Bullismo: Asimmetria del Potere
(Francesca Carolei) – Il bullismo fa paura. Fa paura ai ragazzi, ai docenti ed ai genitori. Si sentono impotenti e non sanno bene come reagire.
Cerchiamo allora di capire, sia pure a grandi linee, come nasce questo fenomeno. Perché così è: nulla nasce all’improvviso e se impariamo ad osservare forse riusciremo a bloccare sul nascere delle dinamiche sociali altamente disfunzionanti.
Come distinguere una normale lite tra ragazzi da un fenomeno di bullismo? Innanzitutto, dobbiamo verificare, per quanto possibile, la presenza di tre fattori discriminanti:
1. L’intenzionalità: l’aggressione è posta in essere consapevolmente.
2. La sistematicità: si tratta di un comportamento ripetuto nel tempo.
3. L’asimmetria di potere: tra il bullo e la vittima c’è sempre una sproporzione di potere, dovuta alla forza fisica, all’età, al grado di popolarità tra i coetanei e ad altri fattori ancora.
Che cosa spinge il bullo ad attaccare un compagno più debole? Le motivazioni possono essere molteplici: volontà di raggiungere o consolidare il prestigio sociale all’interno di un gruppo, una storia familiare difficile, la mancanza di schemi di relazione alternativi all’aggressività, una società che premia l’egocentrismo e la prepotenza. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno complesso e trasversale, che interessa tutte le fasce sociali. Non dobbiamo quindi commettere l’errore di associarlo a situazioni socialmente o culturalmente svantaggiate. Si tratta di una vera e propria dinamica di gruppo in cui i ruoli assunti dai ragazzi possono essere così sintetizzati:
1. Bullo: colui che prende attivamente l’iniziativa nell’aggredire il compagno.
2. Gregario: si pone come “assistente” del bullo ed agisce anche lui in maniera aggressiva nei confronti della vittima.
3. Sostenitore: chiunque “rinforzi” il comportamento del bullo, incitandolo, ridendo o stando semplicemente a guardare.
4. Difensore: è colui che prende le difese della vittima, cercando di far cessare le aggressioni o consolandola.
5. Esterno: chiunque non faccia nulla e cerchi di evitare qualunque forma di coinvolgimento.
6. Vittima: Colui che subisce abitualmente le aggressioni del bullo.
Questo tanto per chiarire i personaggi fin qui coinvolti, ma teniamo presente che esistono varie tipologie di comportamenti aggressivi, non necessariamente fisici. Il fenomeno del bullismo può infatti esternarsi in comportamenti più sottili ed indiretti rispetto alla semplice aggressione fisica. Proviamo a pensare al pettegolezzo malevolo, alla diceria, ad una serie di atteggiamenti tesi ad isolare socialmente la vittima, svalutandola e facendola sentire impotente senza mai entrare in un conflitto diretto. Tali strategie sono ovviamente più subdole rispetto allo scontro fisico, essendo basate su una modalità di comportamento verbale ed indiretto. Come vedremo, risultano essere caratteristiche del bullismo femminile, di cui si sta cominciando a discutere solo negli ultimi tempi. Si tratta di una sfaccettatura di questo fenomeno a lungo ignorata, probabilmente perché i comportamenti posti in essere sono di tipo più verbale ed indiretto rispetto al bullismo maschile, più fisico e diretto. Non che manchino nelle cronache esempi di bullismo al femminile di tipo fisico, ma risultano comunque assai rari.
La bulla si atteggia a regina di un piccolo gruppo composto da amiche (?) fedeli (meglio forse “gregarie”), e cerca di isolare chiunque non le sia simpatica. Le motivazioni sono in fondo assai simili al fenomeno maschile: ricerca di potere nel gruppo dei pari e distorta rappresentazione degli equilibri sociali come se fossero basati esclusivamente su rapporti di forza. La bulla e le sue accolite, come dicevamo, tendono ad agire in modo prevalentemente indiretto, tramite pettegolezzi, maldicenze ed isolamento sociale. Non commettiamo però l’errore di immaginarle come una caricatura del ruolo maschile. Ogni regola ha le sue eccezioni, certo, ma di solito somigliano ad innocue collegiali, rendendo così ancora più difficoltosa la loro identificazione da parte degli adulti.
Chi è la vittima del bullo? Chiunque sia percepito come diverso. Di solito si tratta di soggetti educati, tranquilli, con una solida famiglia alle spalle, che tendono a ritrarsi piuttosto che a reagire alle prepotenze. Tutto ciò comporta per le vittime un costo altissimo: molto spesso tendono infatti a colpevolizzarsi per i soprusi subiti, pensando addirittura di meritarli, convinti che in loro ci sia qualcosa di sbagliato. Possono quindi manifestare una sintomatologia di tipo ansioso/depressivo, con il rifiuto di andare a scuola e conseguente calo nel rendimento. Le ragazze, se attaccate sul proprio aspetto, potrebbero soffrire di disturbi del comportamento alimentare.
Cosa possono fare i genitori? Essere molto attenti e costruire nel tempo un rapporto con i figli basato sulla fiducia reciproca. Attualmente, l’unica vera strategia contro il bullismo è la prevenzione, che andrebbe portata avanti in sinergia dalle famiglia e dalla scuola fin dalle prime classi elementari. Sarebbero assai utili gli interventi di uno specialista al fine di aiutare genitori e docenti a comprendere questo fenomeno. Purtroppo, data la cronica mancanza di fondi, raramente è possibile.
Da psicoterapeuta che ha lavorato nelle scuole, mi sento però di lanciare un appello ai genitori: cercate di non idealizzare i vostri figli. Osservateli e parlate con loro, create un dialogo costruttivo. Siate per loro sicuri alleati. Ascoltare gli insegnanti, anche e soprattutto quando vi dicono cose spiacevoli. Se lo fanno, è solo perché hanno a cuore il benessere dei ragazzi. Non è molto, ma è già un inizio.
Dottoressa Francesca Carolei
Psicologa-Psicoterapeuta
Tel. 338.2992864