ADOLESCENTI E SESSUALITÀ
(Francesca Carolei) – Una delle grandi difficoltà che genitori ed educatori trovano sul loro cammino è affrontare il discorso della sessualità con i ragazzi. Da terapeuta, posso dire di aver spesso parlato di questi temi e di aver notato come, nell’era di Internet, ci siano ancora delle idee piuttosto confuse sulla sessualità e sulla contraccezione.
Gli adolescenti sono spesso troppo imbarazzati per chiedere informazioni ai propri genitori e preferiscono rivolgersi a coetanei (spesso con idee più confuse delle loro!) o ad adulti di riferimento percepiti come esperti ed affidabili.
La confusione riguarda tanto i ragazzi che le ragazze, che spesso hanno una blanda conoscenza dell’argomento costruita a base di letture più o meno discutibili e di film porno. Se va bene, in qualche scuola è stato affrontato il discorso della contraccezione, ma non sempre accade. Anche qualora ciò sia avvenuto, di solito si tratta la parte fisiologica dell’argomento, trascurando del tutto l’aspetto emozionale, che pure riveste molta importanza.
Che cosa sta accadendo ai nostri ragazzi? Il sesso sta diventando un fenomeno sociale completamente slegato dalle emozioni. Qualcosa da consumare in fretta, tanto per togliersi uno sfizio. La vita sessuale degli adolescenti negli ultimi anni è diventata sempre più promiscua, favorita in tal senso dai nuovi social. L’età in cui si consuma la “prima volta” si è abbassata e, cosa ancora più grave, spesso si consuma il primo rapporto con qualcuno con cui non esiste un forte legame emotivo. Più che altro, si cerca di togliersi il pensiero della verginità. Questo vale tanto per i ragazzi che per le ragazze. La scuola, almeno fino ad oggi, non ha preso particolari iniziative e le famiglie spesso preferiscono far finta di non vedere.
Da terapeuta, mi sono posta delle domande. Ad esempio, come mai nel nostro Paese non sia in organico nelle scuole la figura dello psicologo. O ancora, perché tutto ciò che ha a che fare con la sessualità sia un argomento di discussione così complicato. Basti pensare alle polemiche di questi giorni sulle unioni civili. Forse la risposta va cercata nella matrice culturale cattolica del nostro Paese, ma non so se possa bastare.
I ragazzi che sono capitati nel mio studio erano tra i più fortunati: i genitori cercavano per loro un aiuto professionale ed avevano quindi la possibilità di discutere di argomenti che non avrebbero mai affrontato a casa. Non sto certo dicendo che tutti i genitori debbano diventare terapeuti. Sto dicendo che manca l’ascolto. I ragazzi non si confidano, è vero, ma è tanto più vero nella misura in cui “percepiscono” come l’adulto non sia in grado di accogliere le loro preoccupazioni. I genitori si preoccupano della scuola, dello sport, della salute dei propri figli, eppure chiudono gli occhi di fronte alla sessualità. Se pure i ragazzi fossero ferrati in materia di anticoncezionali, cosa non sempre vera, mancano spesso di riferimenti alla sfera emozionale.
I maschi sono convinti che avere rapporti con più ragazze sia una sorta di “cursus honorum“, ma questo impedisce loro di legarsi ad una persona in particolare e di sperimentare nuove e più profonde emozioni. Discorso analogo per le ragazze: avere rapporti promiscui le fa sentire emancipate e regala loro la sensazione di essere desiderate, ma presto si accorgono che non è così e la loro autostima ne subisce un grave contraccolpo, rischiando di sfociare nella depressione. In entrambi i casi, la promiscuità sessuale viene confusa con l’emancipazione dalle figure genitoriali e regala la sensazione (sarebbe meglio dire illusione) di sentirsi adulti.
Cosa fare? Come sempre prevenire è meglio che curare. Sarebbe auspicabile che i genitori avessero costruito negli anni un rapporto di fiducia reciproca con i figli e che questi potessero rivolgersi serenamente al genitore (di solito quello dello stesso sesso) per consigli. Nel dubbio, il genitore può sempre rivolgersi ad un professionista.
Ma quali sono i segnali che ci possono aiutare a capire se un figlio ha una vita sessuale promiscua? Ad esempio, l’evasività attorno ai loro fidanzati/e o le uscite per locali, la decisione di lavare da soli i propri vestiti, almeno di tanto in tanto, il possesso di profilattici o l’avere una malattia sessualmente trasmissibile. In quest’ultimo caso, è chiaro come sia già troppo tardi.
Ricordiamolo: non è possibile aiutare i figli senza la collaborazione dei genitori.
Dottoressa Francesca Carolei
Psicoterapeuta
Cell. 338/2992864