Una notte a Roma

Una notte a Roma

(Annalisa Venditti) – Roma sa essere inaspettata. Come l’altra sera, col freddo di una giornata piovosa a piazzale Dunant, tra Trastevere e Monteverde. La fermata dell’autobus è finalmente vuota e sgombra dell’insofferenza di chi aspetta. Attirata da uno strano fruscio, abbasso lo sguardo e vedo un signore tra i sessanta e i settanta anni, cappotto scolorito di montone e l’aria risoluta di chi compie un’azione importante. Prepara il suo letto con cura meticolosa, tra due entrate di un negozio, sotto un balcone.

Qualche busta intorno al giaciglio e un piumone blu, bagnato dalla giornata che si è lasciato alle spalle. «Come farà a trascorrere la notte con quella coperta inzuppata?».

La domanda mi perseguita. Non è facile fare i conti con la propria coscienza, specie quando si sa di stare in torto.

Entro a casa, cerco un piumone nell’armadio, ne trovo uno che sa di bucato, una busta capiente dei grandi magazzini e ripercorro la strada già fatta. «Si offenderà?». Decido di rischiare qualsiasi risposta.

Mi avvicino e accenno imbarazzata: «signore, scusi, può esserle utile?». Mi guarda. La sua faccia sorride in un tremolio di tic: «sì, sì…» – dice.
 
E’ italiano e, forse, non è sempre stato un barbone.

«
Signore, ha mangiato? Vuole qualcosa in rosticceria?»
, continuo nella speranza che accetti. «No, no – mi risponde – ho già fatto. Ho preso il pollo stasera. Vuoi favorire?».

Mi mostra quel pasto incartato con l’accoglienza di chi vuole offrirlo. Mi spiazza, più del giaciglio che si è fatto nel mio quartiere perbene e della coperta bagnata sotto il cielo di Roma. Il suo è un invito a cena. Sincero e senza sensi di colpa.

Per gentile concessione di
Specchio Romano

da  ITALIA SERA

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