”… COME NAVE IN MEZZO ALLA BUFERA”
La Domenica di Pasqua, intorno alle ore 18, si svolge a Tarquinia (Lazio) la festa popolare più attesa e spettacolare di questa Città: la Processione del Cristo Risorto. Tra la folla, che invade le vie del centro storico, si fa largo la statua del Redentore (del peso di sei quintali) trasportata a passo di corsa da sedici fratelli in tunica turchese, preceduti dalla banda musicale, da un gruppo di sparatori armati di doppietta maremmana, che scaricano verso il cielo le loro innocue cartucce, e da nove possenti croci adorne di corone di alloro. È il «Cristo che molleggia, portato a spalla sopra un mare di teste, come nave in mezzo alla bufera», dirà Vincenzo Cardarelli. La statua lignea, al di là delle leggende, è un\’opera ottocentesca di Bartolomeo Canini su un bozzetto in gesso dello scultore Pietro Tenerani ritrovato nel 1982 grazie ad un’accurata indagine dell’artista Lorenzo Balduini. «Non la scambieremmo neanche con la Pietà di Michelangelo», avrebbero detto i Tarquiniesi ad un Papa di tanti anni fa che l\’aveva richiesta per esporla nei Musei Vaticani. Oltrepensiero.it nel consigliare i lettori di cercare nel web gli ampi rinvii dedicati a questa tradizione religiosa e popolare del giorno di Pasqua (tra le poche in Italia) vi propone un racconto fantasy (non irriverente) da questa ispirata.
L ’ I N C O N T R O
di Lucio Aragri
Una strada però per me consueta, sperimentata da anni, per raggiungere in tempo utile “l’evento”.
Un tragitto fuori del tempo e da ogni dimensione per essere puntuale ad un “Incontro” del tutto particolare.
Quasi nessuno era a conoscenza di quell’itinerario, anche se poteva essere ovvio e scontato per chi aveva un minimo di conoscenza della toponomastica cittadina.
Ma in quel giorno ed a quell’ora, tutti approdavano al luogo convenuto attraverso un dedalo di strade comunemente intasate dal traffico veicolare e pedonale.
In effetti, per la maggioranza degli umani, era più importante farsi notare che essere interessati interiormente a quanto stava accadendo. Per me, come uno “straniero” nell’universo, invece, era necessario raggiungere quella situazione ed esserne partecipe.
Quell’anno però uscii di casa più tardi del solito e nonostante stessi percorrendo un tragitto non comune incontrai troppo traffico. Segno evidente, questo, che “l’avvenimento” si era concluso od era nell’imminenza di esserlo.
Accelerai l’autovettura. Girai a sinistra, poi a destra. In modo frenetico guidai fino alla scorciatoia. L’imboccai. Al primo incrocio riuscii ad evitare una moto ed iniziai a percorrere il raccordo per raggiungere la tangenziale. Di nuovo una svolta a destra e, dopo cento metri, a destra ancora.
Passai davanti agli stabilimenti di una vecchia cartiera e di un obsoleto oleificio.
Il rettilineo davanti a me fu letteralmente violentato dalla velocità fino alla brusca frenata per imboccare una strada non asfaltata piena di buche.
Di nuovo una svolta a destra e, dopo l’ultimo sobbalzo, davanti a me la fettuccia bituminosa, tutta in salita, che raggiungeva l’ingresso nord della città antica.
Normalmente riuscivo ad oltrepassare l’arco d\’ingresso al centro abitato in pochi istanti. Quell’anno invece trovai sul mio tragitto una Jeep. Fui costretto a rallentare la mia andatura innervosendomi per quel non calcolato imprevisto, ma soprattutto perché qualcun altro, in quel preciso momento, aveva deciso di percorrere un cammino quasi sconosciuto a tutti e solo a me noto.
Passammo quasi simultaneamente sotto la porta della vecchia cinta muraria. La sorpassai, quell’autovettura, e gli rubai l’unico parcheggio disponibile su quello slargo ai piedi della Fortezza della Trinità.
Arrossii un po’ per l’imbarazzo di un’astuzia meschina determinata dalla conoscenza dei luoghi.
Il guidatore del fuoristrada se n\’accorse. Frenò il mezzo ed aprì il finestrino mentre scendevo dalla mia antiquata automobile.
segue … >>>
La Domenica di Pasqua, intorno alle ore 18, si svolge a Tarquinia (Lazio) la festa popolare più attesa e spettacolare di questa Città: la Processione del Cristo Risorto. Tra la folla, che invade le vie del centro storico, si fa largo la statua del Redentore (del peso di sei quintali) trasportata a passo di corsa da sedici fratelli in tunica turchese, preceduti dalla banda musicale, da un gruppo di sparatori armati di doppietta maremmana, che scaricano verso il cielo le loro innocue cartucce, e da nove possenti croci adorne di corone di alloro. È il «Cristo che molleggia, portato a spalla sopra un mare di teste, come nave in mezzo alla bufera», dirà Vincenzo Cardarelli. La statua lignea, al di là delle leggende, è un\’opera ottocentesca di Bartolomeo Canini su un bozzetto in gesso dello scultore Pietro Tenerani ritrovato nel 1982 grazie ad un’accurata indagine dell’artista Lorenzo Balduini. «Non la scambieremmo neanche con la Pietà di Michelangelo», avrebbero detto i Tarquiniesi ad un Papa di tanti anni fa che l\’aveva richiesta per esporla nei Musei Vaticani. Oltrepensiero.it nel consigliare i lettori di cercare nel web gli ampi rinvii dedicati a questa tradizione religiosa e popolare del giorno di Pasqua (tra le poche in Italia) vi propone un racconto fantasy (non irriverente) da questa ispirata.
L ’ I N C O N T R O
di Lucio Aragri
Una strada però per me consueta, sperimentata da anni, per raggiungere in tempo utile “l’evento”.
Un tragitto fuori del tempo e da ogni dimensione per essere puntuale ad un “Incontro” del tutto particolare.
Quasi nessuno era a conoscenza di quell’itinerario, anche se poteva essere ovvio e scontato per chi aveva un minimo di conoscenza della toponomastica cittadina.
Ma in quel giorno ed a quell’ora, tutti approdavano al luogo convenuto attraverso un dedalo di strade comunemente intasate dal traffico veicolare e pedonale.
In effetti, per la maggioranza degli umani, era più importante farsi notare che essere interessati interiormente a quanto stava accadendo. Per me, come uno “straniero” nell’universo, invece, era necessario raggiungere quella situazione ed esserne partecipe.
Quell’anno però uscii di casa più tardi del solito e nonostante stessi percorrendo un tragitto non comune incontrai troppo traffico. Segno evidente, questo, che “l’avvenimento” si era concluso od era nell’imminenza di esserlo.
Accelerai l’autovettura. Girai a sinistra, poi a destra. In modo frenetico guidai fino alla scorciatoia. L’imboccai. Al primo incrocio riuscii ad evitare una moto ed iniziai a percorrere il raccordo per raggiungere la tangenziale. Di nuovo una svolta a destra e, dopo cento metri, a destra ancora.
Passai davanti agli stabilimenti di una vecchia cartiera e di un obsoleto oleificio.
Il rettilineo davanti a me fu letteralmente violentato dalla velocità fino alla brusca frenata per imboccare una strada non asfaltata piena di buche.
Di nuovo una svolta a destra e, dopo l’ultimo sobbalzo, davanti a me la fettuccia bituminosa, tutta in salita, che raggiungeva l’ingresso nord della città antica.
Normalmente riuscivo ad oltrepassare l’arco d\’ingresso al centro abitato in pochi istanti. Quell’anno invece trovai sul mio tragitto una Jeep. Fui costretto a rallentare la mia andatura innervosendomi per quel non calcolato imprevisto, ma soprattutto perché qualcun altro, in quel preciso momento, aveva deciso di percorrere un cammino quasi sconosciuto a tutti e solo a me noto.
Passammo quasi simultaneamente sotto la porta della vecchia cinta muraria. La sorpassai, quell’autovettura, e gli rubai l’unico parcheggio disponibile su quello slargo ai piedi della Fortezza della Trinità.
Arrossii un po’ per l’imbarazzo di un’astuzia meschina determinata dalla conoscenza dei luoghi.
Il guidatore del fuoristrada se n\’accorse. Frenò il mezzo ed aprì il finestrino mentre scendevo dalla mia antiquata automobile.
segue … >>>
Mi sorrise con un’espressione chiaramente contrariata.
Io invece mi diressi, con atteggiamento quasi impudente, verso di lui.
Improvvisamente, guardandomi in faccia, scoppiò in una grassa risata. « Non è possibile. Ho studiato questo percorso da alcuni giorni credendo di aver fatto una grande scoperta per entrare in questa città come in punta di piedi! Invece ho trovato un compagno di viaggio che alla fine mi soffia, sotto gli occhi, l’unico spazio libero per parcheggiare.»
«Buona Pasqua!», gli augurai tendendogli la mano in segno di pace.
Sorridendo con un’espressione sorpresa e sconsolata rilevò:
«Non avrei mai immaginato che oggi fosse giorno di “festa grande” in questo paese. Solo per buon senso ho deciso di percorrere questa strada…»
«…d’altronde l’unica possibile, in quest\’occasione ed in questo preciso istante per entrare in città», lo interruppi ponendo un accento suadente alle mie parole. «Guardi proprio ora si è liberato un posto… io mi scuso… ma adesso, come vede, può parcheggiare anche lei…», continuai parlando in maniera ansiosa; già percepivo il rumore degli spari che accompagnavano il tradizionale evento di quel giorno…
Li salutai: lui, simile ad un Cristo in Croce e la sua compagna che gli era seduta accanto, come una Maddalena, e della quale mi accorsi improvvisamente della presenza. Anche lei mi rivolse la parola chiedendomi qualcosa che non capii, preso com\’ero, dalla fretta di andarmene per essere puntuale, ancora una volta… all’ “Incontro”.
Con passo frettoloso percorsi la via in discesa fino a raggiungere l’affollatissima e tanto agognata piazza.
Trovai lo spazio di sempre: quell’angolo dove potermi fermare ed osservare, come non visto da alcuno, il passaggio trionfante della Statua…
Ancora una volta ero riuscito ad arrivare in tempo, anche se stavolta all’ultimo momento, per veder passare il “mio” Cristo sorridente in processione. Come sempre, transitandomi davanti, portato a spalla ed a passo di corsa da un manipolo di moderni robot miscredenti, si voltò per salutarmi con un evidente cenno della mano destra, da sempre alzata.
Ma c’era un particolare che solo io ero sicuro d\’essere in grado di percepire… Quell’impercettibile socchiudersi, come in un “ciao”, della mano lignea, mentre la folla applaudiva segnandosi con la croce ed inginocchiandosi in modo quasi superstizioso.
Ed il volto sorridente del Cristo Risorto che volava tra due ali di folla preceduto da innumerevoli Croci, improvvisamente mi richiamò nella memoria quello del guidatore della Jeep che invano cercai di rintracciare per tutto il piazzale.
La Processione si era orami conclusa e mi trovai davanti un amico che, con una macchina fotografica provvista di zoom, scattava immagini alla sacra rappresentazione…
«Emozionante come sempre, vero?» gli chiesi improvvisamente.
Lui si voltò ed augurandomi la “Buona Pasqua” disse: «Sento ancora nelle mie orecchie la voce delle tue telecronache… ma vederla passare, questa Statua, genera in me sensazioni sempre diverse!»
Non ci salutammo nemmeno prendendo ognuno la sua strada. Lui ad inseguire la Statua ed io, nel ritornare frettolosamente sui miei passi, a ricordare la mia trascorsa professione di giornalista e radiotelecronista.
Nel parcheggio, di fronte alla mia vecchia auto, la jeep vuota di quel misterioso automobilista spuntato dal nulla su un percorso che solo io conoscevo, era ancora lì.
Solo in quell’istante mi resi conto che, contrariamente agli anni precedenti, al “mio” Cristo non avevo chiesto nulla: né per me, né per i miei cari, né per il mondo intero… ma Lui mi aveva salutato lo stesso, sorridendomi come sempre, con quella serafica piegatura delle labbra che tanto somigliava alla smorfia di colui che era alla giuda di quella misteriosa autovettura.
Improvvisamente percepii nel mio corpo tutta la spossatezza e la fatica di quell\’irrefrenabile corsa e di quella mia dissennata fretta.
Il mio cuore palpitò come ritenne più opportuno…
La turba del mio ritmo cardiaco sfociò in fenomeni sopraventricolari, fino a raggiungere pause sempre più prolungate e significative.
Una fitta in pieno torace sembrò sentenziare il mio futuro!
Caddi in terra, ma con la sensazione di aver decollato…
…Ero ormai a bordo di un’astronave che vagava nello spazio alla ricerca di un mondo dove farmi approdare…
Il pilota automatico, controllato dai computer di navigazione interstellare, annunciò asetticamente, dopo aver “viaggiato” per migliaia di anni luce, la destinazione dell’approdo.
«In relazione alle non indicazioni espresse dal passeggero di questo traghetto spaziale, stiamo per approdare nel mondo riflesso della sua coscienza. Si ordina l’immediato abbandono dell’astronave non appena saranno espletate le formalità di rito relative allo sbarco. Nell’apposita tasca, ubicata alla sinistra del sedile di crociera, si potranno trovare i depliant turistici del mondo su cui stiamo attraccando.»
Le locuzioni espresse dalla voce digitale erano state più che chiare: al “mio” Cristo non avevo chiesto nulla. Non era importante se per fretta o per dimenticanza: ma, per una qualsiasi di queste ragioni, non potevo più essere ritenuto un’entità da dover tenere in vita in quanto non più necessaria al fine di aiutare e promuovere la trasformazione ed il miglioramento del suo mondo di appartenenza. Durante quell’irrefrenabile corsa verso quell’ “Incontro” a me caro, mi ero soltanto preoccupato, in fondo, di arrivare in orario! La puntualità da sola, se non unità a precisi intendimenti, finisce con l’essere un’espressione di pura ed inutile formalità.
Ormai era chiaro: avrei dovuto espiare, in modo traumatico, quella mia interiore superficialità ed i pieghevoli pubblicitari del mondo cui sarei approdato erano più che comprensibili ed espliciti: « …Poiché la sua persona non è stata in grado, nella vita terrestre, di correggere le aberranti situazioni e gli anomali eventi cui si è trovata di fronte, nell’incapacità di immaginare ipotesi di correzione o soltanto di pregare per una loro soluzione appellandosi, se non altro, ai misteri delle extratemporalità religiose, dovrà subire la violazione dei suoi sentimenti contemplando tutte le aberrazioni possibili ed eventuali della sua mente.»
Mi resi conto di aver gettato al vento, nella mia vita ormai apparentemente trascorsa, un “Incontro”, per superficialità e disattenzione.
Piegai il volto. Il mio sguardo, filtrando i vetri dei finestrini accanto al sedile, vide nel Mondo dove ormai ero atterrato, ogni tipo di violenza ed intrusione nel fisico e nell’animo dei miei simili.
Pedofilia, prostituzione, dittature e democrazie mistificate, miseria, fame, angosce esistenziali, abbrutimenti fisici e mentali, malattie, catastrofi naturali, terrorismo, violenze, …
Se fossi stato capace, in occasione di quell’ “Incontro”, di esprimere un semplice pensiero, forse si sarebbe potuto tutto evitare…
…O forse no …che ambiziose pretese ed aspirazioni!
Però quanto era curioso… quel “mio” Cristo!
Finché gli avevo chiesto qualcosa mi aveva mantenuto in vita. Quando umilmente, se pur con un velo di trascuratezza e di sottile e nascosta vergogna, invece, avevo taciuto, ero stato… punito con la morte!
Sembrava quasi una vendetta per lesa maestà, anche se questo sentimento non poteva appartenere assolutamente alla sua logica. Per Dio, era pur sempre un “Cristo”!
«Avvertiamo il viaggiatore che siamo arrivati a destinazione», affermò la voce elettronica dal timbro femminile di quella deserta astronave. «Il portello di uscita è aperto.»
Mi alzai dal sedile dove mi trovavo e mi diressi verso l’apertura dalla quale si dipartiva una piccola rampa di discesa. Avanzai di un passo e mentre appoggiavo un piede sul primo scalino improvvisamente persi l’equilibrio inciampando in qualcosa… iniziai a ruzzolare sbattendo il capo ovunque. Era come se fossi stato preso a schiaffi… sentivo delle urla… qualcuno stava parlando…
Il mio braccio destro fu come tirato ed allungato. Percepii un pizzico e poi un intenso calore nel corpo salire velocemente al viso come una vampata.
Aprii gli occhi. Furono colpiti da un chiarore intenso poi, pian piano, apparvero delle forme sbiadite fino ad assumere i contorni di sembianze umane. Infine fu tutto visivamente più chiaro e reale.
Stavo sdraiato in terra. Intorno a me alcune persone che mi stavano guardando.
«Ehi ! Amico, questa volta ti è andata bene!» Girai il volto ed incrociai lo sguardo di quello sconosciuto automobilista cui avevo rubato il parcheggio. Era inginocchiato presso di me ancora con una siringa in mano. «Sono un medico intergalattico. Rilassati e stai tranquillo ora è tutto a posto, anche se sarà meglio andare in Ospedale per fare qualche controllo…»
Mi stava sorridendo, nel modo in cui lo faceva sempre, in quel giorno, il “mio” Cristo. «Non correre troppo!» mi disse «altrimenti finirai con il sorpassarti da solo… rischi di sdoppiarti in questa maniera… come se un alter ego uscisse improvvisamente da te lasciando la tua “carcassa” in panne là dove si trova!»
«Ma cosa stai dicendo?» gli chiesi.
«Fermati!», rispose. « Non correre dietro al “tuo” Cristo, guardati piuttosto intorno e datti da fare!»
In quel momento, a sirene spiegate, arrivò un’autoambulanza. Mi misero su una lettiga e mentre gli infermieri mi chiudevano dentro quella terrestre astronave, sentii di nuovo la sua voce. Stava parlando con le persone che si erano lì radunate, per curiosità, da quell’ “evento” :
«Gli è andata troppo bene! Mi trovo in questa città, oggi, per una casuale coincidenza se pur in ragione di un mio “abituale viaggio” in questo Mondo ed in questa Nazione. Per caso sono riuscito a salvarlo, semplicemente perché prima di partire con la mia auto, dopo aver “partecipato” alla vostra festa, mi sono guardato intorno e lo ho visto stramazzare al suolo! Quell’uomo corre troppo per emulare, credo, il “suo” Cristo. E’ capace anche di rubare i parcheggi agli altri pur di correre più veloce di Lui ! …Che strano e curioso “Incontro”. … Neanche “Io”, credevo, fino ad oggi, potesse essere probabile!».
…La cosa più curiosa fu quando, a distanza di anni, mi fu detto da alcuni amici. Vi erano testimoni che videro quello strano “medico” mettersi a correre, a gambe levate, come un dissennato, dietro l’autoambulanza che mi stava trasportando in Ospedale.