PARLIAMONE… a cura di Reno Bromuro
Lampedusa, affonda barca di clandestini (da Il Corriere della Sera)
Oltre 120 a bordo. Almeno 10 i morti. Tratti in salvo settanta immigrati.
Ricerche in corso: circa quaranta dispersi. L’imbarcazione è affondata
alle 3:35 di stamani ( 19 Agosto) dieci miglia a sud di Lampedusa. Nella
zona si sono subito diretti mezzi navali ed aerei per dare soccorso alle
persone finite in mare.
Oltre 120 a bordo. Almeno 10 i morti. Tratti in salvo settanta immigrati.
Ricerche in corso: circa quaranta dispersi. L’imbarcazione è affondata
alle 3:35 di stamani ( 19 Agosto) dieci miglia a sud di Lampedusa. Nella
zona si sono subito diretti mezzi navali ed aerei per dare soccorso alle
persone finite in mare.
Questo il fatto di cronaca odierna. Ieri, negli anni Novanta Francesco Principato scriveva le sue storie di fantasia che oggi sono realtà. Che peccato che l’editoria italiana si sia lasciata scappare un’opera simile, bella e piena, non solo nel contenuto ma anche nella forma. Lui abita a Porto Empedocle e forse ciò che lo ha fatto diventare un giallista di forte risorse letterarie è stata la nascita del commissario Montalbano, ma egli va oltre, il suo sguardo non si ferma ai fatti dell’isola ma va oltre l’orizzonte scandagliando dov’è il dolore per denunciare il perché della sua esistenza.
Ho detto che negli anni Novanta ha scritto una storia simile a quella che oggi stiamo vivendo ogni giorno perché approdano sulle coste delle nostre isole poveri disperati in cerca di Pace e pane.
Franco Principato parlando di una storia simile la veste di giallo, la circolarità del discorso non manca d’incidere la successione delle immagini della parola: unico mezzo espressivo. La parola che concatena un processo di volontà creatrice consapevole e l’inconscio, col lanciare e disporre il traliccio dove vive l’io ideale.
Così, si sono sviluppate progressivamente alcune delle sue potenzialità.
Di fronte a questa rete figurativa si svolgono sul piano stilistico, in gioco di rimandi, di riscontri e di richiami distribuiti di qua e di là dal gran motivo centrale, parallelismi, tesi ad assicurare la salda cerchiatura dei vari pezzi del congegno narrativo.
Afferma Pound: «Un’immagine che presenta un complesso intellettuale emotivo in un istante di tempo, è la presentazione istantanea di un tale complesso che dà il senso d’improvvisa liberazione; quel senso di liberazione dai limiti di tempo e di spazio, quel senso d’improvvisa crescita che proviamo in presenza delle maggiori opere d ‘arte». In effetti allo scrittore Principato non è venuto meno il tempo di questa presentazione istantanea del suo I0; ed è proprio questo il motivo dominante intorno al quale gravita e il racconto e la carica immaginifica che sfrutta nel concetto di tempo.
Franco Principato parlando di una storia simile la veste di giallo, la circolarità del discorso non manca d’incidere la successione delle immagini della parola: unico mezzo espressivo. La parola che concatena un processo di volontà creatrice consapevole e l’inconscio, col lanciare e disporre il traliccio dove vive l’io ideale.
Così, si sono sviluppate progressivamente alcune delle sue potenzialità.
Di fronte a questa rete figurativa si svolgono sul piano stilistico, in gioco di rimandi, di riscontri e di richiami distribuiti di qua e di là dal gran motivo centrale, parallelismi, tesi ad assicurare la salda cerchiatura dei vari pezzi del congegno narrativo.
Afferma Pound: «Un’immagine che presenta un complesso intellettuale emotivo in un istante di tempo, è la presentazione istantanea di un tale complesso che dà il senso d’improvvisa liberazione; quel senso di liberazione dai limiti di tempo e di spazio, quel senso d’improvvisa crescita che proviamo in presenza delle maggiori opere d ‘arte». In effetti allo scrittore Principato non è venuto meno il tempo di questa presentazione istantanea del suo I0; ed è proprio questo il motivo dominante intorno al quale gravita e il racconto e la carica immaginifica che sfrutta nel concetto di tempo.
Lampedusa, affonda barca di clandestini (da Il Corriere della Sera)
Oltre 120 a bordo. Almeno 10 i morti. Tratti in salvo settanta immigrati.
Ricerche in corso: circa quaranta dispersi. L’imbarcazione è affondata
alle 3:35 di stamani ( 19 Agosto) dieci miglia a sud di Lampedusa. Nella
zona si sono subito diretti mezzi navali ed aerei per dare soccorso alle
persone finite in mare.
Oltre 120 a bordo. Almeno 10 i morti. Tratti in salvo settanta immigrati.
Ricerche in corso: circa quaranta dispersi. L’imbarcazione è affondata
alle 3:35 di stamani ( 19 Agosto) dieci miglia a sud di Lampedusa. Nella
zona si sono subito diretti mezzi navali ed aerei per dare soccorso alle
persone finite in mare.
Questo il fatto di cronaca odierna. Ieri, negli anni Novanta Francesco Principato scriveva le sue storie di fantasia che oggi sono realtà. Che peccato che l’editoria italiana si sia lasciata scappare un’opera simile, bella e piena, non solo nel contenuto ma anche nella forma. Lui abita a Porto Empedocle e forse ciò che lo ha fatto diventare un giallista di forte risorse letterarie è stata la nascita del commissario Montalbano, ma egli va oltre, il suo sguardo non si ferma ai fatti dell’isola ma va oltre l’orizzonte scandagliando dov’è il dolore per denunciare il perché della sua esistenza.
Ho detto che negli anni Novanta ha scritto una storia simile a quella che oggi stiamo vivendo ogni giorno perché approdano sulle coste delle nostre isole poveri disperati in cerca di Pace e pane.
Franco Principato parlando di una storia simile la veste di giallo, la circolarità del discorso non manca d’incidere la successione delle immagini della parola: unico mezzo espressivo. La parola che concatena un processo di volontà creatrice consapevole e l’inconscio, col lanciare e disporre il traliccio dove vive l’io ideale.
Così, si sono sviluppate progressivamente alcune delle sue potenzialità.
Di fronte a questa rete figurativa si svolgono sul piano stilistico, in gioco di rimandi, di riscontri e di richiami distribuiti di qua e di là dal gran motivo centrale, parallelismi, tesi ad assicurare la salda cerchiatura dei vari pezzi del congegno narrativo.
Afferma Pound: «Un’immagine che presenta un complesso intellettuale emotivo in un istante di tempo, è la presentazione istantanea di un tale complesso che dà il senso d’improvvisa liberazione; quel senso di liberazione dai limiti di tempo e di spazio, quel senso d’improvvisa crescita che proviamo in presenza delle maggiori opere d ‘arte». In effetti allo scrittore Principato non è venuto meno il tempo di questa presentazione istantanea del suo I0; ed è proprio questo il motivo dominante intorno al quale gravita e il racconto e la carica immaginifica che sfrutta nel concetto di tempo.
Franco Principato parlando di una storia simile la veste di giallo, la circolarità del discorso non manca d’incidere la successione delle immagini della parola: unico mezzo espressivo. La parola che concatena un processo di volontà creatrice consapevole e l’inconscio, col lanciare e disporre il traliccio dove vive l’io ideale.
Così, si sono sviluppate progressivamente alcune delle sue potenzialità.
Di fronte a questa rete figurativa si svolgono sul piano stilistico, in gioco di rimandi, di riscontri e di richiami distribuiti di qua e di là dal gran motivo centrale, parallelismi, tesi ad assicurare la salda cerchiatura dei vari pezzi del congegno narrativo.
Afferma Pound: «Un’immagine che presenta un complesso intellettuale emotivo in un istante di tempo, è la presentazione istantanea di un tale complesso che dà il senso d’improvvisa liberazione; quel senso di liberazione dai limiti di tempo e di spazio, quel senso d’improvvisa crescita che proviamo in presenza delle maggiori opere d ‘arte». In effetti allo scrittore Principato non è venuto meno il tempo di questa presentazione istantanea del suo I0; ed è proprio questo il motivo dominante intorno al quale gravita e il racconto e la carica immaginifica che sfrutta nel concetto di tempo.
Franco Principato sa che liricamente può ridurre quasi a zero la sua materia, ecco perché a don Angelo piace e mette in pratica l’affermazione di Montale: «basta un brivido d’amore» per redimere i ragazzi della sua parrocchia. L’amore vissuto diventa straziante perché in esso vi è il bisogno di rivivere la propria esistenza; poiché i ricordi sono stati, ormai, impressi sulla pagina che resiste al tempo.
Ho affermato che la narrativa contemporanea ha stretto un accordo tra la realtà e le cose. Ovviamente è sottinteso che nelle cose si vuole anche (attraverso contraddizioni evidenti) far trasparire la verità; perché il linguaggio, ha una particolare relazione con la verità. E, proprio, per fortificare questa verità che Francesco Principato (essendo l’Arte il regno delle forme) non deve dissolvere l’essenza della forma.
Da qui la crisi della fantasia – Proprio perché la fantasia e l’immaginazione sono correnti che zampillano e si sviluppano nella misura che coinvolgono tutte le facoltà dell’uomo simultaneamente, armonicamente. Da quando gli artisti, hanno cominciato ad operare indipendentemente uno dall’altro, il prodotto artistico è un risultato abnorme: porta il segno evidente di una prevaricazione, o delle facoltà dialettiche.
Considerando questo stato di cose, si può affermare che la narrativa di Francesco Principato è rappresentativa: in essa c’è la vita, la storia della contrapposizione alla contemporaneità e, il nostro, è testimone del proprio tempo. Il valore della libera testimonianza viene dall’inconsapevolezza d’essere testimone del suo tempo, anche se in fondo è la testimonianza di un poeta che racconta, che descrive i fatti che lo commuovono e lo colpiscono e che l’uomo comune li vedrà vivere nel momento che accadono.
A Porto Empedocle è approdato un barcone con a bordo una trentina di disperati, come ho già accennato; ci sono molti curiosi intorno, improvvisamente una donna grida e mostra le mani insanguinate: qualcuno, inavvertitamente o per dispetto, ha rotto la testa di una bambina di appena sette mesi. I Carabinieri giunti sul posto arrestano subito Kalid, l’uomo più vicino alla donna e che per primo ha tentato di soccorrere la bambina; ecco il motivo delle sua mani insanguinate.
Siamo in Tribunale e qui inizia il racconto originale di Francesco Principato:
«Ai sogni di Kalid ben Jaffir si alterna il serrato dibattimento in tribunale:
– Lo ha mai visto a Canicattì?
– No. Non ricordo.
– Lo ha mai visto in compagnia di Kalid ben Jaffar?
– Ho detto di non averlo mai visto.
– A Canicattì. Lei è molto preciso nelle risposte. Ha mai visto in qualsiasi altro posto l’imputato in compagnia del Cafisi o di altro tunisino?
– Confermo: No.
– Grazie.
Ma ritorna il sogno e, questa volta, non solo di Kalid ma anche dei suoi compatrioti. Un sogno cui l’autore (seppure ancor giovane), usa l’esperienza come un maestro della narrativa cinematografica e introduce una denuncia che brucia sulla pelle e nell’anima per “il bersaglio delle claustrofobiche e bestiali escandescenze che l’affollamento delle inumane galere siciliane provocava”.
Kalid, aveva pensato anche alla nuova insegna: “Porta d’Europa” in quella sua amata Marzameni. La Sicilia più a sud di Tunisi».
Ovviamente ho narrato un brano a caso, ma sarebbe bello se qualche editore interessato mi chiedesse il manoscritto, anche se oggi, solo la data confermerebbe la creazione poetica dell’opera, perché quanto è scritto in «Più a Sud di Tunisi», oggi lo leggiamo tutti i giorni su milioni di giornali e telegiornali.
Da qui la crisi della fantasia – Proprio perché la fantasia e l’immaginazione sono correnti che zampillano e si sviluppano nella misura che coinvolgono tutte le facoltà dell’uomo simultaneamente, armonicamente. Da quando gli artisti, hanno cominciato ad operare indipendentemente uno dall’altro, il prodotto artistico è un risultato abnorme: porta il segno evidente di una prevaricazione, o delle facoltà dialettiche.
Considerando questo stato di cose, si può affermare che la narrativa di Francesco Principato è rappresentativa: in essa c’è la vita, la storia della contrapposizione alla contemporaneità e, il nostro, è testimone del proprio tempo. Il valore della libera testimonianza viene dall’inconsapevolezza d’essere testimone del suo tempo, anche se in fondo è la testimonianza di un poeta che racconta, che descrive i fatti che lo commuovono e lo colpiscono e che l’uomo comune li vedrà vivere nel momento che accadono.
A Porto Empedocle è approdato un barcone con a bordo una trentina di disperati, come ho già accennato; ci sono molti curiosi intorno, improvvisamente una donna grida e mostra le mani insanguinate: qualcuno, inavvertitamente o per dispetto, ha rotto la testa di una bambina di appena sette mesi. I Carabinieri giunti sul posto arrestano subito Kalid, l’uomo più vicino alla donna e che per primo ha tentato di soccorrere la bambina; ecco il motivo delle sua mani insanguinate.
Siamo in Tribunale e qui inizia il racconto originale di Francesco Principato:
«Ai sogni di Kalid ben Jaffir si alterna il serrato dibattimento in tribunale:
– Lo ha mai visto a Canicattì?
– No. Non ricordo.
– Lo ha mai visto in compagnia di Kalid ben Jaffar?
– Ho detto di non averlo mai visto.
– A Canicattì. Lei è molto preciso nelle risposte. Ha mai visto in qualsiasi altro posto l’imputato in compagnia del Cafisi o di altro tunisino?
– Confermo: No.
– Grazie.
Ma ritorna il sogno e, questa volta, non solo di Kalid ma anche dei suoi compatrioti. Un sogno cui l’autore (seppure ancor giovane), usa l’esperienza come un maestro della narrativa cinematografica e introduce una denuncia che brucia sulla pelle e nell’anima per “il bersaglio delle claustrofobiche e bestiali escandescenze che l’affollamento delle inumane galere siciliane provocava”.
Kalid, aveva pensato anche alla nuova insegna: “Porta d’Europa” in quella sua amata Marzameni. La Sicilia più a sud di Tunisi».
Ovviamente ho narrato un brano a caso, ma sarebbe bello se qualche editore interessato mi chiedesse il manoscritto, anche se oggi, solo la data confermerebbe la creazione poetica dell’opera, perché quanto è scritto in «Più a Sud di Tunisi», oggi lo leggiamo tutti i giorni su milioni di giornali e telegiornali.
RENO BROMURO