GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE

Circa 9 milioni 860 mila tra i 14-59 anni nell’arco della loro vita hanno subito
almeno una molestia, più di mezzo milione una violenza tentata o consumata

Donna - da http://stenet.wordpress.com

Circa 9 milioni 860 mila tra i 14-59 anni nell’arco della loro vita hanno subito
almeno una molestia, più di mezzo milione una violenza tentata o consumata

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VITERBO

“Giornata internazionale contro la violenza alle donne”
: per la prima volta anche la Provincia di Viterbo aderisce alle iniziative previste per domani, 25 novembre, a livello mondiale. L’appuntamento è alle 16 nella sala conferenze di Palazzo Gentili, con l’apertura dei lavori affidata al presidente Alessandro Mazzoli. Seguiranno quindi gli interventi della consigliera delegata alle Pari opportunità Lina Novelli, dei rappresentanti dell’omonimo forum, con il coordinamento della consigliera di Parità, Maria Antonietta Russo.

In programma la proiezione del film “Ti do i miei occhi” di Iciar Bollain. Presentata al 51esimo festival internazionale del cinema di San Sebastian nel 2003, la pellicola racconta l’amore “sano” e quello “malato” a confronto nelle vite di due sorelle di Toledo, Pilar e Ana, restituendo il quadro del matrimonio infelice della più grande, mentre la seconda prepara il proprio.
“ Come ha recentemente rilevato l’Istat con un’inchiesta che si riferisce al periodo tra il 1997 e il 2002 – afferma Mazzoli –, sono circa dieci milioni le donne tra 14 e i 59 anni che in Italia hanno subìto nel corso della vita violenze, molestie o ricatti sessuali. Questo quadro inquietante dimostra che ancora molto c’è da fare per contrastare il fenomeno. Le istituzioni, in tal senso, hanno il dovere di non tirarsi indietro”.
Ed è proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della violenza alle donne, che la Provincia ha deciso di promuovere la manifestazione di domani. “Il nostro intento – dice Novelli – è affrontare e discutere insieme degli episodi di tratta, sfruttamento, discriminazioni e abusi. Ma anche continuare nell’opera di contrasto alla violenza femminile, iniziata con la costituzione del primo centro antiviolenza provinciale, in collaborazione con l’associazione Erinna. E proseguita poi con l’istituzione a ottobre della “Consulta delle elette dei Comuni” della Tuscia e l’adesione al progetto “Consulta delle Province della Regione Lazio”, coordinato a livello nazionale dalla associazione Telefono rosa”.

GROSSETO

Donne e violenza: dal 25 novembre al 13 gennaio cinque giornate di spettacolo e dibattiti

Molti ancora ricordano la triste storia di Giusy Cuccia, la giovane madre di 39 anni, che il 20 aprile del 2002, in una piazza di Orbetello, venne uccisa, con quattro colpi di pistola, dall’ex fidanzato.
E proprio da Orbetello, sabato 25 novembre, che è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, prende avvio Donne e violenza.
Si tratta di cinque giornate di dibattito e spettacolo che si svolgeranno in altrettanti centri della provincia: il 25 novembre a Orbetello, il 16 dicembre a Manciano, il 19 dicembre a Massa Marittima, l’11 gennaio a Scansano e il 13 gennaio a Grosseto, per sensibilizzare la comunità locale sul fenomeno della violenza contro le donne, in particolare di quella che si consuma silenziosamente tra le mura domestiche.
L’iniziativa è stata presentata ieri, a Palazzo Aldobrandeschi, dall’assessore provinciale alle Politiche sociali Cinzia Tacconi insieme al vicesindaco del Comune di Grosseto Lucia Matergi, al regista Giorgio Zorcù e a Gabriella Lepri dell’Associazione Olympia de Gouges, che gestisce il Centro Antiviolenza di Grosseto. Presenti anche le rappresentanti di alcune associazioni di volontariato che nell’occasione, si sono fatte promotrici di una proposta: quella di costituire un coordinamento locale per aiutare le donne vittime di violenze.
Il progetto Donne e violenza è finanziato dalla Provincia di Grosseto e dalla Regione Toscana, nell’ambito della legge regionale 33/2005 sugli Interventi finalizzati alla promozione della Cultura Contemporanea in Toscana, ed è realizzato dalla compagnia teatrale Mutamenti, insieme all’associazione Olympia de Gouges – Centro antiviolenza di Grosseto, con il patrocinio dei Comuni coinvolti, e il sostegno dei promotori del tanto discusso Appello degli uomini, il manifesto sottoscritto ormai da migliaia di maschi italiani, tra i quali docenti universitari come Giacomo Marramao e Ivano Spano, politici come Piero Fassino e Franco Giordano, giornalisti come Gad Lerner, intellettuali come Goffredo Fofi e Nanni Balestrini, oltre a una valanga di semplici cittadini.
Lo spettacolo che verrà riproposto, nei cinque comuni, da Giorgio Zorcù (regista) e Sara Donzelli (attrice), della compagnia teatrale Mutamenti è La regina dei banditi.
Il testo scritto da Federico Bertozzi si ispira alla controversa figura storica di Poohlan Devi: una donna indiana figlia della casta più umile che dopo aver subito sin da bambina inaudite violenze, matrimoni forzati, stupri di gruppo, torture, si ritrova a guidare una banda di ribelli fino ad essere incarcerata, liberata a furor di popolo, eletta al Parlamento e infine uccisa, nel 2001 a soli 38 anni, in circostanze ancora avvolte dal mistero.
Lo spettacolo ha già debuttato con successo la scorsa estate, in alcuni tra i più prestigiosi festival nazionali. Ma ora, dopo l’incontro con l’Olympia de Gouges e con l’Appello degli uomini, La regina dei banditi prova a farsi strumento di riflessione collettiva sul fenomeno della violenza contro le donne.
Il biglietto d’ingresso costa un euro (più eventuali offerte), il ricavato sarà devoluto all’associazione Olympia De Gouges.

Il Ministero degli Interni – spiega l’assessore provinciale Cinzia Tacconi – segnala un aumento dei casi di violenza sessuale in Italia, dal 2004 al 2005, pari al 22 per cento, con un incremento del 19,7 per cento delle lesioni dolose, mentre, secondo il Ministero per le Pari Opportunità, il 44 per cento delle donne subiscono violenze, e di queste, solo il 7,4 per cento le denuncia. Come Provincia abbiamo ritenuto opportuno finanziare il progetto ‘Donne e violenza’, perché il teatro è sicuramente uno strumento efficace per arrivare alle coscienze, per sensibilizzare le donne, ma anche gli uomini e i ragazzi. La Provincia inoltre, sta lavorando per rendere operativo un accordo di programma affinché, in ogni zona socio-sanitaria, venga aperto almeno un punto di ascolto collegato con il Centro antiviolenza di Grosseto.
A Orbetello, prima tappa del progetto donne e violenza, nascerà presto un punto d’ascolto, e lo stesso potrebbe succedere a breve in altre realtà importanti del territorio come Manciano e Scansano.
Il Comune di Grosseto – commenta il vicesindaco Lucia Matergi – apre con molto piacere il Teatro degli Industri a questa iniziativa. Il teatro diventa pedagogico: l’arte è il mezzo che non ha concorrenti per veicolare certi tipi di messaggi perché è in grado di toccare il cuore, di farci scandalizzare e di fronte alla violenza contro le donne ci dobbiamo scandalizzare.
La violenza contro le donne ci riguarda, recita il sottotitolo dell’Appello degli uomini. Con questo progetto – spiega Giorgio Zorcù, già direttore del Festival di Santarcangelo e del Crt di Milano – vogliamo tentare proprio di parlare anche agli uomini e con gli uomini, soprattutto i più giovani. Troppo spesso la violenza sulle donne rimane argomento di riflessione tra le donne stesse, nonostante il problema stia per la gran parte proprio nella cultura maschile.
La mattina del 13 gennaio – ricorda Zorcù – al Teatro degli Industri di Grosseto, ci sarà una replica dello spettacolo per gli studenti di quinta degli Istituti superiori, per cui invitiamo le scuole della provincia a partecipare numerose a questa importante iniziativa di sensibilizzazione.
Sempre nella data-simbolo del 25 novembre, quattro associazioni maremmane (Amnesty International, Donne Confartigianato, Centro Donna e associazione Olympia de Gouges), così come succede nel resto d’Italia, hanno pensato di sottolineare l’importanza di questo giorno distribuendo nei grandi supermercati, negli alimentari e presso i piccoli panificatori della provincia 20.000 sacchetti per il pane, con su scritto Ancora oggi per molte donne la violenza è il pane quotidiano.
Ma ecco il programma di Donne e violenza

Orbetello, sabato 25 novembre 2006
Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne
Auditorium comunale
Ore 17,30 Conferenza e incontro con Stefano Ciccone (primo firmatario Appello degli uomini) e Gabriella Lepri (presidente dell’associazione Olympia De Gouges)
Ore 21,15 La regina dei banditi

Manciano, sabato 16 dicembre 2006
Cinema teatro
Ore 17,30 La regina dei banditi

Massa Marittima, martedì 19 dicembre
Sala San Bernardino
Ore 18 Conferenza e incontro
Ore 21,15 La regina dei banditi

Scansano, giovedì 11 gennaio 2007
Teatro Castagnoli
Ore 21,15 La regina dei banditi

Grosseto, sabato 13 gennaio
Teatro degli Industri
Ore 10 incontro sul tema con le classi V delle scuole superiori della città
Ore 11 La regina dei banditi
Ore 17,30 Conferenza e incontro
Ore 21,15 La regina dei banditi

Approfondimenti

IL CENTRO ANTIVIOLENZA

Il Centro antiviolenza si trova a Grosseto in via Oberdan (ma a breve si trasferirà in via Trieste) ed è aperto il lunedì e mercoledì dalle 9,30 alle 12,30 (telefono 0564 413884, e-mail c.antiviolenza@provincia.grosseto.it), è in contatto costante con le Questure, le altre forze dell’ordine e i centri antiviolenza d’Italia.
E’ stato istituito nel 1999 da Provincia, Comune di Grosseto e Asl ed è gestito dall’associazione Olympia de Gouges.
Uscire allo scoperto – spiega Gabriella Lepri presidente dell’associazione Olympia de Gouges – e segnalare i casi di abuso fisico o sessuale è fondamentale; allo stesso modo in cui è auspicabile che si formi un’opinione pubblica sempre più convinta, che stigmatizzi in maniera forte la violenza, soprattutto da parte della popolazione maschile.
I numeri forniti dall’associazione De Gouges, unico centro antiviolenza provinciale e specializzato nei maltrattamenti alle donne tra le mura domestiche, rispecchiano le dimensioni di un fenomeno allarmante.
Allarmante e in aumento – commenta Gabriella Lepri – per questo abbiamo aderito con grande piacere al progetto teatrale di Giorgio Zorcù e della Provincia Donne e violenza, poiché c’è necessità di combattere i moltissimi casi di violenza psichica, fisica, economica e sessuale che si consumano vicino a noi.
Sono 230 le donne che in provincia di Grosseto dal 1999 a oggi sono state vittime di violenza maschile tra le mura domestiche e hanno chiesto aiuto all’associazione che tratta in media 32 nuovi casi all’anno (oltre ai moltissimi già avviati) di donne provenienti da tutta la provincia.
Sono persone – dice Gabriella Lepri – che insieme a noi iniziano un percorso di aiuto per staccarsi dalla spirale di violenza prodotta dal marito, convivente o fidanzato. La nostra filosofia è quella di tenere le donne al centro della loro vita. Noi siamo orecchie che ascoltano il problema e insieme ad alcuni professionisti (una psicologa, un avvocato e un commercialista che lavorano a titolo gratuito), tentano una strada per farle tornare a vivere.
Se 230 – tuttavia – è il dato certo di chi ha subito violenza intrafamiliare e si è rivolto al centro, è impossibile immaginare a quanto corrisponda realmente il fenomeno. Sono moltissimi i casi ufficiosi di maltrattamenti che vanno avanti per anni e rimangono sommersi, senza essere denunciati alle forze dell’ordine. Le vittime – spiega Gabriella Lepri – hanno la tendenza a crearsi un di muro di gomma e perbenismo che impedisce di segnalare il problema nella sua gravità. Tendono a nascondersi e a nascondere i maltrattamenti consumati in casa poiché li considerano un fallimento nella loro capacità di essere madri, compagne e mogli, mentre tra gli uomini matura una forma di solidarietà sessista che li inorgoglisce e fa legare gli abusi alla propria potenza sessuale.

L’APPELLO DEGLI UOMINI

La violenza contro le donne ci riguarda:  prendiamo la parola come uomini
Assistiamo a un ritorno quotidiano della violenza esercitata da uomini sulle donne. Con dati allarmanti anche nei paesi evoluti dell’Occidente democratico. Violenze che vanno dalle forme più barbare dell’omicidio e dello stupro, delle percosse, alla costrizione e alla negazione della libertà negli ambiti familiari, sino alle manifestazioni di disprezzo del corpo femminile.
Una recente ricerca del Consiglio d’Europa afferma che l’aggressività maschile è la prima causa di morte violenta e di invalidità permanente per le donne in tutto il mondo. E tale violenza si consuma soprattutto tra le pareti domestiche.
Siamo di fronte a una recrudescenza quantitativa di queste violenze? Oppure a un aumento delle denunce da parte delle donne? Resta il fatto che esiste ormai un’opinione pubblica e un senso comune, che non tollera più queste manifestazioni estreme della sessualità e della prevaricazione maschile. Chi lavora nella scuola e nei servizi sociali sul territorio denuncia poi una situazione spesso molto critica nei comportamenti degli adolescenti maschi, più inclini delle loro coetanee femmine a comportamenti violenti, individuali e di gruppo.
Forse il tramonto delle vecchie relazioni tra i sessi basate su una indiscussa supremazia maschile provoca una crisi e uno spaesamento negli uomini che richiedono una nuova capacità di riflessione, di autocoscienza, una ricerca approfondita sulle dinamiche della propria sessualità e sulla natura delle relazioni con le donne e con gli altri uomini.
La rivoluzione femminile che abbiamo conosciuto dalla seconda metà del secolo scorso ha cambiato radicalmente il mondo. Sono mutate prima di tutto le nostre vite, le relazioni familiari, l’amicizia e l’amore tra uomini e donne, il rapporto con figlie e figli. Sono cambiate consuetudini e modi di sentire. Anche le norme scritte della nostra convivenza registrano, sia pure a fatica, questo cambiamento.
L’affermarsi della libertà femminile non è una realtà delle sole società occidentali. Il moto di emancipazione e liberazione delle donne si è esteso, con molte forme, modalità e sensibilità diverse, in tutto il mondo. La condizione della donna torna in modo frequente nelle polemiche sullo scontro di civiltà che sarebbe in atto nel mondo. Noi pensiamo che la logica della guerra e dello scontro di civiltà può essere vinta solo con un cambio di civiltà fondato in tutto il mondo su una nuova qualità del rapporto tra gli uomini e le donne.
Oggi attraversiamo una fase contraddittoria, in cui sembra manifestarsi una larga e violenta reazione contraria al mutamento prodotto dalla rivoluzione femminile. La violenza fisica contro le donne può essere interpretata in termini di continuità, osservando il permanere di un’antica attitudine maschile che forse per la prima volta viene sottoposta a una critica sociale così alta, ma anche in termini di novità, come una risposta nel quotidiano alle mutate relazioni tra i sessi.

Un altro sintomo inquietante è il proliferare di mentalità e comportamenti ispirati da fondamentalismi di varia natura religiosa, etnica e politica, che si accompagnano sistematicamente a una visione autoritaria e maschilista del ruolo della donna. Queste stesse tendenze sono però attualmente sottoposte a una critica sempre più vasta, soprattutto – ma non esclusivamente – da parte femminile.
La recente cronaca italiana ci ha offerto alcuni casi drammatici, eclatanti che rivelano anche modi diversi di accanirsi sul corpo e sulla mente femminile. Una ragazza incinta viene seppellita viva dall’amante, che non vuole affrontare il probabile scandalo. Un fratello insegue e uccide la sorella, rea di non aver obbedito al diktat matrimoniale della famiglia. Un immigrato pakistano uccide la figlia, aiutato da altri parenti maschi, perché non segue i costumi sessuali etnici e religiosi della comunità. In alcune città si susseguono episodi di stupro da parte di giovani immigrati ma anche di maschi italiani. Sono italiani gli stupratori di una ragazza lesbica a Torre del Lago. Italiano l’assassino che a Parma ha ucciso con otto coltellate la ex fidanzata, che perseguitava da qualche anno. Ultimo caso di una lunga scia di delitti commessi in questi ultimi anni in Italia da uomini contro le ex mogli o fidanzate, o contro compagne in procinto di lasciarli.
Il clamore e lo scandalo sono alti. In un contesto di insicurezza (in parte reale, in parte enfatizzata dai media e da settori della politica), di continua emergenza e paura per le azioni del terrorismo di matrice islamica e per le contraddizioni prodotte dalla nuova dimensione dei flussi di immigrazione, nel dibattito pubblico la matrice della violenza patriarcale e sessuale è stata spesso riferita a culture e religioni diverse dalla nostra.
Molte voci però hanno insistito giustamente sul fatto che anche la nostra società occidentale non è stata e non è a tutt’oggi immune da questo tipo di violenza. E’ anzi possibile che il rilievo mediatico attribuito alla violenza sessuale che viene dallo straniero risponda a un meccanismo inconscio di rimozione e di falsa coscienza rispetto all’esistenza di questo stesso tipo di violenza, anche se in diversi contesti culturali, nei comportamenti di noi maschi occidentali. Si è parlato dell’esigenza di un maggiore ruolo delle istituzioni pubbliche, sino alla costituzione come parti civili degli enti locali e dello stato nei processi per violenze contro le donne. Si è persino messo sotto accusa un ipotetico silenzio del femminismo di fronte alla moltiplicazione dei casi di violenza.
Noi pensiamo che sia giunto il momento, prima di tutto, di una chiara presa di parola pubblica e di assunzione di responsabilità da parte maschile. In questi anni non sono mancati singoli uomini e gruppi maschili che hanno cercato di riflettere sulla crisi dell’ordine patriarcale. Ma oggi è necessario un salto di qualità, una presa di coscienza collettiva.

La violenza è l’emergenza più drammatica. Una forte presenza pubblica maschile contro la violenza degli uomini potrebbe assumere valore simbolico rilevante. Anche convocando nelle città manifestazioni, incontri, assemblee, per provocare un confronto reale. Siamo poi convinti che un filo unico leghi fenomeni anche molto distanti tra loro ma riconducibili alla sempre più insopportabile resistenza con cui la parte maschile della società reagisce alla volontà che le donne hanno di decidere della propria vita, di significare e di agire la loro nuova libertà.
Il corpo femminile è negato con la violenza. Ma viene anche disprezzato e considerato un mero oggetto di scambio (come ha dimostrato il recente scandalo sulle prestazioni sessuali chieste da uomini di potere in cambio di apparizioni in programmi tv ecc…) Viene rimosso da ambiti decisivi per il potere: nella politica, nell’accademia, nell’informazione, nell’impresa. Lo sguardo maschile – pensiamo anche alle organizzazioni sindacali – non vede ancora adeguatamente la grande trasformazione delle nostre società prodotta negli ultimi decenni dal massiccio ingresso delle donne nel mercato del lavoro.
Chiediamo che si apra finalmente una riflessione pubblica tra gli uomini, nelle famiglie, nelle scuole e nelle università, nei luoghi della politica e dell’informazione, nel mondo del lavoro.
Una riflessione comune capace di determinare una sempre più riconoscibile svolta nei comportamenti concreti di ciascuno di noi.

Primi firmatari:
1. Sandro Bellassai,
2. Stefano Ciccone,
3. Marco Deriu,
4. Massimo Michele Greco,
5. Alberto Leiss,
6. Jones Mannino,
7. Claudio Vedovati

Le ragioni di questo appello

L’appello che diffondiamo in questi giorni reca le firme di uomini provenienti dai più disparati percorsi politici, culturali, religiosi, sessuali, che hanno deciso di reagire in qualche modo ai terribili fatti di violenza alle donne che le cronache hanno riportato alla nostra attenzione negli ultimi mesi. Alcuni vengono da esperienze politiche tradizionali, altri vengono da movimenti studenteschi, pacifisti e ambientalisti, altri ancora hanno cominciato a riflettere su questi temi a partire da relazioni affettive o di amicizia o da scambi con il movimento delle donne.
Si tratta di percorsi semplicemente individuali. Ma anche di esperienze, spesso informali, di gruppi di autocoscienza e di discussione su diverse questioni (stupro, guerra, prostituzione, pedofilia).
Esistono attualmente in Italia gruppi di uomini di questo genere in diverse città:
Uomini in cammino di Pinerolo, Maschile plurale di Roma, Maschile plurale di Bologna, il Gruppo uomini di Verona, il Gruppo uomini di Viareggio, il Gruppo uomini di Torino, il Gruppo uomini di Agape, Il cerchio degli uomini di Torino, l’Associazione uomini casalinghi di Pietrasanta, a cui si aggiungono gruppi misti di uomini e donne Identità e differenza di Spinea, La merlettaia di Foggia, il Circolo della differenza di Parma, il Gruppo sui generis di Anghiari, il Gruppo sul patriarcato di Roma promosso dal Forum Donne PRC.
Queste occasioni di riflessione hanno dato vita a un ampia produzione di articoli, libri, incontri, convegni, sui temi della maschilità e dei rapporti tra i sessi (anche se finora con scarsa attenzione da parte dei media). Negli ultimi anni si sono infittite le occasioni di incontro e confronto a livello nazionale tra uomini e anche tra uomini e donne con alcuni appuntamenti oramai riconosciuti (ad Agape, Asolo, Anghiari fra gli altri).
Gli uomini che hanno attraversato queste esperienze non rivendicano estraneità rispetto alla storia a cui appartengono e non cercano rivincite riesumando vecchi trofei e valori patriarcali. Assumono la libertà conquistata dalle donne grazie al loro pensiero e alla loro pratica, come occasione per interrogarsi e scoprire cose nuove su di sé.
Ci auguriamo che questo appello non sia semplicemente un atto formale: ne proporremo la lettura e la discussione agli uomini che operano nella politica e nelle istituzioni, nelle università e nelle scuole, nei media, nei sindacati, nell’associazionismo, nei servizi, nelle comunità di immigrati, nelle realtà religiose. A tutti gli interessati diamo appuntamento per un incontro pubblico il 14 ottobre a Roma, per scambiare opinioni e elaborare ogni possibile ulteriore iniziativa. Intanto ci auguriamo che le adesioni continuino ad arrivare. Chi volesse aggiungersi ai firmatari può scrivere all’indirizzo appellouomini@libero.it. Per contatti 338/5243829, 347/7999900.

La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La data è stata scelta al primo Encuentro Feminista de Latinoamérica y el Caribe, realizzatosi a Bogotà nel luglio del 1981 ed è poi divenuta una ricorrenza ufficiale nel 1999 in virtù della risoluzione 54/139 dell’Onu. Proprio il 25 novembre, perché è il giorno in cui furono uccise Patria, Minerva e Mate Mirabal, le tre sorelle domenicane impegnate nella lotta di liberazione contro il generale Trujillo. Correva l’anno 1960.
Saranno molte le iniziative per celebrare la giornata.
In Toscana, la Giunta regionale ha aderito formalmente alla Giornata ed ha costituito un tavolo di lavoro permanente per tenere sotto controllo la situazione e studiare soluzioni per contrastare i fenomeni di violenza contro le donne nella regione. Sempre il 25 novembre verrà lanciata la campagna del Fiocco Bianco (The White Ribbon Compaign – WRC), la più vasta azione al mondo condotta dagli uomini per mettere fine alla violenza degli uomini sulle donne. Il fiocco bianco è un simbolo, che indossato dagli uomini, manifesta la volontà di opporsi alla violenza sulle donne. Aderiscono alla campagna istituzioni, enti e movimenti di oltre 50 Paesi. In Toscana indosseranno il Fiocco bianco, tra gli altri, il governatore, Claudio Martini e il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici.

Fonte: Uffici Stampa delle Province di Viterbo e Grosseto

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