ANCHE LE BAMBOLE DI GOMMA SI ANIMANO
«La vita cosi’ com’è non è fatta per essere felici da soli. E questo riassume perfettamente il mondo in cui viviamo e quello dei personaggi del film».
A parlare è Kore Eda Kirokazu, il regista di “Air Doll” che ha sviluppato il soggetto vedendo un fumetto di Gouda Yoshiee che lo aveva emozionato e scegliendo di ambientare il film in un quartiere storico di Tokio, in angolo della megalapoli «sfuggito all’avidità degli agenti immobiliari».
A I R D O L L
di Mariangiola Castrovilli
Cannes è ormai entrata nel vivo della competizione, sotto una pioggia battente che fa mal pensare, visto che l’anno scorso è stato il festival più bagnato degli ultimi anni con diluvi a ripetizione. E piove anche nei due film in competizione Fish Tank di Andrea Arnold, e in Bak Jwi (Thirst) di Park Chan-wook, come anche in Kuki Ningyo (Air Doll) del giapponese Kore-Eda Hirokazu presentato nella sezione En certain regard.
Air Doll, ovvero Bambola d’aria, è una storia di solitudine in una megalopoli come Tokio vissuta da un quarantenne, che invece di frequentare donne vere, si è portato a casa un bambola gonfiabile a grandezza naturale.
Solitudine da una parte, certo, ma anche una buona dose di maschilismo, infatti la bambola non può né muoversi né parlare, ma tranquilla e sempre sorridente accetta tutto quello che, tornando dal lavoro lui le dice e le fa… dal bagno insieme alle lunghe notti d’amore.
Sarebbe tutto perfetto se ad un certo momento la bambola non si animasse ed acquisisse un “cuore”. A casa tutto è come prima ma lei comincia ad uscire, quando il suo padrone non c’e’ ed a guardarsi attorno affascinata come un bambino appena nato. Perché in fin dei conti cosa ne sa lei della vita… Nelle sue allegre scorribande cerca di capire cos’è veramente vivere, ma nessuno può aiutarla perché non conosce il suo segreto. Si renderà conto del significato di avere sentimenti umani il giorno in cui conosce Junichi, che fa il commesso in una videoteca, in cui anche lei viene assunta. I loro rapporti si fanno sempre più stretti e sembrerebbero una coppia normale che va al cinema, e alla scoperta della città in moto, fino a quando però in negozio non si taglia un avambraccio e comincia a sgonfiarsi sotto gli occhi attoniti di Junichi.
segue … >>>
«La vita cosi’ com’è non è fatta per essere felici da soli. E questo riassume perfettamente il mondo in cui viviamo e quello dei personaggi del film».
A parlare è Kore Eda Kirokazu, il regista di “Air Doll” che ha sviluppato il soggetto vedendo un fumetto di Gouda Yoshiee che lo aveva emozionato e scegliendo di ambientare il film in un quartiere storico di Tokio, in angolo della megalapoli «sfuggito all’avidità degli agenti immobiliari».
A I R D O L L
di Mariangiola Castrovilli
Cannes è ormai entrata nel vivo della competizione, sotto una pioggia battente che fa mal pensare, visto che l’anno scorso è stato il festival più bagnato degli ultimi anni con diluvi a ripetizione. E piove anche nei due film in competizione Fish Tank di Andrea Arnold, e in Bak Jwi (Thirst) di Park Chan-wook, come anche in Kuki Ningyo (Air Doll) del giapponese Kore-Eda Hirokazu presentato nella sezione En certain regard.
Air Doll, ovvero Bambola d’aria, è una storia di solitudine in una megalopoli come Tokio vissuta da un quarantenne, che invece di frequentare donne vere, si è portato a casa un bambola gonfiabile a grandezza naturale.
Solitudine da una parte, certo, ma anche una buona dose di maschilismo, infatti la bambola non può né muoversi né parlare, ma tranquilla e sempre sorridente accetta tutto quello che, tornando dal lavoro lui le dice e le fa… dal bagno insieme alle lunghe notti d’amore.
Sarebbe tutto perfetto se ad un certo momento la bambola non si animasse ed acquisisse un “cuore”. A casa tutto è come prima ma lei comincia ad uscire, quando il suo padrone non c’e’ ed a guardarsi attorno affascinata come un bambino appena nato. Perché in fin dei conti cosa ne sa lei della vita… Nelle sue allegre scorribande cerca di capire cos’è veramente vivere, ma nessuno può aiutarla perché non conosce il suo segreto. Si renderà conto del significato di avere sentimenti umani il giorno in cui conosce Junichi, che fa il commesso in una videoteca, in cui anche lei viene assunta. I loro rapporti si fanno sempre più stretti e sembrerebbero una coppia normale che va al cinema, e alla scoperta della città in moto, fino a quando però in negozio non si taglia un avambraccio e comincia a sgonfiarsi sotto gli occhi attoniti di Junichi.
segue … >>>
Un soggetto interessante che il regista Kore Eda Kirokazu ha sviluppato vedendo un fumetto di Gouda Yoshiee che lo aveva emozionato. Una bambola gonfiata con il soffio dell’uomo che ama si rende conto dei suoi limiti ed è risoluta a vivere la sua vita sfruttandola al massimo. “Sono allegra e triste allo stesso tempo” dice ed è subito clic che fa scattare qualcosa nel regista che confessa «queste parole esprimono appieno il mio punto di vista. Il poeta Yoshino Hiroshi scrive nel suo La Vie che “la vita cosi’ com’è” non è fatta per essere felici da soli. E questo riassume perfettamente il mondo in cui viviamo e quello dei personaggi del film».
Kirokazu, la Tokio del suo film non è la megalopoli che tutti conoscono ma in un quartiere storico della citta’, perché? «L’ho scelto proprio per la sua particolarità, è infatti molto vicino all’ospedale di san Luc che non è stato bombardato durante la guerra, e perché tra poco lo distruggeranno. Tutt’intorno la città si è sviluppata in altezza, ma questo angolo non è stato toccato. Quando si cammina in questo quartiere si trovano ancora delle vecchissime tipografie e si può sentire il rumore delle rotative. Forse l’ho scelto per nostalgia del passato. Volevo girare in un angolo sfuggito all’avidità degli agenti immobiliari».
FILMATO TRATTO DA WWW.VISUM.IT