Pupi Avati al JazzUp Festival: «Ognuno di noi ha un talento, che è l’unico modo per esprimere se stessi. Coltivate il vostro talento, qualunque esso sia: è il solo stile per vivere da protagonisti per non limitarsi a fare gli spettatori…»
(M.C.) – Domenica 29 agosto 2010 nel suggestivo scenario di Santa Maria delle Fortezze a Viterbo ha avuto luogo il previsto incontro con la proiezione delle sequenze più significative del grande regista Pupi Avati ed il commento musicale, in chiave jazz, di Alessandro Bravo al pianoforte e Aldo Bassi alla tromba in collaborazione con Est Film Festival.
JazzUp Festival nella serata di chiusura ha proposto, quindi, un evento di rilievo che ha messo in stretta connessione il cinema e la musica jazz sul piano culturale e della tecnica espressiva delle due arti. Tra le sorprese della serata un Pupi Avati trascinato dai ricordi che si è lasciato andare in confessioni che hanno letteralmente affascinato e rapito il pubblico del JazzUp in un coinvolgimento senza precedenti del quale vi proponiamo in anteprima un sintetico profilo…
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VITERBO INCONTRA PUPI AVATI
«Il jazz è un genere molto competitivo» afferma Pupi Avati.
«Nel jazz spesso non si suona con gli altri, ma contro gli altri. Ad esempio la mia rivalità con Lucio Dalla mi portò, un giorno, ad invitarlo a raggiungere con me la cima della Sagrada Familia, la chiesa monumento simbolo di Barcellona e forse di tutta la Spagna, con l’intento di spingerlo a cadere. Per fortuna se ne accorse in tempo ed io evitai l’ergastolo… Iniziai a vestire come un jazzista prima di appassionarmi a questo genere musicale, tutto ciò al fine di far innamorare le ragazze più carine. Poi mi innamorai del jazz… Quando mi resi conto di aver fallito con il jazz, ebbi l’impressione che tutto fosse perduto. Ci misi anni a riprendermi. Ciò accadde perché io non sapevo ciò che sto per dire a voi, e mi auguro ne facciate tesoro: ognuno di noi ha un talento, che è l’unico modo per esprimere se stessi. Coltivate il vostro talento, qualunque esso sia: è il solo stile per vivere da protagonisti e non limitarsi a fare gli spettatori…»