FATTI E POESIA a cura di Reno Bromuro
A TOMMY (PERCHE’ IL CUORE NON PUO’ TACERE!)
La Cervone ci ha detto, anzi dimostrato come un fatto di cronaca orripilante possa essere nobilitato dalla Poesia e come la Poesia dal dramma dell’anima faccia sbocciare raggi di sole perché riscaldi e dica che l’amore è l’ultimo a morire.
Afferma Dostojewski che «il bello imbevuto d’amore non muore mai»
A TOMMY (PERCHE’ IL CUORE NON PUO’ TACERE!) ed ecco vedere, attraverso le parole della Cervone, il volto ridente del piccolo che ha subito l’atrocità di due delinquenti. Tentativo inutile — per questa lirica di Cervone — quello di spiegare lessicalmente e logicamente l’accavallarsi di impressioni, di sensazioni, di reazioni fantastiche, di improvvise analogie che costituiscono il tessuto espressivo di terribile esperienza.
Perciò evito volutamente un accostamento, vagamente impressionistico, e metto in conto la prova di una ricostruzione del fatto. Alla lenta e minuziosa analisi l’evento introduce il fatto violento, acceso, da un suggello ardente, attraverso gli occhi e del bimbo trucidato orribilmente e della madre senza più forze, proprio come Maria ai piedi della Croce. Il miracolo che compie la Poesia è proprio quello di assolvere il suo compito trasfigurando la cruda e nefanda realtà vissuta da madre e figlio con la dolcezza di una mamma che sente la necessità di consolare, lei sconsolata, la mamma affranta e incapace di pensare. Il trasalire della testa senza più occhi, ché lo sguardo può anche salvare se rivolto in un certo modo amichevole, perché capace d’intenerire finanche il cuore più crudele; è presente al fatto anche il trasalimento segreto della natura di fronte al «cadere del badile» che metterà la parola fine sull’intera faccenda.
E’ questo il mistero che sovrasta la volontà del Poeta, che in silenzio ascolta quel Dio che si manifesta nelle luminose prospettive degli spazi, e al quale il Poeta offre questo sacrificio accordato con il ritmo del suo cuore, in cui risuona la voce di Lui.
«e quel buio atroce e senza baci…» freme all’apparire delle prime luci che la nebbia fitta lascia senza respiro, in un accordo totale e in una totale tensione di offerta, fatta di canto terrestre che dà forme e soprattutto speranza in un domani in cui non si sentirà più parlare di cose sì orribili e orripilanti.
Ho pianto ancora,
mamma, sotto la paglia
della crudeltà.
Non avevo occhi né mani
per difendermi.
Un masso di paure
il cuoricino fermo.
Il dolore del badile sul mio viso,
e quel buio atroce e senza baci…
Non avevo parole da urlare
a chi mi cercava nella nebbia
d’un rimpianto.
Caverna di morte la mia culla.
Inni di bugie la ninna nanna.
Sotto la paglia.
Ostaggio di fumo.
Niente tenerezza
nell’ora estrema.
Giocattolino
a cui strappano le pile.
Che grida mamma
nel silenzio color petrolio.
Ora la notte ha il chiarore
del dolore.
La tua carezza estrema, mamma,
senza più l’odore atroce
della paglia.
Sandra Cervone
Con tutto l’amore di cui sono capace Reno Bromuro
A TOMMY (PERCHE’ IL CUORE NON PUO’ TACERE!)
La Cervone ci ha detto, anzi dimostrato come un fatto di cronaca orripilante possa essere nobilitato dalla Poesia e come la Poesia dal dramma dell’anima faccia sbocciare raggi di sole perché riscaldi e dica che l’amore è l’ultimo a morire.
Afferma Dostojewski che «il bello imbevuto d’amore non muore mai»
A TOMMY (PERCHE’ IL CUORE NON PUO’ TACERE!) ed ecco vedere, attraverso le parole della Cervone, il volto ridente del piccolo che ha subito l’atrocità di due delinquenti. Tentativo inutile — per questa lirica di Cervone — quello di spiegare lessicalmente e logicamente l’accavallarsi di impressioni, di sensazioni, di reazioni fantastiche, di improvvise analogie che costituiscono il tessuto espressivo di terribile esperienza.
Perciò evito volutamente un accostamento, vagamente impressionistico, e metto in conto la prova di una ricostruzione del fatto. Alla lenta e minuziosa analisi l’evento introduce il fatto violento, acceso, da un suggello ardente, attraverso gli occhi e del bimbo trucidato orribilmente e della madre senza più forze, proprio come Maria ai piedi della Croce. Il miracolo che compie la Poesia è proprio quello di assolvere il suo compito trasfigurando la cruda e nefanda realtà vissuta da madre e figlio con la dolcezza di una mamma che sente la necessità di consolare, lei sconsolata, la mamma affranta e incapace di pensare. Il trasalire della testa senza più occhi, ché lo sguardo può anche salvare se rivolto in un certo modo amichevole, perché capace d’intenerire finanche il cuore più crudele; è presente al fatto anche il trasalimento segreto della natura di fronte al «cadere del badile» che metterà la parola fine sull’intera faccenda.
E’ questo il mistero che sovrasta la volontà del Poeta, che in silenzio ascolta quel Dio che si manifesta nelle luminose prospettive degli spazi, e al quale il Poeta offre questo sacrificio accordato con il ritmo del suo cuore, in cui risuona la voce di Lui.
«e quel buio atroce e senza baci…» freme all’apparire delle prime luci che la nebbia fitta lascia senza respiro, in un accordo totale e in una totale tensione di offerta, fatta di canto terrestre che dà forme e soprattutto speranza in un domani in cui non si sentirà più parlare di cose sì orribili e orripilanti.
Ho pianto ancora,
mamma, sotto la paglia
della crudeltà.
Non avevo occhi né mani
per difendermi.
Un masso di paure
il cuoricino fermo.
Il dolore del badile sul mio viso,
e quel buio atroce e senza baci…
Non avevo parole da urlare
a chi mi cercava nella nebbia
d’un rimpianto.
Caverna di morte la mia culla.
Inni di bugie la ninna nanna.
Sotto la paglia.
Ostaggio di fumo.
Niente tenerezza
nell’ora estrema.
Giocattolino
a cui strappano le pile.
Che grida mamma
nel silenzio color petrolio.
Ora la notte ha il chiarore
del dolore.
La tua carezza estrema, mamma,
senza più l’odore atroce
della paglia.
Sandra Cervone
Con tutto l’amore di cui sono capace Reno Bromuro