DIALOGANDO CON . . . Alfredo James Pacino
Al Pacino al Festival Internazionale del Film di Roma riceve il Marc’Aurelio d’oro alla carriera attribuito all’Actor’s Studio. La cosa più importante che ha imparato dal Cinema, afferma, è «Liberare l’inconscio. Ad ogni nuovo ciak è come se avessi davanti una tela bianca. E come un pittore alla Pollock sento di dover riempire di colori il cinema…». Funambolico e geniale giocoliere delle parole usa i toni come vere e proprie armi di seduzione per incantare la platea che lo segue ammaliata senza perdere una sillaba. La sua è una lezione indimenticabile che ti trascina per un breve momento nel suo mondo, un mondo che fa diventare realtà solo con la magia della sua voce che spiace dover interrompere per fargli delle domande. Braccato da fans e fotografi, sorridente e disponibile ha ringraziato visibilmente commosso per il prestigioso award alla carriera e, quasi paradossalmente, afferma…
« Q U E S T O P R E M I O M I F A P E N S A R E A L M I O F U T U R O »
di Mariangiola Castrovilli
Arriva sorridente, saluta tutti con le braccia alzate e manda baci alla platea. Al Pacino prima di ricevere nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica il Marc’Aurelio d’oro alla carriera attribuito all’Actor’s Studio, ha percorso il tappeto rosso braccato dai numerosissimi fans che in aggiunta ai fotografi e cameraman professionisti gli hanno scattato foto a non finire e fatto firmare centinaia e centinaia di autografi.
Sorridente, disponibile ed emozionato quanto basta Alfredo James Pacino ha ringraziato commosso per il prestigioso award, «sono contento soprattutto per mia madre che ha fatto tanti sacrifici per farmi studiare». E poi, con amabilità senza farsi pregare ha parlato di tutto dall’Actors Studio alla recitazione dal ruolo dell’attore alla vita al film ‘Salomaybe’ al cui sta lavorando ormai da tre anni e che spera di portare il prossimo anno a Roma. Stavolta ci ha portato una chicca quell’interessante Chinese Coffe da lui diretto e interpretato assieme a Jerry Orbach che noi avevamo già visto al Toronto Festival nel 2000 e che aveva presentato, allora come ora con giusto orgoglio. Il film, è uscito proprio in questi giorni in America ma solo in dvd.
Entusiasta dell’Actor’s Studio di cui adesso è presidente, «quanto di più si avvicini per me alla famiglia, una vera e propria casa per attori, drammaturghi e registi». E tanto per sfatare notizie false e tendenziose ormai lanciatissimo insiste, «e non pensate che si debba pagare, è assolutamente gratis. Provare per credere. Se vorrete venire a fare un provino e sarete presi, ne diverrete membri a vita. Quando io c’entrai giovanissimo negli anni ‘60 Elia Kazan e Lee Strasberg tenevano due lezioni a settimana il primo per i registi ed il secondo per gli attori. Sperimentare era la parola chiave. Una grande opportunità per i registi di interagire con gli attori e poi letture, possibilità di provare, filmare, socializzare e incontri che non si fanno poi tutti i giorni e che magari – e qui viene fuori il pragmatico che c’è in lui – possono tornare utili nella vita sociale…»
L’ INTERVISTA … >>>
Al Pacino al Festival Internazionale del Film di Roma riceve il Marc’Aurelio d’oro alla carriera attribuito all’Actor’s Studio. La cosa più importante che ha imparato dal Cinema, afferma, è «Liberare l’inconscio. Ad ogni nuovo ciak è come se avessi davanti una tela bianca. E come un pittore alla Pollock sento di dover riempire di colori il cinema…». Funambolico e geniale giocoliere delle parole usa i toni come vere e proprie armi di seduzione per incantare la platea che lo segue ammaliata senza perdere una sillaba. La sua è una lezione indimenticabile che ti trascina per un breve momento nel suo mondo, un mondo che fa diventare realtà solo con la magia della sua voce che spiace dover interrompere per fargli delle domande. Braccato da fans e fotografi, sorridente e disponibile ha ringraziato visibilmente commosso per il prestigioso award alla carriera e, quasi paradossalmente, afferma…
« Q U E S T O P R E M I O M I F A P E N S A R E A L M I O F U T U R O »
di Mariangiola Castrovilli
Arriva sorridente, saluta tutti con le braccia alzate e manda baci alla platea. Al Pacino prima di ricevere nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica il Marc’Aurelio d’oro alla carriera attribuito all’Actor’s Studio, ha percorso il tappeto rosso braccato dai numerosissimi fans che in aggiunta ai fotografi e cameraman professionisti gli hanno scattato foto a non finire e fatto firmare centinaia e centinaia di autografi.
Sorridente, disponibile ed emozionato quanto basta Alfredo James Pacino ha ringraziato commosso per il prestigioso award, «sono contento soprattutto per mia madre che ha fatto tanti sacrifici per farmi studiare». E poi, con amabilità senza farsi pregare ha parlato di tutto dall’Actors Studio alla recitazione dal ruolo dell’attore alla vita al film ‘Salomaybe’ al cui sta lavorando ormai da tre anni e che spera di portare il prossimo anno a Roma. Stavolta ci ha portato una chicca quell’interessante Chinese Coffe da lui diretto e interpretato assieme a Jerry Orbach che noi avevamo già visto al Toronto Festival nel 2000 e che aveva presentato, allora come ora con giusto orgoglio. Il film, è uscito proprio in questi giorni in America ma solo in dvd.
Entusiasta dell’Actor’s Studio di cui adesso è presidente, «quanto di più si avvicini per me alla famiglia, una vera e propria casa per attori, drammaturghi e registi». E tanto per sfatare notizie false e tendenziose ormai lanciatissimo insiste, «e non pensate che si debba pagare, è assolutamente gratis. Provare per credere. Se vorrete venire a fare un provino e sarete presi, ne diverrete membri a vita. Quando io c’entrai giovanissimo negli anni ‘60 Elia Kazan e Lee Strasberg tenevano due lezioni a settimana il primo per i registi ed il secondo per gli attori. Sperimentare era la parola chiave. Una grande opportunità per i registi di interagire con gli attori e poi letture, possibilità di provare, filmare, socializzare e incontri che non si fanno poi tutti i giorni e che magari – e qui viene fuori il pragmatico che c’è in lui – possono tornare utili nella vita sociale…»
L’ INTERVISTA … >>>
Funambolico e geniale giocoliere delle parole usa i toni come vere e proprie armi di seduzione per incantare la platea che lo segue ammaliata senza perdere una sillaba. La sua è una lezione indimenticabile che ti trascina per un breve momento nel suo mondo, un mondo che fa diventare realtà solo con la magia della sua voce che spiace dover interrompere per fargli delle domande.
Nel ’79 in …E giustizia per tutti di Norman Jewison lei ha recitato con Lee Strasberg, com’è andata lavorare con il proprio maestro?
«Bene, un’occasione unica e non solo per imparare. Lee è diventato un mio carissimo amico ma lavorarci insieme ti fa venire un break nervoso perché era il genio della recitazione. Quando però sei sospeso su un filo a cento metri d’altezza devi per forza prendere la mano dell’altro. Lee non ha mai giudicato le mie performance, abbiamo sempre collaborato e non mi ha mai detto quello che dovevo o non dovevo fare». Fa una pausa e poi riprende «Solo una volta. Ero arrivato tardi alle riprese, cosa che non faccio mai. Ad un certo punto si ferma e mi dice ‘sai caro, se vuoi recitare devi imparare le battute’. Ed è vero . Lo diceva anche mia nonna».
Lavorare con i giovani, quant’è difficile comunicare con loro insegnandogli la difficile arte della recitazione?
«Holliwood si ripete sempre per cui ho fatto parecchie volte la parte del mentore con giovani attori che poi sono diventati miei amici. Ricordo quando io giovane, nel Padrino, lavoravo con Brando e come lui fosse carino con me e quanto mi desse fiducia. allora come unica esperienza avevo solo quella fatta in teatro. Oggi i giovani sono cresciuti con il cinema sotto pelle. Intendersi però è questione di minuti, forse a volte di un’ora. Le prove sono indispensabili . E poi quando propongo di andare a prendere un caffè è allora che si aprono e si comincia a comunicare».
Pacino, cosa significa il premio di questa sera per lei?
«Dire che è un privilegio ed un grande onore sarebbe riduttivo. Provo con un esempio, è come se qualcuno stesse organizzando una festa per te e tu non sai cosa hai fatto per meritartela. Ecco, questo premio mi fa pensare al mio futuro. E mi sprona, mi alimenta».
Lei ha detto più volte che preferisce lavorare in teatro, piuttosto che per la settima arte…
«E’ vero, ma è una cosa personale. Ho cominciato sul palco ed amo il contatto con il pubblico dal vivo ma amo anche il cinema, non solo fare i film ma anche andarli a vedere. Sono due estremi per me molto stimolanti. E’ la mia famiglia».
‘Il miglior attore è il miglior bugiardo’ lei diceva come Tony Montana in Scarface è d’accordo col suo personaggio?
«Assolutamente no, perché nella vita recitiamo, ma nell’arte cerchiamo di dire la verità»
.La cosa più importante da suggerire ai giovani?
«Provare, provare, ancora provare ed imparare le battute»
.E per colpire il regista?
«Non presentarsi al provino. Allora si che sarebbe veramente colpito!»
.Gli orari sul set?
«Oddio, troppo lunghi, una specie di tortura. Non ho mai amato le lunghe ore di riprese troppo stress per attori e troupe, ci si esaurisce…»
.La cosa più importante che ha imparato dal cinema?
«Liberare l’inconscio. Ad ogni nuovo ciak è come se avessi davanti una tela bianca. E come un pittore alla Pollock sento di dover riempire di colori il cinema. Alle volte però faccio un po’ troppo….».