PAOLA CAPRIOLO: LA MUSICA COME COLLOQUIO INTIMO CON SE STESSI

\"GODOTLa persistente attesa di qualcosa che non avverrà, l’assenza di certezze, di punti di riferimento. Il mancato sopraggiungere, l’inesistenza di qualcuno o qualcosa che si continua ad aspettare all’infinito. Cosa rappresenta realmente la sospensione temporale? Fiducia, false speranze, illusioni. Ciascuno di noi aspetta un proprio Godot, intimo o di ampio respiro che sia, a cui attribuisce un’identità ben precisa o un insieme di significati. Il destino, la morte, Dio. Forse la vita stessa. Sono tutte interpretazioni alle quali si presta l’inesistente protagonista della tragicommedia beckettiana e che rendono il teatro dell’assurdo di En attendant Godot (Aspettando Godot) facilmente associabile alla realtà di tutti i giorni, alla crisi d’identità e all’incomunicabilità che sembrano tristemente prevalere. Non resta allora che protrarsi oltre il tempo, imparando pian piano a viverlo, magari avvalendosi di quella magica dimensione parallela che i libri ci offrono.

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LA SINFONIA SENZA IDENTITA’ 

DEL PIANISTA MUTO

di  Alessandra Giannitelli 
 

\"ILSe fosse un brano di musica classica, si potrebbe pensare a un notturno di Chopin, per quel suo caratteristico coinvolgimento di molteplici implicazioni emotive, quell’impatto passionale, struggente, quel traboccare di intimi elementi elegiaci che porta a distinguere le sue composizioni dalla connotazione classica di «nocturne», strutturalmente molto più rigido.
La vicenda da cui la Capriolo trae spunto è alquanto nota e ben impressa nella nostra memoria.: il 7 aprile 2005, su una spiaggia del Kent (Gran Bretagna), viene ritrovato un giovane sotto shock che pare comunicare esclusivamente attraverso i tasti di un pianoforte e che scatena immediatamente la curiosità dei media, che dedicano attenzioni al ragazzo e formulano infinite – spesso strampalate – ipotesi sulla sua reale identità, colpiti dalle esecuzioni virtuosistiche di difficoltosi brani classici.

 

Proprio da qui, dai pochi elementi di questo curioso ritrovamento e dai suoi apparenti sviluppi, la scrittrice prende il via per quella che si rivela essere un vorticoso intreccio di storie, sentimenti, emozioni, malinconie, in un crescendo musicale in cui alle note vengono efficacemente sostituite le parole.
Tutt’attorno alla curiosa personalità del Pianista Muto, ruotano le storie di quanti si trovano a convivere in quella che – pur non essendo mai nominata esplicitamente – si presenta inevitabilmente come una clinica psichiatrica. Ad ognuno dei degenti è legata una storia, che l’autrice ci riporta in prima persona, permettendoci così di entrare nelle loro vite – curiose, commoventi, struggenti – stabilendo con esse un contatto diretto.

 

segue … >>>

 


\"GODOTLa persistente attesa di qualcosa che non avverrà, l’assenza di certezze, di punti di riferimento. Il mancato sopraggiungere, l’inesistenza di qualcuno o qualcosa che si continua ad aspettare all’infinito. Cosa rappresenta realmente la sospensione temporale? Fiducia, false speranze, illusioni. Ciascuno di noi aspetta un proprio Godot, intimo o di ampio respiro che sia, a cui attribuisce un’identità ben precisa o un insieme di significati. Il destino, la morte, Dio. Forse la vita stessa. Sono tutte interpretazioni alle quali si presta l’inesistente protagonista della tragicommedia beckettiana e che rendono il teatro dell’assurdo di En attendant Godot (Aspettando Godot) facilmente associabile alla realtà di tutti i giorni, alla crisi d’identità e all’incomunicabilità che sembrano tristemente prevalere. Non resta allora che protrarsi oltre il tempo, imparando pian piano a viverlo, magari avvalendosi di quella magica dimensione parallela che i libri ci offrono.

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LA SINFONIA SENZA IDENTITA’ 

DEL PIANISTA MUTO

di  Alessandra Giannitelli 
 

\"ILSe fosse un brano di musica classica, si potrebbe pensare a un notturno di Chopin, per quel suo caratteristico coinvolgimento di molteplici implicazioni emotive, quell’impatto passionale, struggente, quel traboccare di intimi elementi elegiaci che porta a distinguere le sue composizioni dalla connotazione classica di «nocturne», strutturalmente molto più rigido.
La vicenda da cui la Capriolo trae spunto è alquanto nota e ben impressa nella nostra memoria.: il 7 aprile 2005, su una spiaggia del Kent (Gran Bretagna), viene ritrovato un giovane sotto shock che pare comunicare esclusivamente attraverso i tasti di un pianoforte e che scatena immediatamente la curiosità dei media, che dedicano attenzioni al ragazzo e formulano infinite – spesso strampalate – ipotesi sulla sua reale identità, colpiti dalle esecuzioni virtuosistiche di difficoltosi brani classici.

 

Proprio da qui, dai pochi elementi di questo curioso ritrovamento e dai suoi apparenti sviluppi, la scrittrice prende il via per quella che si rivela essere un vorticoso intreccio di storie, sentimenti, emozioni, malinconie, in un crescendo musicale in cui alle note vengono efficacemente sostituite le parole.
Tutt’attorno alla curiosa personalità del Pianista Muto, ruotano le storie di quanti si trovano a convivere in quella che – pur non essendo mai nominata esplicitamente – si presenta inevitabilmente come una clinica psichiatrica. Ad ognuno dei degenti è legata una storia, che l’autrice ci riporta in prima persona, permettendoci così di entrare nelle loro vite – curiose, commoventi, struggenti – stabilendo con esse un contatto diretto.

 

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\"PAOLACAPRIOLO\"Nella struttura del romanzo si alternano pagine dedicate al racconto degli eventi all’interno della clinica ai singoli racconti dei protagonisti della clinica e alle impressioni personali del direttore della stessa.
Non viene mai nominato il luogo geografico dell’ambientazione, né vi è una precisa connotazione cronologica, a meno che non si voglia far riferimento alla cronaca. Muto non sembra essere quindi soltanto il pianista in questione, parte del romanzo viene celato all’occhio del lettore, quasi a voler stimolare maggiormente la sua attenzione, la curiosità per una storia che, nata dal nulla, coinvolge chiunque ne prenda contatto.
Misteriose sono inoltre le lettere che vorrebbero identificare l’ignoto pianista e che rappresentano un altro elemento di contatto con la cronaca, la quale ci riferisce – tra gli altri – di un mimo polacco e di un batterista di una band rock praghese che affermavano di conoscere personalmente quel giovane, nella moltitudine di centinaia di presunte identità.
Man mano che la storia prosegue, si assiste all’intreccio di vari generi letterari – la scrittura epistolare, una sorta di forma diaristica con cui i degenti riferiscono oralmente le proprie esperienze passate che li hanno portati a quel particolare presente, e infine la narrazione vera e propria, affidata a Nadine, una giovane infermiera della clinica, un’altra storia nella storia.

 

È attraverso i suoi occhi che il lettore scopre per la prima volta l’enigmatica figura del Pianista Muto, attraverso le sue personali impressioni si apre il libro, nella dettagliata analisi delle sue esperienze spesso amare e tormentate si specchiano le vite dei pazienti e del pianista stesso.
Il finale della favola cronachistica è freddo e deludente, l’immagine del giovane prodigio si infrange tristemente contro la realtà di un ragazzo che il pianoforte lo sa solo disegnare e che con la musica sembra non aver mai intrattenuto alcun rapporto. Qual è allora il senso della ricostruzione narrativa? Quale ritratto scaturisce dagli elementi intimistici, nostalgici, riflessivi che sono parte integrante della storia e che vanno oltre la narrazione stessa?
Dalla personale definizione della sua scrittura come fiducia in una letteratura che sia attualmente in grado di affrontare e sviscerare i grandi temi dell’uomo, la scrittrice sembra arrivare con questo libro ad una concezione della musica come colloquio intimo con sé stessi, sfiorando la dimensione onirica. Forse lo stesso, segreto dialogo che prova di volta in volta a riscoprire attraverso la scrittura.

 
 
 
 
 \"BOMPIANI\"
 
Il pianista muto
Paola Capriolo
Bompiani, 2009, pp. 222
17,00 euro
 
 

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