IN SCENA AL BELLINI I 55 GIORNI PIU’ DIFFICILI DELL’ITALIA DEL DOPOGUERRA
A L D O M O R O
U N A T R A G E D I A I T A L I A N A
Partendo dalle numerose lettere scritte da Moro dalla “Prigione del Popolo”, come gli stessi terroristi definirono il luogo in cui lo tenevano rinchiuso, Augias e Polchi incrociano lettere, documenti, immagini d’archivio, commenti, punti di vista attraversando la cronaca del più tragico sequestro politico del nostro secondo dopoguerra per ricostruire i fatti di una vicenda dolorosa soprattutto dal punto di vista umano. Le strazianti parole di Moro imprigionato si alternano nella pièce ai commenti e agli interrogativi di Leonardo Sciascia e Pier Paolo Pasolini, ma anche ai comunicati ufficiali delle stesse Br.

Su questa vicenda, da sempre, si sono confrontate due concezioni opposte, ognuna con una forte motivazione di natura etica. Da un lato ci sono i sostenitori del valore della vita umana in quanto bene assoluto al quale ogni altra considerazione va subordinata. Dall’altro troviamo i difensori della Repubblica, chi temeva cioè che cedendo ai terroristi si aprisse una spirale di ricatti, che facesse soccombere la concezione stessa dello ‘Stato’.
Anche questo ha reso l’intera vicenda una tragedia, nel senso greco del termine: un conflitto, uno scontro senza soluzione possibile, che non sia quella stabilita dal fato. Una tragedia antica, risolvibile solo sulla base di un’idea più religiosa che politica, il dilemma di Antigone: Polis contro Pietas.
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A L D O M O R O
U N A T R A G E D I A I T A L I A N A
Partendo dalle numerose lettere scritte da Moro dalla “Prigione del Popolo”, come gli stessi terroristi definirono il luogo in cui lo tenevano rinchiuso, Augias e Polchi incrociano lettere, documenti, immagini d’archivio, commenti, punti di vista attraversando la cronaca del più tragico sequestro politico del nostro secondo dopoguerra per ricostruire i fatti di una vicenda dolorosa soprattutto dal punto di vista umano. Le strazianti parole di Moro imprigionato si alternano nella pièce ai commenti e agli interrogativi di Leonardo Sciascia e Pier Paolo Pasolini, ma anche ai comunicati ufficiali delle stesse Br.

Su questa vicenda, da sempre, si sono confrontate due concezioni opposte, ognuna con una forte motivazione di natura etica. Da un lato ci sono i sostenitori del valore della vita umana in quanto bene assoluto al quale ogni altra considerazione va subordinata. Dall’altro troviamo i difensori della Repubblica, chi temeva cioè che cedendo ai terroristi si aprisse una spirale di ricatti, che facesse soccombere la concezione stessa dello ‘Stato’.
Anche questo ha reso l’intera vicenda una tragedia, nel senso greco del termine: un conflitto, uno scontro senza soluzione possibile, che non sia quella stabilita dal fato. Una tragedia antica, risolvibile solo sulla base di un’idea più religiosa che politica, il dilemma di Antigone: Polis contro Pietas.
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Alle 9,15 del 16 marzo 1978, in via Fani a Roma, la Fiat 130 guidata dall’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci, con a bordo l’onorevole Aldo Moro, viene bloccata da un commando di terroristi e crivellata di colpi. Cinque uomini della scorta vengono uccisi, il presidente della DC sequestrato. La vicenda umana e politica del rapimento Moro si consumò in 55 giorni: i più lunghi e oscuri dell’Italia del dopoguerra. Non sono bastati 5 processi e 2 commissioni parlamentari d’inchiesta a fare definitiva chiarezza.
“Compagni, la battaglia iniziata il 16 marzo con la cattura di Aldo Moro è arrivata alla sua conclusione. Il Presidente della Democrazia Cristiana è stato condannato a morte. L’unico linguaggio che i servi dell’imperialismo hanno dimostrato di saper intendere è quello delle armi. Concludiamo quindi la battaglia eseguendo la sentenza”. (Comunicato nr. 9 delle BR)
Fonte : Teatro Bellini – Napoli