Hachiko – A dog story: come la natura unisca tutti i viventi in un’unica spiritualità

Hachiko – A dog story: come la natura unisca tutti i viventi in un’unica spiritualità

Festival Internazionale del Film di Roma(Mariangiola Castrovilli) – Preparate i fazzoletti per Natale quando uscirà nelle sale Hachiko – A dog story con Richard Gere,  il Hachiko - A Dog Storycommovente film del regista svedese  Halle Hallstrom due volte premio Oscar per Le regole della casa del sidro e autore tra l’altro di Chocolat, Casanova e L’imbroglio, sempre con Gere, presentato proprio qui alla Festa di Roma nel 2006. Nella sala Santa Cecilia all’Auditorium per l’anteprima stampa i 93 minuti  della proiezione sono stati tutto un tirare su col naso ed un gran traffico di fazzoletti e di respiri trattenuti per evitare i singhiozzi.
 

A DOG STORYHacicko, tratto da un fatto reale accaduto in Giappone nel 1923 è il remake della pellicola giapponese Hachico Manogatari firmata nel 1987 da Seijro Koyana. La storia è di una semplicità toccante e proprio per questo  ti prende al cuore, descrivendo  il rapporto speciale che s’instaura tra un cagnolino Akita di pochi mesi, perso in una stazione ferroviaria ed il pendolare professor Parker, insegnante di musica. Amore incondizionato che nasce fin da principio con l’uomo che Hachiko ha scelto e che durerà per altri dieci anni dopo la morte del suo padrone, che il cane puntualmente ogni giorno continuerà ad aspettare alle 17 alla stazione.
 
A DOG STORYFascinoso, gentile e disponibile come sempre Richard Gere risponde al fuoco di fila di domande spaziando dal buddismo al Nobel a Obama, ma soprattutto parlando del rapporto particolare che c’è tra essere umano ed animale. «Ho sempre avuto cani» esordisce l’attore con la sua voce calma e profonda, «ho una fotografia in cui camminavo carponi con il mio primo amico Clipper, un delizioso cucciolo di cocker spaniel. Poi venne Billie, in onore di Billie Holiday. Il cane è un compagno davvero speciale, non parlerei di amicizia tra uomo e cane, ma di amore nel senso più lato della parola. Ed è un sentimento misterioso a legarli, quel ‘per te ci sarò sempre’ che poi è come la natura unisca tutti i viventi in un’unica spiritualità».

A DOG STORYGere, lei ha pianto come tutti noi vedendo il film? «Ho cominciato a piangere leggendo il copione, per cui l’ho riletto una seconda volta, ma sempre con la stessa reazione. E non riuscivo a trattenere le lacrime anche quando raccontavo la storia agli amici. L’abbiamo girato quasi come un film muto, una storia da ascoltare quando si è riuniti attorno ad un falò per scaldarsi le mani e qualcuno comincia a dire, ‘la sapete la storia di quel cane…».
 
A DOG STORY«Abbiamo così eliminato anche al montaggio tutte quelle scene che non fossero strettamente connesse con la narrazione» continua l’attore. «Niente stratagemmi cinematografici o effetti speciali, solo fiducia nella storia che parla di accettazione, compassione e amore. Un po’ come lavorare coi bambini, lasciandoli liberi di estrinsecarsi. Abbiamo creato un ambiente di fiducia evitando anche di addestrare l’animale, salvo due o tre scene, lasciavamo che le cose andassero da sole. A volte non accadeva niente, ma per la maggior parte delle scene ecco all’improvviso venir fuori la magia…».

A DOG STORYAvere come lei una profonda spiritualità orientale essendo occidentale… «Sono americano. Oriente ed Occidente non sono poi così lontani come sembrano, l’Occidente guarda più all’esterno, l’Oriente più all’interiorità».

Soddisfatto del Nobel ad Obama? «lo considero un incoraggiamento, un modo per ricordargli la sua missione, rimediare agli errori fatti dagli americani e promuovere la solidarietà universale».

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