CIASCUNO DI NOI ASPETTA UN PROPRIO GODOT
La persistente attesa di qualcosa che non avverrà, l’assenza di certezze, di punti di riferimento. Il mancato sopraggiungere, l’inesistenza di qualcuno o qualcosa che si continua ad aspettare all’infinito. Cosa rappresenta realmente la sospensione temporale? Fiducia, false speranze, illusioni. Ciascuno di noi aspetta un proprio Godot, intimo o di ampio respiro che sia, a cui attribuisce un’identità ben precisa o un insieme di significati. Il destino, la morte, Dio. Forse la vita stessa. Sono tutte interpretazioni alle quali si presta l’inesistente protagonista della tragicommedia beckettiana e che rendono il teatro dell’assurdo di En attendant Godot (Aspettando Godot) facilmente associabile alla realtà di tutti i giorni, alla crisi d’identità e all’incomunicabilità che sembrano tristemente prevalere. Non resta allora che protrarsi oltre il tempo, imparando pian piano a viverlo, magari avvalendosi di quella magica dimensione parallela che i libri ci offrono.
R I T R A T T I D I P O E S I A
“ In viaggio con la poesia ”
di Alessandra Giannitelli
Non è semplice trovare una vera e propria collocazione alla poesia in una realtà che stenta ormai a confidarsi, ad abbandonarsi, a rivelarsi per quello che è realmente. Cosa può offrire a chi la ama, nella frenesia di un tempo che è rincorsa anziché riflessione? Alcuni dei suoi protagonisti hanno provato a rispondere in occasione della terza edizione di “Ritratti di poesia”, tenutasi il 22 gennaio a Roma al Tempio di Adriano. Ne hanno discusso tra loro ma anche con chi la poesia non la scrive ma la vive, riconoscendosi nei suoi versi e cercandone magari conforto, emozione, sostegno.
Numerose le riflessioni scaturite dai diversi punti di vista di editori (Crocetti Editore, LietoColle, Mursia) e poeti (Elisa Biagini, Ennio Cavalli, Andrea Di Consoli, Anna Maria Farabbi, Valerio Magrelli, Guido Oldani, Elio Pecora, Roberto Piumini e Patrizia Valduga), disparati gli approcci alla questione ma nella maggior parte dei casi convergenti nelle risoluzioni, comunque unanimi nella volontà – e necessità – di un contributo attivo in proposito.
Allo scambio di opinioni sono seguiti contatti diretti con il pubblico in pieno stile caffè letterario, letture di poesie inedite, approfondimenti di temi importanti come la memoria (collettiva o individuale che sia), la lingua, l’espressione della propria interiorità, il ruolo del poeta – e dell’intellettuale in genere – nella società contemporanea.
Nella quotidianità di ognuno di noi, la poesia diventa la possibilità di risolvere le contraddizioni interne, come sostiene il professore Angelo Sabatini: in un’epoca in cui i valori forti non trovano più quel fondamento rappresentato dalla dimensione divina, la poesia aiuta a superare il nichilismo verso cui il mondo occidentale si è indirizzato e di cui si preoccupava già Hegel nell’affermare che – avendo gli dèi abbandonato il mondo – l’unico modo per superare gli ostacoli è servirsi della poesia, in grado di aiutarci a capire dove si trova la difficoltà e a superarla. Una poesia come luogo dell’intimità quindi, dalla quale nasce il problema di come esprimerla perché diventi commerciabile, comunicabile cioè attraverso la pagina stampata, perché quell’interiorità possa arrivare senza eccessive mediazioni direttamente all’anima di chi la recepisce.
È proprio questa interiorità, secondo Arnaldo Colasanti (critico letterario, condirettore della rivista «Nuovi Argomenti» e redattore di «Poesia»), a dover essere svelata attraverso la poesia, partendo dal presupposto che la forza dell’arte poetica è piangere e allo stesso tempo somigliare a un canto e seguendo la definizione filosofica di interiorità come uno spazio pubblico.
segue … >>>
La persistente attesa di qualcosa che non avverrà, l’assenza di certezze, di punti di riferimento. Il mancato sopraggiungere, l’inesistenza di qualcuno o qualcosa che si continua ad aspettare all’infinito. Cosa rappresenta realmente la sospensione temporale? Fiducia, false speranze, illusioni. Ciascuno di noi aspetta un proprio Godot, intimo o di ampio respiro che sia, a cui attribuisce un’identità ben precisa o un insieme di significati. Il destino, la morte, Dio. Forse la vita stessa. Sono tutte interpretazioni alle quali si presta l’inesistente protagonista della tragicommedia beckettiana e che rendono il teatro dell’assurdo di En attendant Godot (Aspettando Godot) facilmente associabile alla realtà di tutti i giorni, alla crisi d’identità e all’incomunicabilità che sembrano tristemente prevalere. Non resta allora che protrarsi oltre il tempo, imparando pian piano a viverlo, magari avvalendosi di quella magica dimensione parallela che i libri ci offrono.
R I T R A T T I D I P O E S I A
“ In viaggio con la poesia ”
di Alessandra Giannitelli
Non è semplice trovare una vera e propria collocazione alla poesia in una realtà che stenta ormai a confidarsi, ad abbandonarsi, a rivelarsi per quello che è realmente. Cosa può offrire a chi la ama, nella frenesia di un tempo che è rincorsa anziché riflessione? Alcuni dei suoi protagonisti hanno provato a rispondere in occasione della terza edizione di “Ritratti di poesia”, tenutasi il 22 gennaio a Roma al Tempio di Adriano. Ne hanno discusso tra loro ma anche con chi la poesia non la scrive ma la vive, riconoscendosi nei suoi versi e cercandone magari conforto, emozione, sostegno.
Numerose le riflessioni scaturite dai diversi punti di vista di editori (Crocetti Editore, LietoColle, Mursia) e poeti (Elisa Biagini, Ennio Cavalli, Andrea Di Consoli, Anna Maria Farabbi, Valerio Magrelli, Guido Oldani, Elio Pecora, Roberto Piumini e Patrizia Valduga), disparati gli approcci alla questione ma nella maggior parte dei casi convergenti nelle risoluzioni, comunque unanimi nella volontà – e necessità – di un contributo attivo in proposito.
Allo scambio di opinioni sono seguiti contatti diretti con il pubblico in pieno stile caffè letterario, letture di poesie inedite, approfondimenti di temi importanti come la memoria (collettiva o individuale che sia), la lingua, l’espressione della propria interiorità, il ruolo del poeta – e dell’intellettuale in genere – nella società contemporanea.
Nella quotidianità di ognuno di noi, la poesia diventa la possibilità di risolvere le contraddizioni interne, come sostiene il professore Angelo Sabatini: in un’epoca in cui i valori forti non trovano più quel fondamento rappresentato dalla dimensione divina, la poesia aiuta a superare il nichilismo verso cui il mondo occidentale si è indirizzato e di cui si preoccupava già Hegel nell’affermare che – avendo gli dèi abbandonato il mondo – l’unico modo per superare gli ostacoli è servirsi della poesia, in grado di aiutarci a capire dove si trova la difficoltà e a superarla. Una poesia come luogo dell’intimità quindi, dalla quale nasce il problema di come esprimerla perché diventi commerciabile, comunicabile cioè attraverso la pagina stampata, perché quell’interiorità possa arrivare senza eccessive mediazioni direttamente all’anima di chi la recepisce.
È proprio questa interiorità, secondo Arnaldo Colasanti (critico letterario, condirettore della rivista «Nuovi Argomenti» e redattore di «Poesia»), a dover essere svelata attraverso la poesia, partendo dal presupposto che la forza dell’arte poetica è piangere e allo stesso tempo somigliare a un canto e seguendo la definizione filosofica di interiorità come uno spazio pubblico.
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Sempre restando nel campo intimistico, ci si domanda se non appartenga proprio al poeta l’osservazione, lo sguardo verso l’interiore, in un sociale in cui ognuno sembra non svolgere più il proprio mestiere, una sorta di continuo venir meno, come sostiene Guido Oldani.
Si arriva in questo modo ad una poesia come espressione del proprio Io a confronto con tutto ciò che lo circonda, in un attraversamento diretto e consapevole, concreto, proprio della poesia di Elio Pecora: una poesia che raccoglie tutto di noi, fissandolo nel tempo, con parole che trovano dimora nell’animo di ciascun lettore. Un lettore compagno di viaggio nel lungo e controverso cammino della vita, in cui dolore e gioia, ombra e luce si alternano alla stregua di infinite simmetrie.
Importante è però anche la forma in cui i pensieri, le idee, le emozioni vengono comunicati.
Da questo punto di vista la poesia svolge un servizio indispensabile alla lingua, come ha spiegato Maurizio Cucchi: di fronte a un linguaggio televisivo sempre più autoritario e per niente autorevole, alla continua creazione di surrogati imposti dal mercato, senza la poesia – senza il suo apporto linguistico – il cammino della lingua sarebbe destinato a un declino assoluto, a involgarirsi sempre di più. C’è purtroppo una distrazione generale davanti alla poesia e, pur non essendo mai stata letta dalle masse ma sempre da un pubblico piuttosto selezionato, sta progressivamente perdendo ancor più il suo ruolo, nonché il suo prestigio. Nonostante la volontà di molti giovani di investire nella poesia, l’editoria non li ha ancora ben identificati, contribuendo così a relegarli ancor più nell’ombra.
Proprio sul rapporto a volte contraddittorio tra editoria e poesia si è concentrato l’intervento di Andrea Casoli, secondo il quale l’unica strada per risollevare la poesia e destinarle un ruolo attivo è mettersi in gioco, accettare la scommessa e con essa il rischio di sbagliare: per un editore la scommessa consiste nel valutare i libri uno ad uno, prescindendo da qualunque etichetta.
A un dibattito sulla forma e il ruolo della poesia non poteva mancare un omaggio a Jorge-Luis Borges e alla straordinaria musicalità dei suoi versi, introdotto da un documentario-intervista di Ennio Cavalli allo scrittore e poeta argentino.
Nelle opere di Borges sembra non esserci iato tra prosa e poesia, quasi fossero le due facce della stessa medaglia: il Giardino dai sentieri che si biforcano, solo per fare un esempio, conserva la propria cadenza, la musicalità, il ritmo, persino nella traduzione, secondo la convinzione borgesiana per cui la bellezza di un verso deve necessariamente passare attraverso l’udito.
Non a caso è caratteristico di Borges scrivere recuperando tutta la tradizione lirica, dal verso libero all’alessandrino, al sonetto, di cui è un affezionato.
Chissà allora quale sarebbe il suo suggerimento per una maggiore fruizione e attenzione alla poesia, se davvero l’editore di cultura non esiste più, come afferma Stefano Mauri: «Oggi non esiste più l’editore di cultura puro: tutti, grandi e piccoli, mescolano il sacro e il profano sia pure con dosaggi e soprattutto con vesti diverse. Ci sono editori dall’aspetto moto serio e austero che fanno spesso e volentieri delle escursioni nei libri più commerciali e viceversa. Le due aspirazioni di tutti sono: trovare il nuovo bestseller assicurarsi il futuro premio Nobel. […] Internet, il passaparola e le classifiche si concentrano su pochi bestseller» (Paolo Di Stefano, Corriere della Sera del 23 gennaio 2009).
Forse investire in ciò che si vuole comunicare resta – per ora – l’unica cosa da fare per mantenere davvero viva la poesia.