AL TEATRO ELISEO DI ROMA “GIORNI FELICI” DI BECKETT
Settantacinque difficilissimi minuti quelli vissuti da Anna Marchesini in scena sul palcoscenico dell’Eliseo reso ancora più stilizzato dallo scenografo Carmelo Giammello in una delle più difficili pièce di Samuel Beckett, Giorni Felici di cui firma anche la regia. Carlo Fruttero ha tradotto alla perfezione il pensiero del drammaturgo irlandese, che nell’interpretazione della Marchesini diventa una funambolica, splendida altalena di parole e suoni con cui Anna gioca da par suo, gustando le parole come caramelle che si fa sciogliere lentamente in bocca, modulandole poi con la poesia di note suonate da un flauto.
E S I S T E R E E R E S I S T E R E
di Mariangiola Castrovilli
Giorni Felici, testo teatrale scritto da Samuel Beckett nei primi anni ’60 racconta di una donna, Winnie, che interrarrata fino alla vita finirà per esserlo in finale fino al collo, che trascorre la sua ‘giornata’ tra il campanello del risveglio al mattino e quello del sonno alla sera e passa il tempo in un continuo, incessante chiacchiericcio rivolto in parte a se stessa e in parte al marito Willie, nascosto in un buco laterale. Oltre alle parole, che butta fuori con la foga di un fiume in piena, per sopravvivere c’è solo una grossa sporta marrone dalla quale tira fuori, uno ad uno, con tempi assolutamente maniacali, tutta una serie di oggetti quotidiani, spazzolino e dentifricio, spazzola e pettine, specchio e cappello. Ma a rompere questa rassicurante sequenza, ecco un grosso revolver nero, possibile via di fuga quando la situazione diventerà insostenibile.
Ma perché Winnie e Willie sono lì nella sabbia in attesa di… Godot? I Giorni felici del titolo si riferiscono con amara ironia alla perseveranza di Winnie a non arrendersi all’assurdità di una sitazione e a definire ‘felici’ i suoi giorni. Marchesini, perché proprio Beckett?
«Perché è dai tempi dell\’Accademia che lo desidero. È un\’opera che richiede una maturità anche personale. Quindi dovevo aspettare non solo di essere una cinquantenne, ma anche di avere un po\’ di storia alle spalle per affrontare un testo come questo, dove c\’è la vita, la morte, il nulla».
segue … >>>
Settantacinque difficilissimi minuti quelli vissuti da Anna Marchesini in scena sul palcoscenico dell’Eliseo reso ancora più stilizzato dallo scenografo Carmelo Giammello in una delle più difficili pièce di Samuel Beckett, Giorni Felici di cui firma anche la regia. Carlo Fruttero ha tradotto alla perfezione il pensiero del drammaturgo irlandese, che nell’interpretazione della Marchesini diventa una funambolica, splendida altalena di parole e suoni con cui Anna gioca da par suo, gustando le parole come caramelle che si fa sciogliere lentamente in bocca, modulandole poi con la poesia di note suonate da un flauto.
E S I S T E R E E R E S I S T E R E
di Mariangiola Castrovilli
Giorni Felici, testo teatrale scritto da Samuel Beckett nei primi anni ’60 racconta di una donna, Winnie, che interrarrata fino alla vita finirà per esserlo in finale fino al collo, che trascorre la sua ‘giornata’ tra il campanello del risveglio al mattino e quello del sonno alla sera e passa il tempo in un continuo, incessante chiacchiericcio rivolto in parte a se stessa e in parte al marito Willie, nascosto in un buco laterale. Oltre alle parole, che butta fuori con la foga di un fiume in piena, per sopravvivere c’è solo una grossa sporta marrone dalla quale tira fuori, uno ad uno, con tempi assolutamente maniacali, tutta una serie di oggetti quotidiani, spazzolino e dentifricio, spazzola e pettine, specchio e cappello. Ma a rompere questa rassicurante sequenza, ecco un grosso revolver nero, possibile via di fuga quando la situazione diventerà insostenibile.
Ma perché Winnie e Willie sono lì nella sabbia in attesa di… Godot? I Giorni felici del titolo si riferiscono con amara ironia alla perseveranza di Winnie a non arrendersi all’assurdità di una sitazione e a definire ‘felici’ i suoi giorni. Marchesini, perché proprio Beckett?
«Perché è dai tempi dell\’Accademia che lo desidero. È un\’opera che richiede una maturità anche personale. Quindi dovevo aspettare non solo di essere una cinquantenne, ma anche di avere un po\’ di storia alle spalle per affrontare un testo come questo, dove c\’è la vita, la morte, il nulla».
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Perché Giorni Felici a questo punto della carriera?
«Perché è l\’esatto contrario del percorso che stavo seguendo. E’ stata un\’inversione di marcia. Negli spettacoli comici mi impossessavo completamente del testo, riadattandolo, facendo tutti i personaggi. Qui affronto adesso un testo scarnificato, dove si impone un rapporto rigoroso perfino con le didascalie. Dove c\’è proprio una rarefazione, una riduzione al minimo del movimento, dello spazio, del tempo, della comicità. Forse è questa sfida che mi ha esaltato totalmente. Sicuramente una scelta molto rischiosa, un salto nel buio».
Marchesini, Winnie come portavoce di un’umanità sfinita e disfatta che però si accanisce ad esistere e… resistere…
«Certo, a dire tutte le parole che ci sono da dire, ad identificarsi con quelle per riempire il silenzio, per sottolinearlo, per abbellire la propria fine. In questa esaltante ricerca dell’oro, ficcata dentro un buco, bloccata fino al collo, aspettando la Fine della Partita, voglio proprio vedere se riesco a mantenere le promesse e… le parole! Oh, quello si, sarà un giorno felice!»