IL FESTIVAL DI CANNES NELL’INTEGRITA’ PERDUTA PER SEMPRE DEL FILM DI MENDOZA
Una storia di violenza insopportabile descritta con grande crudezza per la quale non è mancato il disappunto degli addetti ai lavori. Mendoza: «Nel 2007 per il mio Slingshot stavointervistando piccoli delinquenti quando per caso mi sono imbattuto nella confessione di uno studente di criminologia che aveva vissuto un’esperienza similare a quella di Peping, il protagonista del film. Mi sento spesso solo come regista, ma è proprio da questa sfida che riesco a superarmi».
K I N A T A Y
di Mariangiola Castrovilli
Duro e difficile da accettare Kinatay, l’ultimo film del regista filippino Brillante Mendoza in competizione qui a Cannes. Kinatay, nella sua lingua significa massacro, e, quello a cui assistiamo lo è veramente.
Ancora una storia di violenza insopportabile descritta con grande crudezza. Uno studente ventenne di criminologia con pochi quattrini, una moglie e bambino piccolo da mantenere viene reclutato da un vecchio compagno di classe per lavorare come tuttofare per una banda criminale di Manila.
Per la prima volta nella sua vita viene messo di fronte a qualcosa di talmente aberrante da sconvolgerlo. Una prostituta che ha un grosso debito per droga con la gang, viene prelevata e fatta salire in un van dove la picchiano a sangue. Arrivati finalmente a destinazione, la trasportano svenuta in una specie di cantina dove dopo averla stuprata a turno l’ammazzano a colpi di machete, sezionandone i pezzi che poi getteranno sulla strada al ritorno. Sconvolto lui, ma anche il pubblico degli addetti ai lavori che alla fine del film ha protestato con qualche buuu di disappunto.
Mendoza, come è nato questo film non proprio …facile?
«Nel 2007 per il mio Slingshot stavointervistando piccoli delinquenti quando per caso mi sono imbattuto nella confessione di uno studente di criminologia che aveva vissuto un’esperienza similare a quella di Peping, il protagonista di Kinatay. Affascinato da questa testimonianza ho subito pensato che meraviglioso soggetto sarebbe stato per un film. Mi piaceva molto l’idea di fronteggiare la morte nel posto e nel momento più improbabili, perchè ci si rende conto della sua aleatorietà».
segue … >>>
Una storia di violenza insopportabile descritta con grande crudezza per la quale non è mancato il disappunto degli addetti ai lavori. Mendoza: «Nel 2007 per il mio Slingshot stavointervistando piccoli delinquenti quando per caso mi sono imbattuto nella confessione di uno studente di criminologia che aveva vissuto un’esperienza similare a quella di Peping, il protagonista del film. Mi sento spesso solo come regista, ma è proprio da questa sfida che riesco a superarmi».
K I N A T A Y
di Mariangiola Castrovilli
Duro e difficile da accettare Kinatay, l’ultimo film del regista filippino Brillante Mendoza in competizione qui a Cannes. Kinatay, nella sua lingua significa massacro, e, quello a cui assistiamo lo è veramente.
Ancora una storia di violenza insopportabile descritta con grande crudezza. Uno studente ventenne di criminologia con pochi quattrini, una moglie e bambino piccolo da mantenere viene reclutato da un vecchio compagno di classe per lavorare come tuttofare per una banda criminale di Manila.
Per la prima volta nella sua vita viene messo di fronte a qualcosa di talmente aberrante da sconvolgerlo. Una prostituta che ha un grosso debito per droga con la gang, viene prelevata e fatta salire in un van dove la picchiano a sangue. Arrivati finalmente a destinazione, la trasportano svenuta in una specie di cantina dove dopo averla stuprata a turno l’ammazzano a colpi di machete, sezionandone i pezzi che poi getteranno sulla strada al ritorno. Sconvolto lui, ma anche il pubblico degli addetti ai lavori che alla fine del film ha protestato con qualche buuu di disappunto.
Mendoza, come è nato questo film non proprio …facile?
«Nel 2007 per il mio Slingshot stavointervistando piccoli delinquenti quando per caso mi sono imbattuto nella confessione di uno studente di criminologia che aveva vissuto un’esperienza similare a quella di Peping, il protagonista di Kinatay. Affascinato da questa testimonianza ho subito pensato che meraviglioso soggetto sarebbe stato per un film. Mi piaceva molto l’idea di fronteggiare la morte nel posto e nel momento più improbabili, perchè ci si rende conto della sua aleatorietà».
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Come classificherebbe il suo film come horror o…?
«Non direi che Kinatay appartiene alla categoria, ma ne possiede certamente molti elementi. Ho fatto in modo che nulla, al principio, facesse presagire il crimine che arriva all’improvvioso, in modo inatteso al contrario degli horror. Come ho mostrato a poco a poco gli orrori inflitti alla donna in modo da far aumentare gradualmente la paura. Il mio scopo era quello di portare il pubblico ad un livello di angoscia sempre più alto, angoscia che nasce non solo dal pericolo percepito come reale, ma anche da quello di cui non si ha coscienza».
Mendoza, come lei dice nel suo film ‘l’integrità una volta perduta è persa per sempre’, ed il protagonista che sembrerebbe buono, diventa però complice…
«Chiunque di noi avrebbe potuto essere al suo posto. Ha solo 20 anni ed è relativamente innocente. Non conosce il pericolo di vivere in quel mondo. Diventa, suo malgrado, complice e allo stesso tempo vittima. Testimone, in un certo senso della sua propria morte. Ed anche se avesse potuto fuggire fisicamente non lo potrà mai più fare psicologicamente. Ormai si è già venduto l’anima».
Ha imparato qualcosa di nuovo con questo film?
«I miei lavori hanno tutti in comune la verità e l’autenticità con cui descrivo le mie storie ed i miei personaggi. Imparo molto da tutti i miei film ma credo di avere ancora molto da apprendere.
Da Kinatay ho imparato che bisogna sempre essere pronti a qualsiasi evenienza. Mi sento spesso solo come regista, ma è proprio da questa sfida che riesco a superarmi».
FILMATO TRATTO DA WWW.VISUM.IT