THE SEA WALL – LA CAMBOGIA AL ROMA FILM FEST 2008
Rithy Panh, il regista asiatico de La macchina di morte dei Khmer rossi presentato tempo fa a Cannes, dà a questo nuovo racconto, Un barrage contre le Pacific (The Sea Wall), un’angolazione particolare, sospesa nel tempo e lontana da ogni folklore. Il concetto utopico di essere solidali con chi ne ha bisogno è un po’ il soggetto del film anche se la generosità non è dare agli altri ma piuttosto non prendere ciò di cui non si ha bisogno.
LA RIBELLIONE CONTRO LO SFRUTTAMENTO
di Maringiola Castrovilli
«Per me» dice il regista Rithy Panh « “Un barrage contre le Pacific” è il miglior romanzo scritto da Margherite Duras in cui emergono tutte le problematiche che avrebbe sviluppato in seguito».
Cosa l’ha colpito in particolare? «La fine di un’epoca, del colonialismo in Indocina adesso Cambogia, un’idea che diventa poi di moda per parlare del comunismo ma che trovo estremamente attuale in un mondo che con la globalizzazione è ultraliberale, ma vede comunque tanta gente esclusa dal sistema. Ed il concetto utopico di essere solidali con chi ne ha bisogno è un po’ il soggetto del film . Questa madre che cerca di costruire qualcosa insieme ai contadini, che lotta con tutte le sue forze sia contro il mare che continua ad invadere le risaie, e contro la corrotta burocrazia francese è forse un’utopia, certo. Una cosa che non esiste più perchè questa voglia di condividere, di vivere insieme ai poveri oggi è invece l’esatto contrario, dove distruggere i più deboli pare sia una priorità…».
Il personaggio della Huppert, bravissima nel ruolo… «E una madre generosa perché sa che si può vivere insieme in armonia. Quando ho iniziato questo film ho riflettuto sul fatto che la generosità non è dare agli altri ma piuttosto non prendere ciò di cui non si ha bisogno. Ecco il film non è sul come vivere insieme, ma come affrontare insieme i problemi in un paese pieno di difficoltà. E ancora i rapporti tra gli esseri umani e la natura che esercita su di loro il devastante influsso della sua potenza, la lotta per arginarla e, parallelamente il passare del tempo che agisce sul personaggio».
Ha avuto problemi durante le riprese? «No, non proprio. La Cambogia è adesso un paese che è molto cambiato durante gli ultimi anni, anche se i problemi di fondo rimangono. Come quelli legati alla terra ed ai contadini. Nessuno vuole più coltivarla ed è comunque concentrata nelle mani di pochi ricchi mentre i contadini non possono accedervi. Sono solo dei salariati, schiavi di qualcun altro…».
segue … >>>
Rithy Panh, il regista asiatico de La macchina di morte dei Khmer rossi presentato tempo fa a Cannes, dà a questo nuovo racconto, Un barrage contre le Pacific (The Sea Wall), un’angolazione particolare, sospesa nel tempo e lontana da ogni folklore. Il concetto utopico di essere solidali con chi ne ha bisogno è un po’ il soggetto del film anche se la generosità non è dare agli altri ma piuttosto non prendere ciò di cui non si ha bisogno.
LA RIBELLIONE CONTRO LO SFRUTTAMENTO
di Maringiola Castrovilli
«Per me» dice il regista Rithy Panh « “Un barrage contre le Pacific” è il miglior romanzo scritto da Margherite Duras in cui emergono tutte le problematiche che avrebbe sviluppato in seguito».
Cosa l’ha colpito in particolare? «La fine di un’epoca, del colonialismo in Indocina adesso Cambogia, un’idea che diventa poi di moda per parlare del comunismo ma che trovo estremamente attuale in un mondo che con la globalizzazione è ultraliberale, ma vede comunque tanta gente esclusa dal sistema. Ed il concetto utopico di essere solidali con chi ne ha bisogno è un po’ il soggetto del film . Questa madre che cerca di costruire qualcosa insieme ai contadini, che lotta con tutte le sue forze sia contro il mare che continua ad invadere le risaie, e contro la corrotta burocrazia francese è forse un’utopia, certo. Una cosa che non esiste più perchè questa voglia di condividere, di vivere insieme ai poveri oggi è invece l’esatto contrario, dove distruggere i più deboli pare sia una priorità…».
Il personaggio della Huppert, bravissima nel ruolo… «E una madre generosa perché sa che si può vivere insieme in armonia. Quando ho iniziato questo film ho riflettuto sul fatto che la generosità non è dare agli altri ma piuttosto non prendere ciò di cui non si ha bisogno. Ecco il film non è sul come vivere insieme, ma come affrontare insieme i problemi in un paese pieno di difficoltà. E ancora i rapporti tra gli esseri umani e la natura che esercita su di loro il devastante influsso della sua potenza, la lotta per arginarla e, parallelamente il passare del tempo che agisce sul personaggio».
Ha avuto problemi durante le riprese? «No, non proprio. La Cambogia è adesso un paese che è molto cambiato durante gli ultimi anni, anche se i problemi di fondo rimangono. Come quelli legati alla terra ed ai contadini. Nessuno vuole più coltivarla ed è comunque concentrata nelle mani di pochi ricchi mentre i contadini non possono accedervi. Sono solo dei salariati, schiavi di qualcun altro…».
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Un barrage contre le Pacific (The Sea Wall nel titolo internazionale) è la storia di una vedova francese (una splendida Isabelle Huppert) che cerca di sopravvivere insieme ai due figli con la coltivazione di una risaia pericolosamente vicina all’oceano. Che ogni anno viene allagata dall’acqua di mare che puntualmente ne distrugge il raccolto. Tempra di lottatrice la madre rifiuta di arrendersi lottando contro la natura e la minaccia dell’esproprio da parte dei burocratici coloni. Solo una diga che argini il flusso delle maree potrebbe difendere la risaia dell’indomita Huppert, simbolo dell’ormai logorato sistema coloniale francese in Indonesia.
Madre intransigente osteggia apertamente il desiderio di emancipazione dei figli. Soprattutto quello della 17enne Suzanne amata in maniera ossessiva ma non da marcia nuziale da Monsieur Jo, ricco cinese sempre vestito di bianco. Si troverà così di fronte alla difficile decisione che riguarda il loro destino e quello della loro terra.