“Il peso della farfalla” di Erri De Luca

“Il peso della farfalla” di Erri De Luca

IL PESO DELLA FARFALLA - ERRI DE LUCA - FELTRINELLIUn camoscio, un bracconiere, una farfalla bianca. Una storia d’appartenenza e di ritorni

(Alessandra Giannitelli) –
Un camoscio e un uomo. L’effettivo re del mondo animale e il “re dei camosci” dell’involuzione umana. Novembre, mese di conquiste e di decorsi. Un ultimo duello, non soltanto tra uomo e animale ma ancor più tra essere vivente e vita. In questa storia (Il peso della farfalla, Feltrinelli, pp. 70, euro 7,50) – e nel racconto breve che segue – quello di Erri De Luca è un ritorno alla natura che spazia tra i segreti e i misteri del mondo animale, in cui vige la ferrea legge esistenziale. Un’attenta riflessione sull’irreparabilità delle proprie azioni («…non si impara niente dopo il danno. Si può solo rinunciare a rifarlo»), sull’importanza di ricordare per non commettere gli stessi errori del passato, per non restare solamente «un bicchiere messo alla rovescia, un vuoto chiuso».
Un cacciatore ormai stanco – che sente di avvicinarsi alla conclusione del proprio percorso – e un vecchio camoscio giunto ormai ai suoi ultimi respiri.

Due concezioni completamente diverse, quasi opposte, del presente e di quel che verrà. L’essere umano – dotato di intelletto – è progredito nel tempo, raggiungendo traguardi insperati, ma in una sfida non è ancora riuscito ad emergere vittorioso: vivere il presente, l’unica conoscenza davvero utile, ma che l’uomo deve ancora imparare ad afferrare. «L’uomo sapeva prevedere, incrociare il futuro combinando i sensi con le ipotesi, il gioco preferito. Ma del presente l’uomo non capisce niente». Sapere prima e non “mentre” serve però a poco, se poi non si riesce a prendere realmente coscienza del proprio tempo e a rapportarvisi di conseguenza.
ERRI DE LUCAVivendo a tutti gli effetti dentro il presente, il camoscio riesce invece a condurre una vita serena, combattendo – è vero – per la sopravvivenza, ma con la matura consapevolezza di quel che sarà.Il cacciatore di questo racconto è un tipo solitario – soprattutto solo – che si isola dal mondo che lo circonda, tiene per sé le proprie esperienze di proficue battute di caccia, alla curiosità dei suoi amici risponde suonando l’armonica e si rifugia nel ristagno del proprio cuore. Non sa più cosa significhi amare una donna – né lasciarsi amare.
«Un uomo senza» che ha trascorso la sua vita tra sentieri di montagna e prede da inseguire, più ancora che tra gli uomini, alla ricerca del più grande e più forte camoscio. Un re dei camosci che ha atteso l’incontro con l’uomo che ha ucciso sua madre quando era soltanto un cucciolo e che è ormai rassegnato al compiersi del suo destino. Sul suo corno una farfalla bianca – quasi fosse un amuleto – lo accompagna da sempre, irremovibile. La stessa farfalla che va a posarsi sulla canna del fucile che mira il camoscio. «Il suo volo spezzettato, ad angoli, era l’opposto della palla di piombo caricata nel buio della canna lucente, con la sua linea dritta al bersaglio grosso». L’animale sa risparmiare, l’uomo non perdona. Il peso di quella piccola e leggiadra creatura farà da contrappeso all’uomo in bilico. «Il peso della farfalla gli era finito sopra il cuore, vuoto come un pugno chiuso», lasciandogli intendere quel presente ormai svanito. 
 

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