Up in the air: un critico e disincantato ritratto dell’America contemporanea

Up in the air: un critico e disincantato ritratto dell’America contemporanea

Festival Internazionale del Film di Roma(Mariangiola Castrovilli) – Il canadese Jason Reitman il cinema ce l’ha nel sangue. Ha  cominciato infatti a tredici anni, come assistente Up in the Airdi produzione nel film di suo padre Ivan, Kindergarten Cop firmando la sua prima regia nel 1998 e lavori come In God we trust, Thank You for Smoking e Juno. Adesso che di anni ne ha 32 oltre a numerosi premi e riconoscimenti compresi un Oscare e tre nomination per Juno, presentato alla Festa di Roma nel 2007 ci riprova con Up in the air, con Gorge Clooney, Anna Kendrick e Vera Farmiga, un’ intensa e amara commedia che con toni leggeri stigmatizza la grave crisi economica americana e che al Festival di Toronto ha già vinto il prestigioso premio del pubblico.

UP IN THE AIRIl film di cui Reitman è anche sceneggiatore, tratto dal romanzo di Walter Kirn è un critico e disincantato ritratto dell’America contemporanea, dove acuta emerge la dicotomia di un paese spaccato a metà rivelando modi di vivere così opposti e diversi, in un devastante caleidoscopio che fa riflettere sul valore odierno della famiglia. George Clooney, qui nel suo ruolo più amaro è un tagliatore di teste, il più bravo nel suo campo, arruolato da un’azienda specializzata nel ridurre i posti di lavoro licenziando i dipendenti di società in crisi, a cui da vero affabulatore spiega che da questo male si apriranno nuove possibilità…  Sospeso tra le nuvole in prima classe per 328 giorni all’anno, vive tra aeroporti ed hotel a sette stelle, con tutto ciò che gli serve in un trolley e sembra felice di questa vita da zingaro di lusso, preoccupato solo di accumulare punti per arrivare al massimo, 10 milioni di miglia di volo  finchè…

Up in the air che in Italia uscirà per la Universal in gennaio col titolo di Tra le nuvole è molto piaciuto, come del resto a Toronto, al pubblico  italiano che ha lungamente applaudito attore e regista. Peccato che all’incontro stampa con Reitman e Clooney sportivamente vestito in jeans e giubbotto di pelle, il solito collega che evidentemente non ha dimestichezza con Monsignor Della Casa ed in vena di scoop gossippari abbia chiesto a George della sua presunta omosessualità. Senza perdere il sorriso e la sua proverbiale gentilezza l’attore ha risposto, «Non capisco la domanda che forse vi diverte fare. Sono figlio di un giornalista, so dunque come si svolge il lavoro ma bisognerebbe tracciare un confine di legittimità per i gossip».

In quanto al governo Berlusconi non fa commenti, dicendo che ha una casa sul lago di Como e che vuole continuare a starci tranquillamente. Riguardo a Obama premio Nobel, si sente fiero di essere cittadino del paese che lo ha eletto, essendo stato uno dei suoi primi sostenitori e si augura che l’importante riconoscimento «lo aiuti a realizzare il suo progetto di pace».

UP IN THE AIRClooney, è stato mai  licenziato? «Si, anch’io ho vissuto quest’esperienza più volte. Prima di fare l’attore ho venduto assicurazioni porta a porta, abbigliamento e scarpe da donna. Venivo puntualmente licenziato, solo che per me non era così grave, ero giovane e non avevo famiglia».

Reitman, il suo è un film strettamente legato alla cronaca… «E’ vero, anche se sette anni fa quando ho cominciato a pensarci non c’era nessuna traccia della forte crisi che si sente oggi nel mondo. Up in the air è lo spaccato di un’America che vive un momento particolare, e anche se ci mandiamo continuamente sms, siamo su Twitter e Facebook praticamente non ci guardiamo mai negli occhi, non ci parliamo più. Volevo fare un film sulla ricerca delle  connessioni umane che abbiamo perso».

C4aArrivato  a Roma direttamente da Sulmona dove è impegnato nelle riprese de L’americano di Anton Cobijn con Violante Placido che trova ‘bravissima’, Clooney si dilunga a parlare dell’Abruzzo e dei suoi terremotati «Ci sono stato in luglio , subito dopo la tragedia e ho visto l’impegno di cittadini e del governo. Purtroppo so come vano a finire queste cose. Anche da noi dopo l’uragano Latrina, passato il primo momento di commozione dopo qualche mese la notizia va in secondo piano e gli aiuti per la ricostruzione diminuiscono per poi svanire. Così abbiamo pensato di girare L’americano, in Abruzzo, in modo di mantenere alto il livello di attenzione  fino a quando tutti riavranno una casa».

Dietro l’angolo di George ci sono due progetti da regista, uno su Guantanamo ed una commedia. «L’importante» conclude l’attore «è trovare un copione che funzioni».

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