PERCHE’ E QUANDO LA PSICOTERAPIA
(Francesca Carolei) – Nella vita capita di perdersi. Non dico nulla di nuovo. Credo sia esperienza comune a tutti noi. Non sto parlando, ovviamente, di un perdersi nei luoghi geografici, cosa piuttosto frequente anche in quest’epoca di navigatori satellitari, ma del perdersi nei percorsi della propria vita. Di quando capita, una certa mattina, o pomeriggio o sera, non che faccia poi molta differenza, di domandarsi come siamo finiti lì. In quel luogo, in quella relazione, in quel lavoro che non ci rispecchia affatto. Ma davvero era quello che volevamo? Siamo sicuri? A quale bivio della nostra vita abbiamo svoltato a destra invece che a sinistra, finendo in questo posto che davvero non sembra avere nulla a che fare con noi?
La domanda merita attenta riflessione. Però ammettiamolo: spaventa. Anzi, terrorizza. Pensare di avere impiegato anni per costruire qualcosa che ci sta stretto, e dal quale non sappiamo come liberarci, ci mette di fronte al fallimento. Meglio: al nostro fallimento. E questa è sempre un’esperienza disconfermante, angosciante. Un’esperienza che sconvolge sicurezze ormai acquisite, equilibri stabilmente precari, abitudini da cui può essere difficile staccarsi. E quindi? Che fare? Di solito, si cerca di far finta di nulla, andando avanti come meglio si può. La segreta speranza di ognuno è che, ignorandolo, il disagio svanisca.
Avviso della psicoterapeuta: non funziona, spiacente. E’ solo un’illusione che il dolore svanisca se facciamo finta di guardare da un’altra parte e trasciniamo la nostra vita come al solito. Cambia semplicemente forma. Quale? Non c’è che l’imbarazzo della scelta: ansia, depressione, insonnia, attacchi di panico… e la lista potrebbe continuare. Sono convinta che ciascuno di noi, in particolari momenti della propria vita, abbia sperimentato tali stati d’animo. Sono altresì certa che non tutti riescano a comprendere i motivi di tale malessere. Da psicoterapeuta, incontro ogni giorno persone che si rivolgono a me per cercare di risolvere tali sintomi, asserendo nel contempo che la loro vita è perfetta o quasi, e davvero non capiscono il perché di questa situazione. La loro esistenza, insomma, va bene così com’è, basta che io li aiuti ad eliminare il sintomo che crea disagio.
Avviso della psicoterapeuta (numero 2): Se stiamo male è perché qualcosa non va nella nostra vita. Perciò, se davvero vogliamo stare meglio, sarà il caso di cercare di capire cosa non funziona e di cercare di modificarlo. Così è. Fatevene una ragione.
Domanda: avete mai pensato che il sintomo sia utile? Che sia una sorta di spia rossa che comincia a lampeggiare quando le cosa non vanno come dovrebbero? Se foste al volante della vostra auto e si accendessero una o più spie rosse lampeggianti, continuereste a guidare tranquillamente? Ne dubito. Eppure è esattamente ciò che fate quando vi trovate “al volante” della vostra vita.
Domanda (numero 2): che fare?
Risposta: riconoscere di avere un problema è già un buon inizio. Chiedere aiuto a persone competenti, opportunamente formate, ci porta a compiere un ulteriore passo avanti. Cercare di capire: è questo il percorso da intraprendere per stare meglio. Rassegnandosi al fatto che non sarà facile. Le cose davvero importanti, però, non lo sono mai. Si potrebbe provare a considerare il disagio come un’opportunità, un modo di guardare alla nostra vita da un’ottica diversa. Del resto, appare chiaro che, se ci troviamo in una condizione di malessere, le strategie finora messe in atto per uscirne non sono state sufficienti. Dobbiamo tentare qualcosa di nuovo. Intraprendere un cammino all’interno di noi stessi, della nostra interiorità. Potrà essere doloroso, certo, ma anche entusiasmante. Del resto, la felicità ed il dolore nella vita di tutti noi vanno spesso a braccetto. Riconosciamolo: non possiamo pensare di poter avere l’una senza l’altro. Se questa fosse realmente la nostra idea, allora saremmo destinati ad una vita di delusioni. Il “pacchetto” non può essere smontato. Prendere o lasciare. Possiamo imparare a “maneggiarlo”, però.
Vi lascio con una riflessione:
il posto più sicuro per una nave è il porto. Sappiamo però che le navi sono state costruite per solcare i mari, anche se questo significa dover affrontare di tanto in tanto qualche tempesta.
La mia psicoterapeuta sosteneva che è solo dopo la tempesta, quando ci troviamo in mare aperto privi di ogni riferimento, che si comincia a navigare davvero. L’avventura comincia in quel preciso istante.
Dottoressa Francesca Carolei
Psicologa-Psicoterapeuta