Dipartimento di Scienze Letterarie e Filologiche dell’Università di Torino, di antica data, risalendo alla sua tesi di Laurea. Solo una lunga e appassionata consuetudine, infatti, poteva indurla ad un confronto con un poeta-pensatore su cui è stato scritto tutto e il contrario di tutto, e ad una prova così impegnativa: l’accertamento di fonti poco note, se non del tutto ignote, riferibili all’apologetica cristiana del sette-ottocento, la loro contestualizzazione all’interno del sistema. Nonostante ciò, Un infinito che non comprendiamo. Leopardi e l’apologetica cristiana dei secoli XVIII e XIX di Chiara Fenoglio, pubblicato dalle Edizioni dell’Orso, mette capo a risultati d’ora in poi non più eludibili circa l’individuazione delle radici filosofiche del pensiero e della poesia leopardiana, in direzione d’una suggestiva contaminazione antropologica tra cattolicesimo e sensismo. Il controllo di prima mano dei documenti, la conoscenza del pensiero sette-ottocentesco (Fénelon, Polignac, Muratori, Lamennais: molto felici le pagine dedicate al dibattito sugli animali come specchio dell’uomo), la qualità dell’intelligenza critica, la chiarezza della scrittura, fanno di Chiara Fenoglio, non più una promessa, ma una certezza della critica letteraria italiana.
 
Fabrizio Patriarca
\"FabrizioLeopardi e l’invenzione della moda, il libro d’esordio di Fabrizio Patriarca, dottore di ricerca in Italianistica presso l’Università di Roma «Tor Vergata», pubblicato quest’anno da Gaffi, unisce a una conoscenza perfino erudita dell’argomento affrontato un’esposizione solida e precisa, sensibile al dibattito estetico. Conoscitore di cose letterarie che ha molto ben presente il senso della tradizione, Patriarca si mostra tuttavia autore attento all’oggi, all’essere contemporanei. Notevole è la sua capacità di fondere questi due piani, senza mai confonderli. Il punto di inizio e di maggior estensione del libro, l’Operetta morale dedicata al Dialogo della Moda e della Morte, si sviluppa come ricognizione intorno a quella «retorica della modernità» che è la moda (Simmel, Benjamin, Barthes). Ne risulta un intreccio a molte voci di grande suggestione, dominato da letteratura e filosofia, intorno a questioni di sempre e di oggi: un bel capitolo di interpretazione leopardiana e del presente già imprescindibile, e non solo nella storia della critica leopardiana, attraverso un libro condotto da uno stile saggistico elegante e di sorprendente, sicura, maturità.
 
 
 
 
L A    G I U R I A
 

Massimo Onofri (Presidente), professore ordinario di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università di Sassari, critico letterario, collaboratore de “La Stampa”, “Avvenire”, “Nuovi Argomenti” ed editorialista dei giornali regionali del gruppo Espresso. Al suo attivo numerosi volumi editi da Laterza, Einaudi, Donzelli, Bompiani, Mondadori, Avagliano, Gaffi e altri. Ricordiamo, appena uscito, Recensire, istruzioni per l’uso (Donzelli).

Raffaele Manica, professore associato di Letteratura italiana all’Università di Roma, critico letterario, condirettore di “Nuovi Argomenti”, collaboratore di “Alias” supplemento settimanale del “Manifesto”. Autore di numerosi volumi di saggi, sta curando per i Meridiani Mondadori la pubblicazione delle opere di Alberto Arbasino e Enzo Siciliano. In libreria in questi giorni Qualcosa del passato (Gaffi).

Filippo La Porta, critico letterario, autore di numerosi volumi di saggi per Feltrinelli, Gaffi, Le Lettere, Bollati-Boringhieri, Bompiani, collabora a “Il Corriere della Sera”, “Il Riformista”, “Europa”, “Il Messaggero”, “Avvenimenti”. Tra i suoi ultimi libri, ricordiamo Maestri irregolari (Bollati Boringhieri, 2007). 

Premio per la Critica letteraria italiana, Alfonso Berardinelli

Premio per la Critica letteraria internazionale, Antoine Compagnon

Premio di Poesia, Anna Cascella Luciani

Premio per la Piccola e media editoria, minimum fax

Premio per l’Opera prima di critica letteraria ex-aequo

Chiara Fenoglio, Un infinito che non comprendiamo.
Leopardi e l’apologetica cristiana dei secoli XVIII e XIX (Dell’Orso, 2008)
Fabrizio Patriarca, Leopardi e l\’invenzione della moda (Gaffi, 2008)

\"\"

Fonte :

Ufficio stampa Premio: Davis & Franceschini
Alba Donati 335.5250734 – Irene Mari 340.9301815
Tel 055/2347273 – e.mail:
davis.franceschini@dada.it  
www.davisefranceschini.it   

 

 

mikronet

Lascia un commento