“ SOLITUDINI ” di Annamaria Trevale
Solitudini materiali, ma anche morali, di persone all’apparenza ben collocate nella società che li circonda. Solitudini a volte cercate, a volte anche subite e non sempre sconfitte, come malattie sottili, alle quali è assai difficile trovare una terapia, il cui esito del resto rimane spesso incerto.
Solitudini
Annamaria Trevale
2008 Prospettiva Editrice |
L’immagine è sicuramente emblematica, evocativa, quasi poetica. Il problema è che poi penso che quell’uomo sia un ventriloquo che parla al suo pupazzo, e il pupazzo non gli risponde; mi immagino gli sguardi, le attese, i silenzi.
E onestamente, devo ammettere che chi mi considera fondamentalmente un cretino, non ha poi tutti i torti.
Dodici per l’esattezza, toccando racconto dopo racconto dodici momenti diversi della vita.
Eh sì, perché la solitudine è una brutta bestia che ti aspetta e ti becca nei momenti più diversi della vita, e sono diversi gli strumenti che hai a disposizione per combatterla a seconda di quanti anni hai.
Così sono dodici le solitudini e dodici i modi per risolverla, anche se è strano vedere come consapevolezze diverse possano arrivare alla stessa conclusione.
Chi incontrasse Annamaria per la prima volta non si aspetterebbe mai di avere di fronte una sorta di Signora Omicidi, ma vi assicuro che è , letterariamente, in grado di gestire ammazzamenti e suicidi con una leggerezza disarmante.
Allo stesso modo sa gestire pulsioni più solari, come l’innamoramento, e la testarda voglia di vivere nonostante tutto.
Vi assicuro, entrare in questo libro senza aver conosciuto l’autrice è una cosa diversa dal leggerlo avendo ben presente chi lo ha scritto.
Se la incontrate, guardatela bene e provate a mettergli in bocca alcuni passi di questo libro.
Non ci riuscirete, non sembra attrezzata per essere sprezzante, volgare, eppure è così.
E sapete come ci riesce?
Perché non è una che scrive, è una scrittrice.
Ogni personaggio non è lì per caso, non è in quel momento per caso, qualcosa o qualcuno lo ha portato a quel punto.
Ogni sua visione del mondo è motivata, non c’è niente di casuale nel loro sentire e vivere la loro solitudine.
E ogni solitudine è diversa, anche se nel senso comune questa viene percepita come un sentimento uguale per tutti.
Comunque dato che sono un fetente, e lei lo sa, faccio una cosa che nessun recensore dovrebbe fare.
Vi dico racconto per racconto come finiscono…
Solitudini materiali, ma anche morali, di persone all’apparenza ben collocate nella società che li circonda. Solitudini a volte cercate, a volte anche subite e non sempre sconfitte, come malattie sottili, alle quali è assai difficile trovare una terapia, il cui esito del resto rimane spesso incerto.
Solitudini
Annamaria Trevale
2008 Prospettiva Editrice |
L’immagine è sicuramente emblematica, evocativa, quasi poetica. Il problema è che poi penso che quell’uomo sia un ventriloquo che parla al suo pupazzo, e il pupazzo non gli risponde; mi immagino gli sguardi, le attese, i silenzi.
E onestamente, devo ammettere che chi mi considera fondamentalmente un cretino, non ha poi tutti i torti.
Dodici per l’esattezza, toccando racconto dopo racconto dodici momenti diversi della vita.
Eh sì, perché la solitudine è una brutta bestia che ti aspetta e ti becca nei momenti più diversi della vita, e sono diversi gli strumenti che hai a disposizione per combatterla a seconda di quanti anni hai.
Così sono dodici le solitudini e dodici i modi per risolverla, anche se è strano vedere come consapevolezze diverse possano arrivare alla stessa conclusione.
Chi incontrasse Annamaria per la prima volta non si aspetterebbe mai di avere di fronte una sorta di Signora Omicidi, ma vi assicuro che è , letterariamente, in grado di gestire ammazzamenti e suicidi con una leggerezza disarmante.
Allo stesso modo sa gestire pulsioni più solari, come l’innamoramento, e la testarda voglia di vivere nonostante tutto.
Vi assicuro, entrare in questo libro senza aver conosciuto l’autrice è una cosa diversa dal leggerlo avendo ben presente chi lo ha scritto.
Se la incontrate, guardatela bene e provate a mettergli in bocca alcuni passi di questo libro.
Non ci riuscirete, non sembra attrezzata per essere sprezzante, volgare, eppure è così.
E sapete come ci riesce?
Perché non è una che scrive, è una scrittrice.
Ogni personaggio non è lì per caso, non è in quel momento per caso, qualcosa o qualcuno lo ha portato a quel punto.
Ogni sua visione del mondo è motivata, non c’è niente di casuale nel loro sentire e vivere la loro solitudine.
E ogni solitudine è diversa, anche se nel senso comune questa viene percepita come un sentimento uguale per tutti.
Comunque dato che sono un fetente, e lei lo sa, faccio una cosa che nessun recensore dovrebbe fare.
Vi dico racconto per racconto come finiscono…
1) Figlia Unica. Finisce male. 2) Paura della realtà. 3) Il razzista. 4) Il solitario. 5) Secondo capitolo. 6) La prenotazione. 7) La badante. 8) Tempo che passa. 9) Quelle vicine. 10) Panchine. 11) Ombre della sera. 12) Residenza protetta. |
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Lo so siamo al limite dell’ossimoro, lo so.