Presentata a Roma la 67^ Mostra del Cinema di Venezia
(Mariangiola Castrovilli) – Affollatissima conferenza stampa all’Excelsior di Roma per il lancio della 67^ Mostra del Cinema di Venezia (1-11 settembre) che quest’anno vedrà Quentin Tarantino presiedere la giuria che avrà il compito di scegliere il meglio del meglio tra i 23 film in corsa per il prestigioso Leone d’Oro.
Con lui a giudicare i più meritevoli per i vari palmares lo scrittore messicano Guillermo Arriaga (qui al Festival oltre che in veste di giurato anche come autore di El Pozo, un corto di 8’ nella sezione Orizzonti medio e corto metraggi) i registi e sceneggiatori Arnaud Desplechin, Gabriele Salvatores (anche come autore di 1960 fuori concorso), Luca Guadagnino, l’attrice lituana Ingeborga Dapkunaite ed il musicista e cantante americano Danny Elfman.
I magnifici 4 italiani in concorso sono:
Carlo Mazzacurati che firma La Passione con Silvio Orlando e Cristiana Capotondi, Mario Martone autore di Noi Credevamo con Luigi Lo Cascio, Toni Servillo, Luca Zingaretti e Anna Bonaiuto, Saverio Costanzo regista de La solitudine dei numeri primi con Luca Marinelli, Alba Rohrwacher e Isabella Rossellini e l’esordiente Ascanio Celestini regista e interprete de La Pecora nera con Giorgio Tirabassi e Maya Sansa.
Come al solito al lancio della Mostra cinematografica di Venezia Paolo Baratta, presidente della Biennale e Marco Muller direttore del festival. Baratta ha esordito andando dritto al punto… economico annunciando che la mostra, «costa 12 milioni di euro. Le spese vive ammontano a 10 milioni ed il contributo dello Stato è di 7 milioni e 700. Gli sponsor non ci hanno abbandonato ma abbiamo dovuto provvedere alla riduzione dei costi perché abbiamo dovuto fare i conti con la crisi, che ci ha dato però una mano perché l’improvvisa sobrietà della vita economica ha spinto anche i grandi registi ad adattarsi a fare film più corti o di breve durata».
«Si sperimentano vie nuove e nuove opportunità – interviene Muller – soprattutto nella sezione Orizzonti che accoglie tutti insieme, principianti, opere prime, grandi registi che sperimentano i corti, tutti ripeto, oggetto di osservazione e di interesse. Accanto a registi di 101 anni come il grande Maestro Manoel de Oliveira che si cimenta con un corto di 16 primi, ci sono registi che hanno da poco superato la trentina. Potremmo dire che non c’è mai stata una mostra così giovane. L’età media dei registi in concorso è infatti di 47 anni. E senza il grande regista americano Monte Hellmann che ne ha78 anni, l’età media scenderebbe a poco più di 45 …».
Cinque gli americani in concorso tra cui Black Swan di Darren Aronofsky che inaugurerà la competizione ufficiale della 67 edizione della Mostra Cinematografica di Venezia, seguito poi da Sofia Coppola con Somewhere, Vincent Gallo con Promesse scritte sull’acqua, Monte Hellman con Road to Nowhere, Kelly Reichardt con Meek’s Cutoff mentre l’attesissimo Burney’s Version di Richard J.Lewis che batte bandiera Canadese-italiana con Dustin Hoffman, Paul Giammattti, Rosamund Pike, Minnie Driver lo vedremo anche al prossimo festival di Toronto.
Due i giapponesi Miike Takashi con 13 Assassins e Tran Anh Hung con Norwegian wood, la Francia è presente con tre pellicole Happy Few di Antony Cordier, Venus Noir di Abdellatif Kechiche, Potiche di Francois Ozon e 4 coproduzioni , 3 con l’Italia, Noi credevamo di Martone e La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo, un’altra che oltre all’Italia vede anche impegnati Usa e Germania, Miral di Julian Schnabel ed una con la Spagna Balada triste de trompeta di Alex de la Iglesia che Muller ha definito “un grande cineasta con un film insolito e bellissimo”. Inoltre, sempre in concorso ecco il russo Aleksei Fedorchenko con Silent Souls e la coproduzione Cile-Messico-Germania Post Mortem di Pablo Larrain.
La Germania presenta poi Drei di Tom Tykwer ed altre 3 opere in Orizzonti, mentre la Grecia partecipa al concorso con Attenberg di Athina Rachel Tsangari mentre Casus Belli di Georgios Zois va in Orizzonti. La Repubblica Ceca è invece presente Fuori Concorso con Surviving Life di Jan Svankmajer così come lo spagnolo Lope di Ancrucha Waddington.
41 poi gli italiani disseminati in tutte le sezioni della mostra di cui 13 fuori concorso, da Vallanzasca. Gli angeli del male di Michele Placido a Omaggio a Vittorio Gassman di Giancarlo Scarchilli, Sorelle mai di Marco Bellocchio, Niente paura – come siamo, come eravamo e le canzoni di Luciano Ligabue, documentario di Piergiorgio Gay, Dante Ferretti: production designer di Gianfranco Giagni, Notizie degli scavi di Emidio Greco, Gorbaciof di Stefano Incerti, Sei Venezia di Carlo Mazzacurati, All inclusive 3D’ di Nadia Ranocchi e David Zamagni, 1960 di Gabriele Salvatores, La prima volta a Venezia di Antonello Sarno, L’ultimo gattopardo: ritratto di Goffredo Lombardo di Giuseppe Tornatore e Passione, documentario di John Turturro.
La serata d’apertura della sezione Fuori Concorso, sarà dedicata a Bruce Lee nel 70° anniversario della nascita con il film del regista cinese Andrew Lau con Jingwu fengyun – Chen Zhen, mentre il film d’apertura Mezzanotte sarà Machete di cui già tanto si parla, firmato da Robert Rodriguez socio storico di Tarantino mentre la chiusura nel 400° anniversario della pubblicazione de La Tempesta di Shakespeare Julie Taymor ci regalerà la sua The Tempest.
Dando un’occhiata ai numeri vediamo che evidentemente la competizione con Roma di quattro anni fa quando Venezia ha avuto a che fare con un festival nato già adulto e perfettamente rodato ha dato i suoi frutti. Da un dolce abbandono sugli allori tutti sono stati coinvolti per ottenere più brillanti risultati. Nel 2010 sono infatti 83 i lungometraggi spalmati nelle quattro sezioni ufficiali di cui 79 in prima mondiale e 102 i paesi selezionati che nel 2009 erano invece solo 74 senza contare il livello della selezione di quest’anno ottenuta con un lavoro d’equipe capillare e le star attese sulla laguna.
«Ogni anno ci si rimette in discussione per essere sempre un luogo centrale di attenzione per chi fa cinema – ha concluso Baratta – perchè bisogna dare il senso di ciò che si fa e non dare l’impressione di essere una macchina che si muove per inerzia».