ARTIGIANATO NELLA TUSCIA – QUALITA' E INNOVAZIONE PER ESSERE COMPETITIVI

Presentato il 2° Rapporto nazionale dell’Artigianato realizzato
da Unioncamere e dall’Istituto Tagliacarne.
Il commento ai dati e il confronto con la situazione
nella provincia di Viterbo

Maremma Tosco-laziale ed area Romana“Elevare la competitività rilanciando la qualità del prodotto”. È questa la fotografia che emerge dal    Rapporto nazionale dell’Artigianato 2006, realizzato da Unioncamere in collaborazione con l’Istituto “Guglielmo Tagliacarne”.
Lo studio è frutto di una corposa analisi effettuata sulla base dei dati strutturali del settore e attraverso  un’indagine sul campo che ha coinvolto 800 imprese artigiane localizzate in tutta Italia.
Una rilevazione che inevitabilmente tocca anche le aziende artigiane della Tuscia, proponendo un quadro incoraggiante: “Nonostante le difficoltà congiunturali e le trasformazioni in corso del mercato – dichiara  Adalberto Meschini, membro della Giunta della Camera di Commercio di Viterbo in rappresentanza dell’artigianato – la Tuscia Viterbese ribadisce la sua spiccata vocazione artigiana”.
I dati del Rapporto  registrano che la provincia di Viterbo, relativamente all’incidenza  delle imprese artigiane sulla popolazione, raggiunge un valore superiore  alla media nazionale (26 aziende  ogni 1.000 abitanti) e nella graduatoria regionale occupa la prima posizione. Le tabelle inoltre indicano che non tutti i settori sono rappresentati allo stesso modo: se nelle imprese manifatturiere la componente artigiana sul totale è pari all’80,5% (Italia 71,3%), con una punta nelle costruzioni dell’81,9% (Italia 71,3%), nel comparto dei servizi questa percentuale scende al 17,1%, comunque vicino al dato medio nazionale.
Questi dati s’innestano in una tendenza di fondo sicuramente positiva, infatti, come già evidenziato nei mesi scorsi, nel primo semestre del 2006 si sono registrate ben 399 iscrizioni di nuove imprese e solo 162 cancellazioni, ed un  tasso di sviluppo che negli ultimi anni è stato sempre ben superiore a quello medio nazionale, con una crescita, delle imprese attive artigiane extra-agricole, che dal 2000 al 2005 è stata del 6,7%, confronto ad una variazione media nazionale del 5,6%. “Questo trend di crescita del numero di imprese – commenta Meschini – si accompagna a una tenuta della forza-lavoro nel tempo, contrariamente a quanto avviene in altri comparti. Un elemento che meriterebbe più considerazione anche in chiave occupazionale”.

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Presentato il 2° Rapporto nazionale dell’Artigianato realizzato
da Unioncamere e dall’Istituto Tagliacarne.
Il commento ai dati e il confronto con la situazione
nella provincia di Viterbo

Maremma Tosco-laziale ed area Romana“Elevare la competitività rilanciando la qualità del prodotto”. È questa la fotografia che emerge dal    Rapporto nazionale dell’Artigianato 2006, realizzato da Unioncamere in collaborazione con l’Istituto “Guglielmo Tagliacarne”.
Lo studio è frutto di una corposa analisi effettuata sulla base dei dati strutturali del settore e attraverso  un’indagine sul campo che ha coinvolto 800 imprese artigiane localizzate in tutta Italia.
Una rilevazione che inevitabilmente tocca anche le aziende artigiane della Tuscia, proponendo un quadro incoraggiante: “Nonostante le difficoltà congiunturali e le trasformazioni in corso del mercato – dichiara  Adalberto Meschini, membro della Giunta della Camera di Commercio di Viterbo in rappresentanza dell’artigianato – la Tuscia Viterbese ribadisce la sua spiccata vocazione artigiana”.
I dati del Rapporto  registrano che la provincia di Viterbo, relativamente all’incidenza  delle imprese artigiane sulla popolazione, raggiunge un valore superiore  alla media nazionale (26 aziende  ogni 1.000 abitanti) e nella graduatoria regionale occupa la prima posizione. Le tabelle inoltre indicano che non tutti i settori sono rappresentati allo stesso modo: se nelle imprese manifatturiere la componente artigiana sul totale è pari all’80,5% (Italia 71,3%), con una punta nelle costruzioni dell’81,9% (Italia 71,3%), nel comparto dei servizi questa percentuale scende al 17,1%, comunque vicino al dato medio nazionale.
Questi dati s’innestano in una tendenza di fondo sicuramente positiva, infatti, come già evidenziato nei mesi scorsi, nel primo semestre del 2006 si sono registrate ben 399 iscrizioni di nuove imprese e solo 162 cancellazioni, ed un  tasso di sviluppo che negli ultimi anni è stato sempre ben superiore a quello medio nazionale, con una crescita, delle imprese attive artigiane extra-agricole, che dal 2000 al 2005 è stata del 6,7%, confronto ad una variazione media nazionale del 5,6%. “Questo trend di crescita del numero di imprese – commenta Meschini – si accompagna a una tenuta della forza-lavoro nel tempo, contrariamente a quanto avviene in altri comparti. Un elemento che meriterebbe più considerazione anche in chiave occupazionale”.

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Nel Rapporto di Unioncamere le aziende artigiane puntano il dito contro l’incremento dei prezzi delle materie prime, dei componenti e dei semilavorati, così come la poca disponibilità di manodopera qualificata e la difficoltà di rapporti con la Pubblica amministrazione e con il sistema bancario. “Purtroppo l’accesso al credito – sottolinea Meschini – rappresenta ancora la nostra spina nel fianco, frenando gli investimenti e l’apertura ai nuovi mercati. Così come spesso siamo schiacciati dalle lungaggini burocratiche e dal numero impressionante di adempimenti amministrativi”.
Ma quali soluzioni hanno intenzione di adottare gli artigiani per superare queste difficoltà? Secondo il Rapporto oltre il 40% delle imprese intende puntare su un miglioramento della qualità dei prodotti, il 14% su un’azione di contenimento/riduzione dei costi e più del 13% sull’aumento del numero dei committenti. In particolare i settori della ceramica-vetro e del legno-mobilio mirano alla diffusa programmazione di interventi rispetto al mercato, attraverso la ricerca di nuove nicchie a livello locale e nazionale e lo spostamento su fasce più elevate. “Tranne alcune eccezioni – aggiunge Meschini – nella nostra provincia soffriamo il deficit rispetto alla ricerca applicata che, invece, consentirebbe quel salto di qualità auspicato. La recente nascita del Polo scientifico e tecnologico e un rapporto più funzionale con l’Università degli Studi della Tuscia potrebbero contribuire a ridurre il gap sull’innovazione che attualmente ci vede svantaggiati”.
Per le aziende alimentari lo sviluppo dell’impresa sul mercato passa per il miglioramento dei servizi offerti (trasporto, tempi di consegna), l’espansione della dimensione aziendale e la crescita delle risorse umane (formazione del personale ed inserimento di risorse umane qualificate). 
Ma c’è un dato che accomuna più della metà delle imprese artigiane italiane: la  necessità  di introdurre strumenti di tracciabilità che evidenzino caratteristiche e origine dei prodotti. “Un’esigenza – commenta Meschini – che nella provincia di Viterbo è stata felicemente intuita già nel 2003 dalla Camera di Commercio con l’ideazione del marchio collettivo Tuscia Viterbese, a cui hanno aderito anche numerose aziende artigiane impegnate nella produzione di formaggi, prodotti da forno e pasticceria, ceramiche artistiche. Ed è su questa strada che dovremo continuare a crescere”.

Fonte: Camera di Commercio Viterbo

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