RICORDANDO CARDARELLI . . .

\"VINCENZOPrima di aprire questo lunga carrellata, questo spazio, dedicato alla VII° edizione del Premio Internazionale Tarquinia-Cardarelli 2008 proponiamo lo stralcio di uno scritto del Poeta tratto da “Parliamo dell’Italia” (ed. Vallecchi, Firenze, 1931). Vuole essere un omaggio della redazione di Oltrepensiero.it  anche al giornalista, allo «scrittore impeccabile che nulla aveva concesso alle ragioni del Romanticismo, custode rigido della tradizione, scopritore e rivendicatore del vero Leopardi dello Zibaldone. Un geniale autodidattta rinchiuso in una intransigenza che non offriva vie d\’uscita ai discepoli o ai lettori della rivista Ronda e che dopo lo scioglimento della stessa rivista aveva continuato una battaglia da isolato. Come poeta lirico i “Prologhi” e alcune parti dei “Viaggi nel tempo” esauriscono il Cardarelli che resterà. Il moralista precedette sempre il poeta che si mantenne sempre sulle posizioni del suo intransigente classicismo integrale. Di lui si può dissentire forse su tutto ma non si può disconoscergli il culto di una immagine alta e quasi inaccessibile dell\’Italia, privilegiata e sacra»  (Eugenio Montale)  
 
 
 
 

LA  CULTURA  ITALIANA  E  “ LA  RONDA ”

di  Vincenzo Cardarelli
 
 

…La pericolosa originalità di questa nuova Italia consiste nell\’aver rotto i ponti coi tempi che immediatamente ci precedono. Si andrà ancora avanti e si vedrà ch\’essa è nata per ristabilire il corso della sua storia reale, della sua storia antica, interrotto circa un secolo fa da quelle che si chiamavano fino a ieri con tutta pompa le tradizioni liberali del Risorgimento.
Quanto a noi, letterati e classicisti, allorché diciamo senso della tradizione e ritorno all\’antico non vogliamo già intendere accademismo e filologia, nel qual caso non si capirebbe perché avremmo dovuto tanto scalmanarci, dal momento che in Italia non s\’è fatto mai altro. La filologia è una scienza che tutti possono imparare, ma che non può dare il gusto a chi non ne ha, giacché, giacché, osserva Cervantes nel Dialogo dei cani, se bastasse il latino per non essere idiota, non ci dovevano essere idioti tra i latini; nel qual senso invece è naturale ed è creativo e pochi sono in grado di capirlo, non ché di possederlo.
Ma neppure ci lasciamo illudere da quel presunto rinnovamento filosofico che è l\’ultimo ritrovato di una cultura la quale ha perso il ricordo della propria originalità storica, quando non addirittura un fenomeno d\’impudente ciarlataneria, e crede poter supplire con delle astrazioni a un profondo difetto di costume. Questo è quel che è. Esiste o non esiste. La filosofia non può abbatterlo, se non quando è già morto. Non lo può creare, se non a patto di obliarsi come filosofia e convertirsi in attività pratica e positiva, la qual cosa implica discrezione, sentimento e conoscenza dei limiti che una determinata storia formalmente propone. Onde noi stimiamo di esser buoni filosofi concludendo che l\’Italia di oggi non ha bisogno di filosofi, non ha bisogno di predicatori, e neppure di critici, ma di scrittori e di artisti. (…)

 

segue … >>>


\"VINCENZOPrima di aprire questo lunga carrellata, questo spazio, dedicato alla VII° edizione del Premio Internazionale Tarquinia-Cardarelli 2008 proponiamo lo stralcio di uno scritto del Poeta tratto da “Parliamo dell’Italia” (ed. Vallecchi, Firenze, 1931). Vuole essere un omaggio della redazione di Oltrepensiero.it  anche al giornalista, allo «scrittore impeccabile che nulla aveva concesso alle ragioni del Romanticismo, custode rigido della tradizione, scopritore e rivendicatore del vero Leopardi dello Zibaldone. Un geniale autodidattta rinchiuso in una intransigenza che non offriva vie d\’uscita ai discepoli o ai lettori della rivista Ronda e che dopo lo scioglimento della stessa rivista aveva continuato una battaglia da isolato. Come poeta lirico i “Prologhi” e alcune parti dei “Viaggi nel tempo” esauriscono il Cardarelli che resterà. Il moralista precedette sempre il poeta che si mantenne sempre sulle posizioni del suo intransigente classicismo integrale. Di lui si può dissentire forse su tutto ma non si può disconoscergli il culto di una immagine alta e quasi inaccessibile dell\’Italia, privilegiata e sacra»  (Eugenio Montale)  
 
 
 
 

LA  CULTURA  ITALIANA  E  “ LA  RONDA ”

di  Vincenzo Cardarelli
 
 

…La pericolosa originalità di questa nuova Italia consiste nell\’aver rotto i ponti coi tempi che immediatamente ci precedono. Si andrà ancora avanti e si vedrà ch\’essa è nata per ristabilire il corso della sua storia reale, della sua storia antica, interrotto circa un secolo fa da quelle che si chiamavano fino a ieri con tutta pompa le tradizioni liberali del Risorgimento.
Quanto a noi, letterati e classicisti, allorché diciamo senso della tradizione e ritorno all\’antico non vogliamo già intendere accademismo e filologia, nel qual caso non si capirebbe perché avremmo dovuto tanto scalmanarci, dal momento che in Italia non s\’è fatto mai altro. La filologia è una scienza che tutti possono imparare, ma che non può dare il gusto a chi non ne ha, giacché, giacché, osserva Cervantes nel Dialogo dei cani, se bastasse il latino per non essere idiota, non ci dovevano essere idioti tra i latini; nel qual senso invece è naturale ed è creativo e pochi sono in grado di capirlo, non ché di possederlo.
Ma neppure ci lasciamo illudere da quel presunto rinnovamento filosofico che è l\’ultimo ritrovato di una cultura la quale ha perso il ricordo della propria originalità storica, quando non addirittura un fenomeno d\’impudente ciarlataneria, e crede poter supplire con delle astrazioni a un profondo difetto di costume. Questo è quel che è. Esiste o non esiste. La filosofia non può abbatterlo, se non quando è già morto. Non lo può creare, se non a patto di obliarsi come filosofia e convertirsi in attività pratica e positiva, la qual cosa implica discrezione, sentimento e conoscenza dei limiti che una determinata storia formalmente propone. Onde noi stimiamo di esser buoni filosofi concludendo che l\’Italia di oggi non ha bisogno di filosofi, non ha bisogno di predicatori, e neppure di critici, ma di scrittori e di artisti. (…)

 

segue … >>>

Dovevamo venire noi de La Ronda, a rinfrescar la memoria agl\’italiani, collo Zibaldone alla mano. Non l\’avessimo mai fatto! Il chiasso esageratissimo sorto intorno ad un avvenimento che andava accolto solo con un po\’ di intelligenza e discrezione, riconoscendo che su Leopardi si potevano ancora dire cose nuove, che nell\’opera sua c\’era ancora qualche lato ignoto o mal noto da scoprire, senza tornare per questo a far del leopardismo scolastico o filosofico (ciò che purtroppo è avvenuto) dimostra forse come Leopardi, attraverso i nostri indegni suggerimenti, abbia còlto la giovane letteratura italiana al tutto sprovvista di ogni capacità di comprensione o di reazione seria (…)
Capire Leopardi significa capire la tradizione e la modernità ad un tempo.
Ma noi siamo egualmente lontani dall\’una e dall\’altra… Aver contribuito a diffondere la conoscenza dello Zibaldone, è motivo, per noi de La Ronda, di non piccolo orgoglio. Poiché ho idea che nell\’opera critica e storica di Leopardi sia definita per sempre la grande Italia spirituale che tanto si vagheggia e nella quale io credo al punto che, senza di essa, non riesco ad immaginare nessun\’altra forma d\’impero.

\"\"

mikronet

Lascia un commento