UN PROGETTO DI LEGGE PER GLI INDOCUMENTADOS U.S.A. di Alessandro Rizzo
Indocumentados uniti, negli USA, nel
difendere i propri diritti di cittadinanza
Una legge bipartisan al Senato federale cerca di determinare norme e provvedimenti restrittivi, con proposte quali l’espulsione, oppure l’incarcerazione in centri di detenzione, alienanti e fortemente contrastanti con i diritti umani e civili, quali l’accoglienza e il riconoscimento dello status di rifugiato politico. Rifugiato politico? Ci sarebbero tutte le presunzioni per poter riconoscere a una buona parte dei migranti il titolo internazionale, in quanto sono perlopiù persone umane che hanno lasciato le proprie terre d’origine per cercare luoghi dove poter fuggire da persecuzioni razziali o ideologiche acerrime e sanguinarie. Ma tant’è, Repubblicani e buona parte dei Democratici non hanno trovato un accordo sulla legge: quali delle due espressioni politiche sono maggiormente propense per manovre restrittive?
Strano a dirsi ma proprio la parte della cosiddetta “sinistra liberal”, quella moderata, quella americana, che propone norme fortemente punitive per i migranti “sans papiers”, aderendo, così, alle istanze di molte categorie sindacali americane che richiedono l’espulsione di coloro che “rubano i posti di lavoro” agli statunitensi. Posti di lavoro, sono quelli di cui parlano, che non sono più svolti dagli autoctoni e che vengono assunti dai migranti, prescindendo dalla loro collocazione formativa e professionale. Tante e tanti di questi ultimi sono laureati e sono impiegati in settori, quali quelli produttivi alimentari ed edili, che chiuderebbero, oppure rischierebbero un forte fallimento, qualora loro stessi dovessero essere costretti ad abbandonare il Paese.
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Indocumentados uniti, negli USA, nel
difendere i propri diritti di cittadinanza
Una legge bipartisan al Senato federale cerca di determinare norme e provvedimenti restrittivi, con proposte quali l’espulsione, oppure l’incarcerazione in centri di detenzione, alienanti e fortemente contrastanti con i diritti umani e civili, quali l’accoglienza e il riconoscimento dello status di rifugiato politico. Rifugiato politico? Ci sarebbero tutte le presunzioni per poter riconoscere a una buona parte dei migranti il titolo internazionale, in quanto sono perlopiù persone umane che hanno lasciato le proprie terre d’origine per cercare luoghi dove poter fuggire da persecuzioni razziali o ideologiche acerrime e sanguinarie. Ma tant’è, Repubblicani e buona parte dei Democratici non hanno trovato un accordo sulla legge: quali delle due espressioni politiche sono maggiormente propense per manovre restrittive?
Strano a dirsi ma proprio la parte della cosiddetta “sinistra liberal”, quella moderata, quella americana, che propone norme fortemente punitive per i migranti “sans papiers”, aderendo, così, alle istanze di molte categorie sindacali americane che richiedono l’espulsione di coloro che “rubano i posti di lavoro” agli statunitensi. Posti di lavoro, sono quelli di cui parlano, che non sono più svolti dagli autoctoni e che vengono assunti dai migranti, prescindendo dalla loro collocazione formativa e professionale. Tante e tanti di questi ultimi sono laureati e sono impiegati in settori, quali quelli produttivi alimentari ed edili, che chiuderebbero, oppure rischierebbero un forte fallimento, qualora loro stessi dovessero essere costretti ad abbandonare il Paese.
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La legge prevederà una differenziazione in categorie dei migranti, distinguendoli tra “migranti buoni” e “meno buoni”. Ma secondo quale criterio? Secondo il principio temporale, ossia chi è da più tempo negli USA può essere beneficiato dalla possibilità di adire a forme di riconoscimento e di legalizzazione del proprio stato di migrante; chi è da meno tempo permanente sul suolo statunitense dovrà ritornare nel proprio paese di origine, magari martoriato da guerre civili e da persecuzioni razziali o politiche, e da quel luogo di sofferenza e di povertà inoltrare la domanda per il riconoscimento del proprio diritto di essere “riaccolto” negli USA.
Oggi a sostenere la battaglia dei migranti indocumentados sono il senatore democratico, Ted Kennedy, che ha recitato, durante le mobilitazioni del 1 maggio, scritti di John Kennedy, ucciso a Dallas, che considerava gli Stati Uniti terra di migrazione, e John McCain, repubblicano ribelle. I due sono proponenti un progetto di legge che prevede la piena regolarizzazione per i migranti che permarranno negli Stati Uniti per ulteriori sei mesi, che sappiano l’inglese, dopo avere e che pagato una multa e certificato di versare i contributi statali. Ci domandiamo, alla fine, quale sarà il destino di migliaia di persone che sono fuggite da zone di disperazione civile e sociale e che sono ricchezza aggiunta per un tessuto culturale ed economico in crisi, quale quello statunitense degli ultimi dieci anni. La risposta è difficile da darsi, ma il precedente creatosi negli USA in questi ultimi mesi è di carattere epocale e fortemente interessante per una nuova presa di coscienza del carattere internazionale dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, contro qualsiasi tipo di sfruttamento e di alienazione.