VIOLENZA NEGLI STADI: INTERVISTA AL DOTTOR EMANUEL RINALDI

“La  fattoria  degli  animali”   a  cura  di  Alessandro  Caramis

Questa rubrica (dal nome del celebre libro di George Orwell) intende affrontare fatti di rilevante attualità attraverso un taglio sociologico. Andare “oltre il pensiero” può voler dire anche andare oltre le categorie comuni di interpretazione della realtà.
Prendendo a prestito categorie e strumenti dalle scienze sociali si cercherà, manifestando apertamente i propri principi di preferenza personale, di leggere i fenomeni sociali che ci circondano con un’inedita “lente di ingrandimento” sul dibattito politico, economico e culturale odierno
.

T  I  F  O    E    P  O  L  I  T  I  C  A 

Gli ultimi fatti di Catania hanno avviato una ulteriore riflessione sulla violenza negli stadi e non solo. Affrontiamo in questa rubrica questa tematica avvalendoci della decennale conoscenza  ed esperienza del Dott. Emanuel Rinaldi, laureatosi  con una tesi sul rapporto tra tifo e politica. Con questa gentile intervista concessa ad Oltrepensiero ed alla Fattoria degli Animali affronteremo alcune tematiche di cui si è discusso in questi ultimi giorni.
Intervista  di     A L E S S A N D R O   C A R A M I S

Idisordini di Catania - Foto Ansa

Dopo gli ennesimi fatti tragici che hanno coinvolto il mondo calcistico il governo si avvia a dare una ulteriore “morsa” accentuando le misure repressive verso i violenti e responsabilizzando di più le società nella gestione degli stadi. Viene a proposito sempre invocato il cosiddetto modello inglese.
Vorrei chiederle se tali nuove misure, secondo lei, saranno efficaci per ridurre la violenza negli e fuori gli stadi e se il cosiddetto  modello inglese è esportabile in Italia.

«Esaminando attentamente i provvedimenti previsti dalla legge Pisanu, ci si accorge che non è necessario varare un ulteriore  legge anti violenza, basterebbe soltanto applicare con coerenza e severità quella già esistente, che già prevede una maggiore responsabilizzazione delle società di calcio, e pene severissime per chi compie atti teppistici all’interno e fuori dallo stadio. Il vero  problema non è la costruzione di una legge ad hoc  per combattere la violenza negli stadi,ma che tale legge venga applicata garantendo la certezza della pena per i responsabili di violenze negli stadi, ma anche per gli addetti ai lavori che non garantiscono adeguate misure che assicurino il regolare svolgimento dell’evento sportivo,non mi riferisco soltanto alle società  di calcio ma anche ai media, che molte volte enfatizzano l’incontro di calcio come se si trattasse  della  guerra in medio oriente.

Il Ministro dell'Interno Giuliano Amato

Riguardo all’esportabilità del modello inglese in Italia non so se possa funzionare, personalmente non sono d’accordo con chi vuole risolvere il problema della violenza negli stadi in Italia scimmiottando misure legislative provenienti da altri paesi,prima di emanare qualsiasi altro decreto sarebbe opportuno analizzare attentamente le problematiche dei giovani italiani che si riflettono anche nel mondo del calcio, che per il sottoscritto è uno spaccato della società italiana, inoltre nella costruzione di un disegno di legge adeguato per risolvere il problema del teppismo da stadio nel nostro paese bisogna ascoltare la parte sana del tifo ultrà e non solo, poiché costoro  vivono il mondo del calcio in prima persona,quindi sono in grado di dare suggerimenti utili per risolvere i numerosi problemi che affliggono questo sport,non soltanto quello della violenza… »


Secondo Lei le violenze attuali che coinvolgono le tifoserie sono da collegarsi al calcio oppure ad altro?

«Le violenze che vedono coinvolti gli ultra di tutta Italia sono in parte collegate al calcio,questo sport per come è strutturato lascia ampio spazio a logiche conflittuali,come quella di identificare la squadra avversaria e i suoi sostenitori come nemici, basta recarsi allo stadio per rendersi conto che durante l’incontro di calcio gli spettatori vivono sentimenti di grande  attaccamento alla squadra e a i suoi sostenitori a quali si contrappongono sentimenti di elevata ostilità nei confronti degli avversari; questo non ci deve far pensare che sia il calcio il vero responsabile delle violenze che si verificano sugli spalti e fuori dagli impianti di gioco. Alcuni gruppi di tifosi  utilizzano il calcio per sfogare il loro odio verso gruppi di tifosi, e non che vengono da città che loro detestano, che hanno un modo di parlare diverso o addirittura vengono da paesi diversi è hanno un colore di pelle differente.

segue …>>

“La  fattoria  degli  animali”   a  cura  di  Alessandro  Caramis

Questa rubrica (dal nome del celebre libro di George Orwell) intende affrontare fatti di rilevante attualità attraverso un taglio sociologico. Andare “oltre il pensiero” può voler dire anche andare oltre le categorie comuni di interpretazione della realtà.
Prendendo a prestito categorie e strumenti dalle scienze sociali si cercherà, manifestando apertamente i propri principi di preferenza personale, di leggere i fenomeni sociali che ci circondano con un’inedita “lente di ingrandimento” sul dibattito politico, economico e culturale odierno
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T  I  F  O    E    P  O  L  I  T  I  C  A 

Gli ultimi fatti di Catania hanno avviato una ulteriore riflessione sulla violenza negli stadi e non solo. Affrontiamo in questa rubrica questa tematica avvalendoci della decennale conoscenza  ed esperienza del Dott. Emanuel Rinaldi, laureatosi  con una tesi sul rapporto tra tifo e politica. Con questa gentile intervista concessa ad Oltrepensiero ed alla Fattoria degli Animali affronteremo alcune tematiche di cui si è discusso in questi ultimi giorni.
Intervista  di     A L E S S A N D R O   C A R A M I S

Idisordini di Catania - Foto Ansa

Dopo gli ennesimi fatti tragici che hanno coinvolto il mondo calcistico il governo si avvia a dare una ulteriore “morsa” accentuando le misure repressive verso i violenti e responsabilizzando di più le società nella gestione degli stadi. Viene a proposito sempre invocato il cosiddetto modello inglese.
Vorrei chiederle se tali nuove misure, secondo lei, saranno efficaci per ridurre la violenza negli e fuori gli stadi e se il cosiddetto  modello inglese è esportabile in Italia.

«Esaminando attentamente i provvedimenti previsti dalla legge Pisanu, ci si accorge che non è necessario varare un ulteriore  legge anti violenza, basterebbe soltanto applicare con coerenza e severità quella già esistente, che già prevede una maggiore responsabilizzazione delle società di calcio, e pene severissime per chi compie atti teppistici all’interno e fuori dallo stadio. Il vero  problema non è la costruzione di una legge ad hoc  per combattere la violenza negli stadi,ma che tale legge venga applicata garantendo la certezza della pena per i responsabili di violenze negli stadi, ma anche per gli addetti ai lavori che non garantiscono adeguate misure che assicurino il regolare svolgimento dell’evento sportivo,non mi riferisco soltanto alle società  di calcio ma anche ai media, che molte volte enfatizzano l’incontro di calcio come se si trattasse  della  guerra in medio oriente.

Il Ministro dell'Interno Giuliano Amato

Riguardo all’esportabilità del modello inglese in Italia non so se possa funzionare, personalmente non sono d’accordo con chi vuole risolvere il problema della violenza negli stadi in Italia scimmiottando misure legislative provenienti da altri paesi,prima di emanare qualsiasi altro decreto sarebbe opportuno analizzare attentamente le problematiche dei giovani italiani che si riflettono anche nel mondo del calcio, che per il sottoscritto è uno spaccato della società italiana, inoltre nella costruzione di un disegno di legge adeguato per risolvere il problema del teppismo da stadio nel nostro paese bisogna ascoltare la parte sana del tifo ultrà e non solo, poiché costoro  vivono il mondo del calcio in prima persona,quindi sono in grado di dare suggerimenti utili per risolvere i numerosi problemi che affliggono questo sport,non soltanto quello della violenza… »


Secondo Lei le violenze attuali che coinvolgono le tifoserie sono da collegarsi al calcio oppure ad altro?

«Le violenze che vedono coinvolti gli ultra di tutta Italia sono in parte collegate al calcio,questo sport per come è strutturato lascia ampio spazio a logiche conflittuali,come quella di identificare la squadra avversaria e i suoi sostenitori come nemici, basta recarsi allo stadio per rendersi conto che durante l’incontro di calcio gli spettatori vivono sentimenti di grande  attaccamento alla squadra e a i suoi sostenitori a quali si contrappongono sentimenti di elevata ostilità nei confronti degli avversari; questo non ci deve far pensare che sia il calcio il vero responsabile delle violenze che si verificano sugli spalti e fuori dagli impianti di gioco. Alcuni gruppi di tifosi  utilizzano il calcio per sfogare il loro odio verso gruppi di tifosi, e non che vengono da città che loro detestano, che hanno un modo di parlare diverso o addirittura vengono da paesi diversi è hanno un colore di pelle differente.

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In altri casi alcuni tifosi da me intervistati, hanno dichiarato che lo stadio non  è solo  uno dei tanti luoghi per ritrovarsi col proprio gruppo di amici, ma data la carica agonistica generata dall’evento  sportivo potevano scontrasi con i tifosi avversari, sentendo appagato il loro desiderio di violenza.
Non  penso che chiudere il calcio sia la soluzione, chi usa il calcio per sfogare la rabbia, la frustrazione,o soddisfare la sua voglia di violenza sposterebbe la sua aggressività in altri ambiti della vita quotidiana.
Gli scontri tra opposte tifoserie allo stadio Cibali di Catania sono frutto di un profondo odio che divide le città di Catania e Palermo,il calcio è solo un utile pretesto per rinverdire questa profonda divisione cittadina.»

repressioneOgniqualvolta vi sono esplosioni di violenza vi è sempre qualche psicologo o sociologo oppure pedagogo pronto a spiegare il ricorso a tale violenza come una manifestazione o concausa di un malessere sociale, disagio giovanile, familiare, lavorativo, ecc…secondo lei questo basta a spiegare tali fenomeni oppure è riduttivo. E se tale spiegazione è riduttiva per quale motivo?

«Parlare di malessere sociale non è del tutto errato, oggi viviamo in una società fortemente individualista e narcisista,dove vengono esaltati gli interessi privati e gli atteggiamenti macisti basati sul uso della forza e della prepotenza,la famiglia e la comunità hanno perso il loro potere connettivo, ed i giovani non hanno nessuna base solida da cui partire, questo non significa che certi comportamenti come il teppismo da stadio vanno minimizzati e i protagonisti di questi atti visti come vittime sociali, chi si rende protagonista  di condotte violente durante un incontro di calcio deve essere punito, non perché ci sia bisogno di un giudice che dica cosa è giusto o sbagliato ma per responsabilizzare chi si rende protagonista di atti socialmente devianti, per contro però la legge non deve soltanto reprimere i teppisti da stadio, c’è bisogno anche di un programma preventivo che preveda l’educazione dei giovani ad un modo di tifare basato sul rispetto dell’avversario inteso in senso sportivo, e su la visione di un calcio inteso come momento di divertimento e svago.»


Il poliziotto, la guardia, è tornato ad essere il nemico del “sistema”, il catalizzatore dell’odio e della rabbia da parte di opposti estremismi che accomunano (pur nelle divergenze ideologiche) una parte di tifoserie ultrà ed una parte estremista del mondo politico antagonista.
Cosa rappresenta il poliziotto per questi gruppi e perchè catalizza l’odio?
«Oggi il poliziotto viene identificato come lo strumento utilizzato dallo Stato come forma di repressione che non permette a molti gruppi di ultras di tutta Italia di esprimersi e di comportarsi  come loro vorrebbero; in poche parole di scontrarsi liberamente con le opposte tifoserie.»


poltergaistIn conclusione le vorrei chiedere se i mass-media, oggi,  giocano un ruolo di mediatori del messaggio oppure fagocitano o addirittura rappresentano un motivo in più per esercitare le violenze? Vista anche  l’alta visibilità e risonanza mediatica che hanno nella società queste azioni…
«I mass-media oggi svolgono un ruolo fortemente enfatizzante delle vicende calcistiche esasperando gli animi dei tifosi più “accesi”; basta guardare i promo di un incontro di campionato per capire che l’incontro di calcio viene presentato come una battaglia, ad esempio, durante gli incontri che vedono protagonista la squadra della Roma i giocatori vengono presentati come dei gladiatori.»


Non intendo parlare di censura ma secondo lei è giusto dare troppo risalto a questi fenomeni con dibattiti, talk-show, salotti mediatici ove, fagocitati dal pathos si dice tutto ed il contrario di tutto (e a volte molte banalità) oppure sarebbe più utile un silenzio meditativo e riflessivo?
«Penso che dare eccessivo risalto ad episodi come quello di Catania sia dannoso per due motivi, in primo luogo si rischia di essere distolti dall’eccessivo pathos che fa perdere di vista le dimensioni del problema, causando in alcune trasmissioni tv la distorsione dei fatti, che non permette di comprendere a pieno il problema causando soltanto lo sdegno e il giudizio inquisitorio degli spettatori.
In molte trasmissioni sportive, successive ai fatti di Catania, ho sentito quasi la totalità dei giornalisti condannare in maniera assoluta i fatti di Catania senza proporre alcuna soluzione per prevenire e risolvere il problema della violenza negli stadi; si è parlato soltanto di repressione; vorrei dire a coloro che osannano totalmente il modello inglese che in Inghilterra lo Stato non ha soltanto represso chi si macchiava di atti violenti negli stadi, ma ha proposto programmi di educazione al tifo per le giovani generazioni, andando a risolvere il problema alla radice: cioè quello dell’educazione sportiva che è la base fondamentale perché l’evento sportivo sia vissuto come momento di divertimento e non come una battaglia.
Inoltre, dare eccessivo risalto al teppismo da stadio autorizza gli ultras a compierne ulteriori poiché cercano la visibilità mediatica e si sentono sfidati dal resto della società che non li comprende e li condanna, queste non sono parole mie ma di uno dei miei intervistati.»

La ringrazio


ALESSANDRO

CARAMIS

Nasce a Roma il 16 Novembre del 1977.
Si è lauerato in Sociologia nel 2001 con una tesi sul lancio editoriale di J.R.R. Tolkien in Italia grazie alla quale ha fatto da consulente alla Bompiani RCS.
E’ amante della musica jazz e blues, del buon cinema europeo ed americano e dei viaggi.
Si dichiara bibliofilo e ama tenersi costantemente informato sui fatti del mondo e della società.
Cura una personale raccolta di articoli di carta stampata dal 1999.
Attualmente vive ai Castelli Romani e collabora come assistente alla Facoltà di Scienze della Comunicazione alla Sapienza di Roma.

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