INVITO A RILEGGERE… BONAVENTURA TECCHI
BONAVENTURA TECCHI
Vigilia di guerra 1940
Milano, Bompiani, 1946
T I M O R I , A N G O S C E E R I F L E S S I O N I
di Eleonora Bellini
Bonaventura Tecchi nacque a Bagnoregio, in provincia di Viterbo, l’11 febbraio 1896; morì a Roma il 30 marzo 1968. Direttore fra il 1925 ed il 1931 del Gabinetto Vieusseux di Firenze, lettore nelle Università di Berna e Bratislava, poi, dal 1939 professore di lingua e letteratura tedesca all’Università di Padova.
L’ultimo libro di Tecchi si intitola Antica terra, pagine sparse, frammenti scritti dal 1934 al 1967. Il libro è dedicato all’alto Lazio, ad una Tuscia dall’antico sapore di Etruria. Vi troviamo Montefiascone, Orvieto, Viterbo, la stessa Bagnoregio, dove talvolta tornava per le vacanze.
Ma il libro che vogliamo invitarvi a rileggere non è questo, bensì Vigilia di guerra 1940, pubblicato in una piccola collana (“Tra due guerre”) per le Edizioni Bompiani nel gennaio del 1946. Il sottotitolo della breve opera recita: “Testimonianza di uno scrittore, e insieme di tutta una classe, contro la guerra” ; e sul verso del frontespizio leggiamo: “Queste pagine rendono lo stato d’animo e il drammatico conflitto morale di un uomo di cultura, cui lo spettacolo della forza bruta scatenata e del suo momentaneo trionfo danno la spinta a rifarsi a quei valori dello spirito nei quali egli sinceramente crede. E se la sua fede può in qualche istante quasi vacillare, è non tanto per la testimonianza dei fatti brutali quanto per la profonda e tormentosa coscienza delle colpe con cui la sua classe – la classe intelletuale, colta – ha contribuito a rendere possibile lo scatenarsi della violenza. Così il fatto personale assume valore e portata di verità per tutto uno strato sociale e non dell’Italia soltanto”.
Il libretto è costituito da pagine di diario che vanno dal 9 aprile al 10 giugno 1940, due mesi soltanto, ma densi di fondati timori, di angosciose domande e di riflessioni profonde.
segue …>>>
BONAVENTURA TECCHI
Vigilia di guerra 1940
Milano, Bompiani, 1946
T I M O R I , A N G O S C E E R I F L E S S I O N I
di Eleonora Bellini
Bonaventura Tecchi nacque a Bagnoregio, in provincia di Viterbo, l’11 febbraio 1896; morì a Roma il 30 marzo 1968. Direttore fra il 1925 ed il 1931 del Gabinetto Vieusseux di Firenze, lettore nelle Università di Berna e Bratislava, poi, dal 1939 professore di lingua e letteratura tedesca all’Università di Padova.
L’ultimo libro di Tecchi si intitola Antica terra, pagine sparse, frammenti scritti dal 1934 al 1967. Il libro è dedicato all’alto Lazio, ad una Tuscia dall’antico sapore di Etruria. Vi troviamo Montefiascone, Orvieto, Viterbo, la stessa Bagnoregio, dove talvolta tornava per le vacanze.
Ma il libro che vogliamo invitarvi a rileggere non è questo, bensì Vigilia di guerra 1940, pubblicato in una piccola collana (“Tra due guerre”) per le Edizioni Bompiani nel gennaio del 1946. Il sottotitolo della breve opera recita: “Testimonianza di uno scrittore, e insieme di tutta una classe, contro la guerra” ; e sul verso del frontespizio leggiamo: “Queste pagine rendono lo stato d’animo e il drammatico conflitto morale di un uomo di cultura, cui lo spettacolo della forza bruta scatenata e del suo momentaneo trionfo danno la spinta a rifarsi a quei valori dello spirito nei quali egli sinceramente crede. E se la sua fede può in qualche istante quasi vacillare, è non tanto per la testimonianza dei fatti brutali quanto per la profonda e tormentosa coscienza delle colpe con cui la sua classe – la classe intelletuale, colta – ha contribuito a rendere possibile lo scatenarsi della violenza. Così il fatto personale assume valore e portata di verità per tutto uno strato sociale e non dell’Italia soltanto”.
Il libretto è costituito da pagine di diario che vanno dal 9 aprile al 10 giugno 1940, due mesi soltanto, ma densi di fondati timori, di angosciose domande e di riflessioni profonde.
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12 aprile 1940. […] Mi dicono che anche i francobolli polacchi siano rimasti immutati… “L’indipendenza dei francobolli”, questa è forse l’unica libertà che i tedeschi vogliono lasciare ai polacchi e ai céchi”.
Bagnoregio, 13 aprile
La cosa più umiliante è che i “popoli” (e cioè tutti e ognuno, anche le classi colte) siano trattati come pecore dai governi totalitari […]
Roma, 28 maggio
[…] “La teoria e la prassi della violenza, non tanto nelle cose esterne, nei movimenti di piazza, nelle costruzioni e innovazioni sociali, quanto nel campo delle convinzioni e delle opinioni è un’offesa all’anima. E’ risaputo, per esempio, è una “verità” che nessuno storico futuro potrà mistificare, che il novanta (almeno il novanta) per cento degli artisti, degli scrittori, degli intellettuali italiani d’oggi non sentono questa guerra […] Eppure si legge nei giornali di questi giorni che accademie e associazioni di artisti, università e scuole […] hanno votato all’unanimità telegrammi d’entusiasmo, d’approvazione, anzi d’incitamento alla guerra […].
Firenze, 10 giugno
[…] Sono stato in giro di notte per Firenze, con Pancrazi e con Palazzeschi. Firenze oscurata, credo per la prima volta. La prima notte di guerra in Italia: via Laura, via dei Servi, piazza del Duomo. Il filobus spettrale e fantomatico, come un carrozzone della Misericordia, che ci è venuto incontro all’improvviso, all’angolo di Piazza del Duomo… Non dimenticherò mai più questa notte, e la tremenda tristezza che c’invase tutti e tre. A un certo punto Palazzeschi ricordò che il 10 giugno era la data dell’assassinio di Matteotti.
Non penso che il libro sia stato riproposto in commercio (perfino alcune bibliografie di Tecchi non lo citano), ma è disponibile in diverse biblioteche italiane (si può consultare l’OPAC SBN: http://opac.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/base.jsp ), per trovare quella più vicina alla propria residenza.